Gli Stati Uniti hanno minacciato in modo provocatorio la Corea democratica con “fuoco e furia”. Dopo di che, The Guardian riferiva nell’articolo “Trump sulla Corea democratica: forse “fuoco e furia” non sono una minaccia abbastanza dura“, di ulteriori minacce: “Donald
Trump ha rilasciato un altro avvertimento provocatorio alla Corea
democratica, suggerendo che la sua minaccia di scatenare “fuoco e furia”
sul Paese non fosse “abbastanza dura”. Il presidente statunitense ha
detto ai giornalisti che la Corea democratica “farebbe meglio a
collaborare o sarà in difficoltà come poche nazioni lo furono in questo
mondo”.”
The Guardian non indaga su esattamente quale
“difficoltà” si riferisse o sulle “poche nazioni” che gli Stati Uniti
suggerivano. Tuttavia, le minacce avvenivano nel noto sbarramento di
frasi, terrorismo e fabbricazioni tipiche di ogni aggressione militare
degli USA nel mondo, in particolare l’Iraq dove l'”intelligence” fu
fabbricata intenzionalmente per trascinare gli statunitensi e il mondo
in una guerra devastante che costò oltre 1 milione di vite, trilioni di
dollari e i cui effetti si sentono ancora in Iraq e in Medio Oriente.
Il conflitto con la Corea non è iniziato con Trump
The Guardian e gli altri media occidentali non inquadrano le ultime minacce degli Stati Uniti alla Corea democratica nel contesto delle relazioni tra Stati Uniti e Corea risalenti alla seconda guerra mondiale e alla guerra di Corea che, ufficialmente, si chiuse con un armistizio fragile, ma da risolvere a pieno. Il governo della Corea del Sud, come osserva l’articolo di The Week, “E’ il momento per le forze armate statunitensi di lasciare la Corea del Sud“, sfrutta appieno la presenza militare degli USA che utilizzano le proprie risorse per influenzare l’Asia anziché per la difesa dalle minacce, reali o immaginarie, del vicino del nord. Probabilmente, l’accordo è preferito dagli Stati Uniti che usano il regime cliente che occupa Seoul come agente d’influenza e della politica statunitense in Asia, come manipola e interferisce in Medio Oriente attraverso ascari come Arabia Saudita, Qatar, Israele e Turchia.
Per giustificare e
perpetuare la presenza degli USA non solo sulla penisola coreana, ma in
tutta l’Asia, Stati Uniti e i partner della Corea del Sud hanno
ripetutamente ed intenzionalmente provocato la Corea democratica, non
solo con la retorica e le manovre militari, ma attraverso tentativi
d’infiltrare e rovesciare il governo.
Tentativi di destabilizzazione e cambio di regime
Il dipartimento di Stato USA attraverso facciate che si spacciano da
organizzazioni non governative (ONG), tentò d’inondare la Corea
democratica di media intenti a minarne la stabilità politica. Secondo il
programma denominato “Flashdrives for Freedom“, governo e
Fondazione per i diritti umani finanziata dalle aziende assieme al
Forum280, una facciata guidata da ex-membri del dipartimento di Stato
USA, contrabbandarono 20000 USB in Corea democratica. Come osservato dal
Guardian nell’articolo, “Flashdrives per la libertà? 20000 USB contrabbandati in Corea democratica“,
non era il primo programma del genere intrapreso dal governo degli
Stati Uniti attraverso diverse facciate.
Mentre le mere accuse a nazioni
come Russia o Cina che tenterebbero d’influenzare il quadro politico
negli Stati Uniti sono state etichettate come minacce chiari e attuali
alla sicurezza nazionale degli USA, essi attuano apertamente operazioni
simili in tutto il mondo, anche contro la Corea democratica. Quando tali
nazioni reagiscono, gli Stati Uniti parlano di aggressione non
provocata, alimentando ulteriormente le sovversione dall’estero.
Poiché
la sovversione si espande fino alla sanzioni economiche paralizzanti, la
crisi umanitaria risultante viene sempre attribuita alla nazione presa
di mira, aprendo nuovi “pretesti” per l’intervento statunitense. Le
attività che interessano la Corea democratica sono in corso da anni, ben
prima dell’amministrazione Trump. Le aspirazioni statunitensi a
sconvolgere e rovesciare l’ordine politico della Corea democratica
possono essere citate in un documento del 2009 del Consiglio sulle
Relazioni Estere (CFR), un think tank politico statunitense che
rappresenta gli interessi di alcune delle più potenti aziende del mondo.
Il documento del 2009, “Preparazione del cambiamento improvviso nella Corea democratica“,
esplorava la possibilità di invadere e occupare la Corea democratica,
se si potesse creare caos tra la leadership militare e civile della
nazione. Arrivando a proporre il dispiegamento di 460000 soldati e un
ambizioso programma socioeconomico e politico per integrare la Corea
democratica al regime cliente degli Stati Uniti nella vicina Corea del
Sud. Si tratta di un programma che dava una straordinaria opportunità
non solo alle imprese sudcoreane, ma anche a Wall Street, che finanzia
le attività del CFR.
Un’occasione per trasformare la Corea democratica
in un’altra economia asiatica forte, ma in cui le barriere commerciali
tra imprese coreane e statunitensi sarebbero state impedite
dall’occupazione militare immensa e permanente degli Stati Uniti,
secondo i tentativi degli Stati Uniti dopo l’invasione ed occupazione
dell’Iraq nel 2003, nell’ambito dell’autorità provvisoria della
coalizione (CPA).
Presso il presidente statunitense Donald Trump, la
retorica non è frutto di una conclusione indipendente che egli e il suo
governo hanno tratto legittimamente su minacce alla sicurezza nazionale
degli Stati Uniti, bensì della continuazione dei vecchi obiettivi,
precedenti la sua amministrazione, decisi da interessi speciali non
elettivi che perseguono il cambio di regime nella Corea democratica da
decenni.
Continuità dell’agenda
È chiaro che sin dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno cercato di ristabilire la propria presenza e influenza in tutta l’Asia e persino di ampliarle. La guerra del Vietnam combattuta tra gli anni ’50 e ’70 non fu solo il tentativo di mantenere l’egemonia occidentale sull’Indocina, ma fu certo un tentativo per circondare e contenere la Cina. Sui cosiddetti “Pentagon Papers” pubblicati nel 1969 fu rivelato che il conflitto faceva parte di una grande strategia intesa a contenere e controllare la Cina.
È chiaro che sin dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno cercato di ristabilire la propria presenza e influenza in tutta l’Asia e persino di ampliarle. La guerra del Vietnam combattuta tra gli anni ’50 e ’70 non fu solo il tentativo di mantenere l’egemonia occidentale sull’Indocina, ma fu certo un tentativo per circondare e contenere la Cina. Sui cosiddetti “Pentagon Papers” pubblicati nel 1969 fu rivelato che il conflitto faceva parte di una grande strategia intesa a contenere e controllare la Cina.
Tre citazioni importanti da questi documenti lo
rivelano, dichiarando innanzitutto che: “…la decisione di febbraio di
bombardare il Vietnam del Nord e l’approvazione a luglio dell’avvio
della Fase I hanno senso solo se sostengono la politica a lungo termine
degli Stati Uniti per contenere la Cina”. Sostenendo inoltre:
“La Cina come la Germania nel 1917, come la Germania in occidente e il Giappone in Oriente alla fine degli anni ’30, e come l’URSS nel 1947, è una grande potenza minacciosa che riduce nostre importanza ed efficacia nel mondo e, più avanti ma più minacciosamente, di organizzare tutta l’Asia contro di noi”.
Infine, delineava l’immenso teatro regionale che gli Stati Uniti ingaggiarono contro la Cina all’epoca, affermando:
“…ci sono tre fronti dello sforzo a lungo termine per contenere la Cina (rendendosi conto che l’URSS “contiene” la Cina a nord e nord-ovest): a) il fronte Giappone-Corea; b) il fronte India-Pakistan; e c) il fronte sud-est asiatico”.
I Pentagon Papers, infatti, forniscono oggi il
contesto per tener conto correttamente delle tensioni attuali in Asia
Pacifico. Gli Stati Uniti sono attualmente e profondamente impegnati in
ogni fronte descritto nei documenti del Pentagono. Vi sono forze
militari che occupano l’Afghanistan, confinante con la Cina ad
occidente; che occupano e provocano conflitti ad est della Cina sul
fronte Giappone-Corea; e sono profondamente coinvolte nei tentativi di
rovesciare e sostituire gli ordini politici nel Sud-Est asiatico per
creare un fronte unito contro Pechino.
Nel Sud-Est asiatico, gli sforzi
statunitensi sono più importanti in Myanmar, dove l’agente statunitense
Aung San Suu Kyi ha già assunto il potere; in Thailandia, dove gli Stati
Uniti sono coinvolti nei tentativi di rovesciare e sostituire l’intero
ordine politico nazionale con un regime cliente; nelle Filippine, dove i
terroristi sponsorizzati da USA e sauditi creano una crisi sfruttata
per espandere la propria presenza militare nella nazione.
Complessivamente, gli Stati Uniti hanno tentato di manipolare l’Asia
sud-orientale, innanzitutto attraverso la crisi del Mar Cinese che hanno
prodotto e tentato di perpetrare, e quindi importando terroristi dalla
Siria per minacciare e ricattare la regione, similmente a come le
Filippine sono ora minacciate e ricattate.
I media occidentali tentano
d’inquadrare l’attuale crisi che gli Stati Uniti creano con la Corea
democratica come lotta dell’ego tra il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump e il Presidente nordcoreano Kim Jong-un. In realtà la crisi
è stata prodotta in decenni, e non è guidata dai presidenti
statunitensi ma da interessi speciali oscuri che promuovono i think tank
politici che, a loro volta, generano la politica per i governanti e
dibattiti sui media.
Comprenderlo permette ad osservatori ed attivisti
di vedere le trame dei politici e denunciare gli interessi che guidano
la politica che spacciano al pubblico. Denunciare tali interessi
permette di prendere decisioni più coscienziose su come affrontarli,
deviando il denaro da tali grandi imprese finanziarie verso alternative
locali, sottraendo potere e influenza di Wall Street e Washington nel
trascinare gli statunitensi in guerre distruttive e costose all’estero,
per reinvestirle su comunità più forti e resilienti in patria.
Tony Cartalucci New Eastern Outlook 13.08.2017
Tony Cartalucci, ricercatore e autore geopolitico di Bangkok, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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