La Polonia ha deciso di non entrare nell’euro. Troppi rischi, e il
popolo non capirebbe. Il vero rischio è di diventare presto come la
Grecia, la Slovenia e Cipro, in reale default. Meglio vivi fuori
che morti dentro. In tutta Europa, ad ogni elezione, salgono in modo
esponenziale i partiti anti-Euro o anti-Europa.
Per due motivi identici.
Il primo è che l’euro è diventato una trappola a vantaggio, momentaneo,
solo di un paese, la Germania.
La Francia
aveva creduto di spartire l’impero con i tedeschi, ma si stanno
ricredendo, man mano si va avanti.
Nel frattempo però si sono mangiati
tutto l’agroalimentare del nostro paese (Buitoni, Mulino Bianco,
Parmalat, Cirio, Algida, le Maison di moda, tutte le acque
minerali, ecc.), l’Alitalia e alcune banche (prima la Banca Nazionale
del Lavoro per quattro soldi, alcune banche venete, che avevano già
racimolato una serie di Casse di Risparmio del centro-sud dell’Italia, e
tra poco, essendo in pole position, il MPS). E un po’ di Spagna.
Con un ministro delle finanze che ha precisato che l’esecutivo non ha
nessuna intenzione di privatizzare le società in cui lo Stato ha una
quota di maggioranza.
Il secondo motivo è che un’ Europa al limite della dittatura
tecnocratica di persone non elette né designate almeno dal Parlamento
Europeo, eletto invece a suffragio universale, diventa democraticamente
debole. Sono tecnocrati e banchieri che hanno imprigionato il sogno di
una Europa Unita come comunità alla ricerca di armonizzazione,
soprattutto nei suoi valori storici come le conquiste sociali, e
finalmente contro la storica guerra intestina.
Questi emeriti imbecilli (e i politici che li hanno seguiti) hanno
trasferito “la guerra” sul piano economico e bloccato la storia per
almeno mezzo secolo. Cancellandoci, tra l’altro, dallo scacchiere
economico mondiale a tutto vantaggio degli Stati Uniti.
Anzi facendo ideologicamente un punto d’onore ad abolire il sociale
il prima possibile, riportando l’Europa a una situazione economica
depressiva pre-seconda guerra mondiale, con una disoccupazione
disastrosa e con pulsioni nazionalistiche pericolose perché coniugate
alla miseria e alle sue prospettive peggiori.
Oskar Lafontaine, tra i padri fondatori dell’euro, cambia
radicalmente la sua posizione e ne chiede la dissoluzione per evitare un
disastro economico e sociale. Esprime tutte le sue perplessità nei
confronti di quella che definisce “catastrofica moneta”. Lafontaine
ammonisce che “la situazione economica sta peggiorando di mese in mese,
la disoccupazione, in Europa, ha raggiunto un livello che mette in
discussione sempre più le strutture democratiche”. Eppure la Linke perde consensi.
In più, alle prossime elezioni tedesche sta crescendo in modo esponenziale un nuovo partito, Alternative für Deutschland ,
che molto probabilmente supererà anche lui il 25%. Non è anti Europa,
ma federalista e propone, oltre l’uscita dall’euro, la salvaguardia e la
dignità democratica dei popoli che la compongono; che le banche paghino
i loro errori e i debiti non con i nostri soldi; il ritorno al marco o a
un paniere ragionato. Ribadiscono profondamente il valore sociale della
convivenza e del welfare. Vuole spazzare via la tecnocrazia europea imperante e gestita dai vari club
al limite della massoneria, come Bilderberg. Ribadiscono il valore
assoluto della democrazia dei e nei partiti e quello del referendum
popolare.
Ribadiscono che i partiti non sono le istituzioni.
Il Fronte Nazionale francese della Le Pen, in forte ascesa (dato ormai a più del 20%), ha chiesto a Hollande un referendum,
da organizzare in gennaio 2014, per una “uscita della Francia
dall’Unione Europea”, e di ripristinare la Costituzione francese, cioè
quella di prima del Trattato di Lisbona. Trattato disapprovato in
Francia con referendum, ma comunque oggi con la loro Costituzione
sgretolata da Bruxelles come da noi. Il grimaldello è stato il fiscal compact.
Storicamente, sulla democrazia i francesi sono quelli che scherzano di
meno. Ma che questa debba essere cavalcata da fascisti xenofobi diventa
paradossale ! Purtroppo, in Europa una sinistra anti-capitalista è ormai
inesistente.
Stessa situazione in Gran Bretagna dove il partito anti-europeista di
Nigel Farace ha appena ottenuto il 23% (era al 3% cinque anni fa) alle
amministrative a livello nazionali, spingendo la destra dei conservatori
di Cameron al governo a chiedere anche loro un referendum sull’uscita,
non dall’euro perché non sono mai voluti entrare, ma dall’Unione.
Non parliamo dell’Italia dove alle ultime elezioni politiche, un
movimento, che aveva almeno il decoro di voler ridiscutere sull’euro e
sulle condizioni di appartenenza all’Unione, ha ottenuto il 26% a furor
di popolo.
In Grecia l’esempio è Syriza con più del 20% e sicuramente in crescendo.
In Slovenia sta avvenendo la stessa cosa. Era l’area più ricca della
ex Jugoslavia. È stato il primo Paese dell’Est Europa ad adottare l’euro
nel 2007. Sono passati solo sei anni e sono già pronti a cadere nella
trappola degli usurai di Bruxelles e Berlino. Non solo, ma la
Commissione chiede l’introduzione del fiscal compact in
Costituzione e l’abolizione dell’istituto referendario (non si sa mai!).
Certo che la gente non ci sta e chiede nuove elezioni. Oggi sul noto
concetto dell’urgenza governano insieme centrosinistra e conservatori
sulle stesse proposte. Ma le proposte del cartello della troika sono
sempre le stesse, riguardano l’eliminazione a termine del sociale.
La domanda è perché tutti i paesi in difficoltà, casualmente, conoscono il medesimo ciclo? Adozione
valuta unica – Collasso bilancia dei Pagamenti e dell’economia
produttiva – Arrivo massiccio di capitali esteri, essenzialmente
tedeschi o francesi (all’inizio), che finanziano e consentono le Bolle
Immobiliari ed Azionarie – Collasso – Richiesta dell’Eurogruppo di
misure suicide di Austerity fatte pagare al malcapitato e mai alle
banche, tantomeno tedesche – Progressiva fuga dei capitali – Il paese di
turno in profonda recessione e con crescita record della disoccupazione
e della povertà. Aumento indefinito del debito. Iper-arricchimento del
7% della popolazione. E’ una trappola o un sistema imperiale?
Semplice, l’euro sottintende un’impostazione ideologica, pari nel
disastro a quella sovietica, per la quale gli Stati non devono occuparsi
di politica economica e tutto ciò che è richiesto per far funzionare il
sistema è uno strumento oligarchico e tecnico e una banca centrale,
indipendente dalla politica e quindi dalla democrazia, che si occupi
teoricamente di controllare l’inflazione a tutti i costi, anche da
macelleria sociale. Il disastro di oggi è semplicemente il risultato di
questa ideologia. Molti sono ancora convinti di no e che non ci sia
alternativa. Però sembra che i popoli si stiano svegliando da soli, con
motivi un po’ diversi, ma in una unica direzione, con ripristino della
democrazia partecipata e senza la “sinistra” storica e radicale.
Tonino D’Orazio
http://cambiailmondo.org/2013/05/13/fuga-dalleuro-in-tutta-europa/#more-8107
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