Parlando
da Charlottesville, il miliardario e candidato alla presidenza degli
Stati Uniti Donald Trump ha deplorato il presidente Barack Obama sui
“trattati della disperazione”, mentre a Vienna si firmava l’accordo
nucleare finale con l’Iran. Trump aveva in parte ragione, ma anche
torto. L’amministrazione Obama non è disperata come lamenta Trump, ma
gli Stati Uniti d’America sono in declino quale prima potenza mondiale,
costringendo il governo statunitense a sedersi al tavolo dei negoziati
con il governo iraniano.
Le condizioni geopolitiche, economiche e
tattiche obbligavano gli Stati Uniti a sedersi con l’Iran. Washington è
stata costretta dalle circostanze geostrategiche a cercare un accordo
con l’Iran, come con i cubani. Declino e crescente isolamento in America
Latina degli Stati Uniti hanno costretto l’amministrazione Obama ad
avviare colloqui con L’Avana ed invertire decenni di politiche ostili a
Cuba.
La patologia delle sanzioni all’Iran
Le sanzioni contro l’Iran non era volte a portare Teheran sul tavolo dei negoziati, come l’amministrazione Obama sostiene in modo ingannevole. Si tratta di revisionismo e mito politico ideati dal governo degli Stati Uniti per nascondere la patologia delle sanzioni internazionali da essi ideate. Il sistema delle sanzioni internazionali era volto a costringere Teheran ad arrendersi e sottomettersi a Washington. Le sanzioni non furono mai volte a portare l’Iran al tavolo dei negoziati. Nell’ambito dei colloqui tra Iran e UE-3, gli iraniani negoziavano con inglesi, francesi e tedeschi molto prima che le sanzioni venissero imposte. I negoziati nucleari tra Teheran e UE-3 fallirono nel 2005 per l’ostruzionismo di George W. Bush Jr., più interessato a una guerra all’Iran o al cambio di regime a Teheran, per partorire “nel dolore un ‘nuovo Medio Oriente’”.[1]
Le sanzioni contro l’Iran non era volte a portare Teheran sul tavolo dei negoziati, come l’amministrazione Obama sostiene in modo ingannevole. Si tratta di revisionismo e mito politico ideati dal governo degli Stati Uniti per nascondere la patologia delle sanzioni internazionali da essi ideate. Il sistema delle sanzioni internazionali era volto a costringere Teheran ad arrendersi e sottomettersi a Washington. Le sanzioni non furono mai volte a portare l’Iran al tavolo dei negoziati. Nell’ambito dei colloqui tra Iran e UE-3, gli iraniani negoziavano con inglesi, francesi e tedeschi molto prima che le sanzioni venissero imposte. I negoziati nucleari tra Teheran e UE-3 fallirono nel 2005 per l’ostruzionismo di George W. Bush Jr., più interessato a una guerra all’Iran o al cambio di regime a Teheran, per partorire “nel dolore un ‘nuovo Medio Oriente’”.[1]
Quando Washington e partner dell’Unione europea capirono che le
sanzioni non avrebbero piegato l’Iran nel 2013, compresero che non
avevano scelta. Le sanzioni economiche non potevano continuare ed erano
al limite. Invece, ambiente e circostanze globali cambiavano sempre più a
vantaggio dell’Iran. Con o senza la rimozione delle sanzioni, Russia e
Cina si preparavano a migliorare il commercio. Mosca e Pechino già
consideravano illegittime le unilaterali sanzioni di Stati Uniti e
Unione europea. In parallelo, aumentava il bisogno dell’Unione europea
di coinvolgere nuovamente l’Iran economicamente per controbilanciare le
sanzioni e la guerra economica contro i russi, emerse dopo euromajdan in
Ucraina. Le sanzioni iniziavano a decadere e altri Paesi avrebbero
raggiunto Russia e Cina nel normalizzare gli scambi con l’Iran
economicamente risorgente.
I costi della guerra
Gli Stati Uniti non avevano opzioni serie. Nonostante i falchi dalla retorica de “tutte le opzioni sono sul tavolo” della periferia di Washington, una guerra con l’Iran sarebbe costata troppo e sarebbe stata troppo rischiosa. Se gli Stati Uniti avessero potuto attaccare l’Iran, l’avrebbero fatto come con l’Afghanistan nel 2001 e l’Iraq nel 2003. Ciò fu affermato pubblicamente dai comandanti militari iraniani che dissero di sapere che Teheran era l’obiettivo principale dell’amministrazione Bush II. [2]
Gli Stati Uniti non avevano opzioni serie. Nonostante i falchi dalla retorica de “tutte le opzioni sono sul tavolo” della periferia di Washington, una guerra con l’Iran sarebbe costata troppo e sarebbe stata troppo rischiosa. Se gli Stati Uniti avessero potuto attaccare l’Iran, l’avrebbero fatto come con l’Afghanistan nel 2001 e l’Iraq nel 2003. Ciò fu affermato pubblicamente dai comandanti militari iraniani che dissero di sapere che Teheran era l’obiettivo principale dell’amministrazione Bush II. [2]
Da qui lo slogan di Bush II: “Chiunque può andare a Baghdad, ma i veri uomini vanno a Teheran!”
Qualsiasi attacco all’Iran comporterebbe una guerra regionale assai
impopolare in Medio Oriente, dai devastanti risultati politici, sociali,
economici, militari, strategici e diplomatici per Washington. In un
modo o nell’altro, la guerra con Teheran avrebbe paralizzato gli Stati
Uniti in Medio Oriente degradandoli da potenza mondiale. Le manovre
degli USA per simulare l’invasione dell’Iran valutavano gravi perdite
per Washington. [3]
Un rapporto del giugno 2015 pubblicato dal Centro
per la valutazione strategica e di bilancio lo conferma, dicendo che gli
Stati Uniti non hanno l’arsenale militare convenzionale adeguato per
attaccare l’Iran, perché il Pentagono non può lanciare un attacco a
lungo raggio. [4]
Secondo il rapporto, il Pentagono si concentra sugli
attacchi a corto raggio, mentre gli iraniani, come i cinesi e i russi,
hanno sistemi di difesa a lungo raggio che impediscono agli Stati Uniti
di avvicinarsi abbastanza per attaccare. [5]
Né c’erano o ci sono
garanzie che una possibile guerra all’Iran non si dilaghi oltre Medio
Oriente e Asia Centrale o che tale conflitto non si trasformi in una
grande guerra internazionale. In tal contesto Washington non aveva
garanzie che russi e cinesi non intervenissero per aiutare gli iraniani
contro gli Stati Uniti. Inoltre, mentre Stati Uniti ed Unione europea
sempre più sprofondano nel confronto con la Russia, e gli Stati Uniti
sempre più con i cinesi, Washington ed alleati europei devono
riavvicinarsi all’Iran per ridurre, almeno temporaneamente, le ostilità
su un fronte.
Teheran, Washington e il secolo eurasiatico
Se Pechino e Mosca hanno totalmente annullato la loro parziale adesione alle sanzioni, gli USA sono incerti se compagnie e governi di UE e Asia-Pacifico rimarrebbero con le sanzioni degli Stati Uniti. La reazione degli alleati, dopo l’accordo di Losanna, la dice lunga. Dopo l’accordo, imprenditori e funzionari commerciali di Asia, Europa e resto del mondo hanno iniziato a recarsi nell’Iran in attesa della riapertura del mercato iraniano. I dirigenti del colosso energetico anglo-olandese Royal Dutch Shell e del colosso energetico italiano ENI sono andati a Teheran. [6]
Se Pechino e Mosca hanno totalmente annullato la loro parziale adesione alle sanzioni, gli USA sono incerti se compagnie e governi di UE e Asia-Pacifico rimarrebbero con le sanzioni degli Stati Uniti. La reazione degli alleati, dopo l’accordo di Losanna, la dice lunga. Dopo l’accordo, imprenditori e funzionari commerciali di Asia, Europa e resto del mondo hanno iniziato a recarsi nell’Iran in attesa della riapertura del mercato iraniano. I dirigenti del colosso energetico anglo-olandese Royal Dutch Shell e del colosso energetico italiano ENI sono andati a Teheran. [6]
Mentre le compagnie europee e asiatiche si affrettano in
Iran preparando la normalizzazione commerciale, l’ambasciatore francese
negli Stati Uniti, Gerard Araud, ha detto ai falchi avversari
dell’accordo nucleare con l’Iran del think-tank del Consiglio Atlantico,
di calmarsi sulle aziende europee che corrono a riavviare il commercio
con l’Iran.[7]
“In realtà, abbiamo perso molti soldi, ma non gli statunitensi”,
ha ricordato al Consiglio Atlantico.[8] Con la sfida russa e cinese al
dollaro e al sistema di Bretton Woods, creando una architettura globale
finanziaria rivale con la New Development Bank (NDB) dei BRICS e l’Asian Infrastructure Investment Bank
(AIIB) della Cina, è chiaro che anche le sanzioni finanziarie e
bancarie imposte degli USA si sarebbero erose. Mentre il quadro globale
cambia e l’integrazione eurasiatica accelera, gli Stati Uniti vogliono
l’accordo finale di Vienna più dell’Iran.
Mahdi Darius Nazemroaya Strategic Culture Foundation 19/07/2015
Note
[1] Mahdi Darius Nazemroaya, “Plans for Redrawing the Middle East: The Project for a ‘New Middle East’”, Global Research, 18 novembre 2006.
[2] “Commander: US Intention of Invasion Deterred by Iran’s Home-Grown Military Power” Fars News Agency, 21 giugno 2015.
[3] Mahdi Darius Nazemroaya, “The Geo-Politics of the Strait of Hormuz: Could the U.S. Navy be defeated by Iran in the Persian Gulf?” Global Research, 8 gennaio 2012.
[4] Bryan Clark and Mark Gunzinger, “Sustaining Americas Precision Strike Advantage“, Center for Strategic and Budgetary Assessment, 2015.
[5] Ibid.
[6] Christopher Adams e Anjli Raval, “European oil majors hold Tehran talks”, Financial Times, 24 giugno 2015.
[7] David R. Sand, “U.S. allies not waiting for Iran’s sanctions to come down“, Washington Times, 27 maggio 2015.
[8] Ibid.
[1] Mahdi Darius Nazemroaya, “Plans for Redrawing the Middle East: The Project for a ‘New Middle East’”, Global Research, 18 novembre 2006.
[2] “Commander: US Intention of Invasion Deterred by Iran’s Home-Grown Military Power” Fars News Agency, 21 giugno 2015.
[3] Mahdi Darius Nazemroaya, “The Geo-Politics of the Strait of Hormuz: Could the U.S. Navy be defeated by Iran in the Persian Gulf?” Global Research, 8 gennaio 2012.
[4] Bryan Clark and Mark Gunzinger, “Sustaining Americas Precision Strike Advantage“, Center for Strategic and Budgetary Assessment, 2015.
[5] Ibid.
[6] Christopher Adams e Anjli Raval, “European oil majors hold Tehran talks”, Financial Times, 24 giugno 2015.
[7] David R. Sand, “U.S. allies not waiting for Iran’s sanctions to come down“, Washington Times, 27 maggio 2015.
[8] Ibid.
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2015/07/19/gli-usa-costretti-a-negoziare-con-liran-dalla-realta-globale/
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