martedì 20 maggio 2014

Il 2 giugno a Roma contro le scie chimiche?

Su certe cose mi sono espresso più volte, ribadendo la mia lontananza da manifestazioni, marce, cortei. Se si vuole combiare (in piccolo o in grande) il mondo in cui si vive, occorre in primis lavorare su se stessi per operare un cambiamento interiore, una reale presa di coscienza. Si tratta di un lavoro lungo e faticoso, che ci porta a restare senza appigli, ad abbandonare ogni vecchia (e falsa) certezza, a rivedere la nostra visione della vita e del mondo. 

In secundis occorre aiutare, per quanto possibile, le persone intorno a noi a intraprendere lo stesso cammino. Si tratta di due passagi molti difficili ed impegnativi, e quand'anche ci si pone sulla buona strada per realizzare il primo ci si trova di fronte all'enorme difficoltà del secondo. 

Ma rispetto a tali questioni avevo realizzato già tempo fa una traduzione e due articoli, ovvero:
Detto questo, per quanto stimi Gianni Lannes non riesco a convincermi assolutamente che possa servire a qualcosa manifestare a Roma il 2 giugno in occasione della festa delle forze armate. E questo per diversi motivi.

Personalmente, soprattutto nella prima parte della mia vita, ho partecipato a non so quanti cortei e manifestazioni nazionali o regionali, e non mi risulta che siano serviti a molto. In realtà, al di là del fatto che l'esperienza abbia insegnato (non solo a me) che certi modi di fare politica non sono utili, c'è da dire alcune cose.

La prima è che manifestare può servire solo ai seguenti scopi:
  • farsi notare dai mass media (ma i mass media sono perfettamente allineati col potere, è una guerra persa in partenza)
  • farsi notare dalla gente (non credo possa servire a tale scopo una manifestazione, specie con un problema complesso, di difficile comprensione ed ancor più difficile accettazione)
  • farsi notare dal governo, in modo che si intimidisca alla vista di tanta gente che si oppone a certe sue politiche (ed in tal caso se non siamo almeno un milione - e non lo siamo - è tutto inutile)
  • ritrovarsi in piazza con intenzioni bellicose pronti a scontrarsi con le forze dell'ordine per assaltare i centri del potere, come è successo di recente in Ucraina (ma ben sappiamo che la violenza genera violenza, e che certe strategie violente funzionano solo aquando c'è un fortissimo appoggio da parte di alcune forze che manovrano in maniera più o meno occulta, come è successo anche ai tempi della rivoluzione francese)
Da tempo vado dicendo che piuttosto che spendere tempo ed energia per la realizzazione di manifestazioni nazionali si potrebbe spendere tempo ed energia per organizzare incontri, dibattiti, conferenze, o anche solo per parlare con la gente intorno a noi, dai vicini di casa ai commessi dei negozi, dai medici di famiglia agli amministratori locali. Nella storia recente dell'Italia le iniziative di piazza sono sempre state manovrate dal potere, organizzate dal potere (spesso dalla "finta opposizione") e/o infiltrate dal potere (con i soliti agenti provocatori camuffati da "estremisti").

La marcia su Roma ottenne i risultati che si prefissava Mussolini, ma solo perché le istituzioni lo permisero, altrimenti ...
Certo è bello ritrovarsi assieme a tante persone che condividono le tue idee e i tuoi ideali, certo è confortevole convincersi di star facendo qualcosa di concreto per il bene del mondo ed il futuro dell'umanità, ma siamo sicuri che sia davvero utile una manifestazione di piazza?
 
Faccio notare che le contrapposizioni (manifestare a Roma quando c'è l'iniziativa militare istituzionale) ovvero le "contro-manifestazioni" nascono di per sè con una connotazione marcata di volersi "mettersi  contro" mentre quello che ci serve a mio parere è "unirci a", anche alle persone oneste dell'esercito (che ci sono per quanto qualcuno possa storcere il naso, non è il caso che per realizzare il colpo di stato in Cile che mise al potere Pinochet si dovette per prima cosa assassinare un generale onesto e lealista), anche alle persone che per spirito di nazionalismo assistono alla sfilata (non sospettando minimamente quanto antinazionale sia l'operato di certi settori dell'esercito coinvolti nell'operazione di geoingegneria clandestina).
 
Infine devo dire che non mi piacciono certi toni utilizzati da Lannes (della serie "o con noi o contro di noi") che non ritengo rispettosi della libertà di pensiero e del percorso personale delle altre persone. Come se non partecipare a quell'iniziativa significasse rifiutarsi di fare qualcosa per salvare la nostra nazione. 
 
Al di là di quanto già detto voglio esprimere un concetto: non saremo noi a cambiare il mondo (siamo ancora troppo pochi) ma caso mai lo saranno gli altri, e gli altri lo cambieranno nella misura in cui noi li aiuteremo a crescere. Non credo che certe iniziative vadano in tale direzione. Se ci sarà un futuro per l'umanità non sarà per l'attività di mille ardimentosi, ma per la consapevolezza di milioni di persone. Se tale consapevolezza, un giorno o l'altro diverrà realtà, non credo servirà pianificare azioni, dimostrazioni, iniziative nazionali, perchè il sistema demoniaco che ci circonda a quel punto inizierebbe a sgretolarsi, come un gigante dai piedi di argilla.
 
 

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