Le
agenzie segnalano un report dettagliato di Wikileaks sull'”Operazione
Sophia” dell’UE, un’operazione militare segreta presumibilmente volta ad
arginare il flusso di profughi verso l’Europa. L’International Business Times nell’articolo,
“WikiLeaks riferisce di un ‘rapporto classificato’ su un’operazione dell’UE che potrebbe svolgersi in territorio libico”,
riferisce che: “Wikileaks ha pubblicato un “rapporto segreto” sui primi
sei mesi dell’operazione Sophia, l’intervento militare dell’UE contro
le imbarcazioni dei rifugiati in Libia e Mediterraneo. Il rapporto
trapelato il 29 gennaio 2016 è stato scritto dal comandante
dell’operazione, il Contrammiraglio Enrico Credendino della Marina
Militare Italiana. Presumibilmente fornisce statistiche sui flussi di
rifugiati e delinea le fasi dell’operazione Sophia, comprese le future
strategie dell’operazione.
Il rapporto è stato pubblicato per il
Comitato militare dell’Unione europea e il Comitato politico e di
sicurezza dell’UE”. Forse l’aspetto ironico dell'”Operazione Sophia” è
la strategia di uscita finale dell’UE, la creazione di una flotta libica
per sorvegliarne le coste. The Times riferisce:
“Il rapporto pubblicato da Wikileaks fa notare che la “strategia di uscita” consiste nel garantire che la “guardia costiera libica abbia risorse adeguate per proteggere i propri confini e impedire l’irregolare migrazione dalle sue coste”. Si parla anche di un “approccio globale dell’UE per garantirsi l’invito ad operare nel territorio (libico)“.
E’ particolarmente ironico che l’UE abbia ora dolorosamente bisogno di
una Marina libica che controlli le proprie coste, perché fino al 2011
c’era. Alcuni potrebbero chiedersi cosa sia successo a quella Marina. La
risposta ha dell’ironia.
USA-UE distrussero la Marina nel 2011, ed ora ne hanno bisogno per ristabilire l’ordine nel Mediterraneo
In un giorno di metà maggio 2011, la NATO devastò tre basi della Libia.
Gli obiettivi, in particolare, erano i porti della Marina libica.
Diverse navi da guerra furono affondate, tra le molte che furono
distrutte nel conflitto. Oltre alle navi, le strutture di supporto
furono completamente distrutte. Anche prima che la prima bomba della
NATO cadesse sulla Libia nel 2011, gli analisti geopolitici avevano
avvertito che la crisi dei rifugiati sarebbe esplosa assieme a vari
altri problemi umanitari e di sicurezza, con l’evolversi della
distruzione non solo della Marina libica, ma della destabilizzazione del
governo libico. In effetti, molti migranti e rifugiati provenienti da
tutta l’Africa giunsero in Libia per viverci e lavorarvi. Furono
sostenuti e sostenitori del governo libico, ma vennero aggrediti da
terroristi appoggiati dagli USA nella Cirenaica. Durante il conflitto, i
media occidentali descrissero con malvagità questi libici come
“mercenari africani” parlando del successivo genocidio razzista commesso
dai terroristi della NATO.
Quando i terroristi di Bengasi, Derna e
Tobruq, infine, invasero il Paese con l’appoggio della NATO, intere
città dalla popolazione nera della Libia furono svuotate o subirono
genocidio, campi di concentramento o espulsione nei vicini Egitto,
Tunisia e Algeria. I rifugiati, che vennero dopo coloro che distrussero e
saccheggiarono la nazione ricacciandola nell’abisso, derubandone il
futuro, erano inevitabili. I terroristi della NATO credevano di
sfruttare la “nuova” Libia senza legge di USA e UE per trasformarla
nella base della pirateria e del traffico di esseri umani nel
Mediterraneo. Il dipartimento di Stato, dopo il cambio di regime in
Libia, arrivò a costruire reti terroristiche attraverso cui armi e
combattenti venivano spediti in Siria e Iraq via Turchia.
La distruzione della Libia “sturò” il flusso dell’instabilità
Se il continente africano e i suoi numerosi Paesi sottoposti ad
ingerenze occidentali con o senza copertura, sfruttamento e sovversione,
sono la bottiglia, la Libia è il tappo. Era il mezzo per impedire che
la pressione dovuta ai vari conflitti esplodesse in Europa, tra i
principali colpevoli di questi conflitti. Solo la Francia, una delle
nazioni più accese nel denunciare la “crisi dei migranti”, attualmente
ha truppe in nazioni africane come Repubblica Centrafricana (2000), Ciad
(950), Costa d’Avorio (450), Gibuti (2470), Gabon (1000), Mali (2000) e
Senegal (430).
Queste nazioni sono, o confinano con nazioni, che
producono il maggior numero di rifugiati che inondano l’Europa, ad
eccezione della Siria, che la Francia, insieme a molti altri Paesi
europei e agli Stati Uniti, bombarda e dove arma i terroristi sul campo,
e dell’Afghanistan, occupato dalla NATO dal 2001. Con la
trasformazione, intenzionale dell’Europa, della Libia da bastione di
stabilità a deserto diviso e distrutto, la bottiglia è stata stappata e
la pozione velenosa che Stati Uniti ed Europa mescevano è esplosa come
un vulcano. L’Europa è la vittima dell’incendio della regione che essa
stessa non solo ha intenzionalmente appiccato, ma che continuamente
alimenta da allora.
L’assenza della Marina libica, avendo contribuito ad
affondarla, viene citata quale fattore che contribuisce alla gravità
dell’attuale “crisi dei migranti” nel Mediterraneo, un atto d’accusa
dell'”ordine internazionale” che UE e partner transatlantici sostengono
di difendere predicando la distruzione della Libia e l’occupazione
crescente del continente africano. Per le altre nazioni nel mondo,
comprese Europa dell’est, Russia e altre, che non hanno avuto alcun
ruolo nelle varie guerre occidentali o addirittura si sono apertamente
opposte all’aggressione militare occidentale, non hanno alcun obbligo di
assumersi la responsabilità dei rifugiati creati da tali guerre, quindi
cercare di partecipare al dibattito sui rifugiati in Europa è inutile e
sconveniente.
Indipendentemente da come Stati Uniti ed Europa cercano
di esercitare “il diritto internazionale”, è chiaro che sono
direttamente responsabili dell’instabilità che spinge milioni di persone
nelle loro case, avendo intenzionalmente deciso di continuare a
destabilizzare varie regioni del mondo. Non possono quindi evitare le
conseguenze della loro ingerenza, né chiedere ad altri di condividere il
peso delle conseguenze. L’UE che cerca disperatamente l’aiuto di una
flotta che ha affondato, illustra perfettamente la natura autogena di
tale crisi.
Comporre e sfruttare crisi
Infine, va notato che la relazione di Wikileaks indica anche che non solo l’Unione europea cerca di sostituire una flotta che affondò nel 2011, portando innanzitutto alla crisi, ma cerca pure di espandere la propria giurisdizione militare ben oltre il territorio dell’UE, con la scusa di un disastro da essa creato. Il rapporto afferma specificamente che: “Si parla anche di un approccio globale dell’UE per proteggere l’invito ad operare nel territorio (libico)”. Gli europei, molti dei quali compiacenti verso i rispettivi governi nella guerra contro la Libia nel 2011, devono capire che il caos che avanza nella loro strade non solo è intenzionale, ma è anche cinicamente usato per espandere il controllo di interessi particolari in patria e all’estero.
Infine, va notato che la relazione di Wikileaks indica anche che non solo l’Unione europea cerca di sostituire una flotta che affondò nel 2011, portando innanzitutto alla crisi, ma cerca pure di espandere la propria giurisdizione militare ben oltre il territorio dell’UE, con la scusa di un disastro da essa creato. Il rapporto afferma specificamente che: “Si parla anche di un approccio globale dell’UE per proteggere l’invito ad operare nel territorio (libico)”. Gli europei, molti dei quali compiacenti verso i rispettivi governi nella guerra contro la Libia nel 2011, devono capire che il caos che avanza nella loro strade non solo è intenzionale, ma è anche cinicamente usato per espandere il controllo di interessi particolari in patria e all’estero.
Con le operazioni navali dell’UE che si estendono sul
territorio libico sarà assai più facile proteggere e sfruttare le
risorse petrolifere costiere della Libia, mantenendo il resto del Paese
diviso contro se stesso e collettivamente troppo debole per proteggere e
usare le proprie risorse per il proprio futuro nazionale. Mani sleali
operano in tale ambito. Invece di combattere chi ha la mano peggiore, il
mondo deve denunciare e processare chi ha truccato le carte.
Tony Cartalucci New Eastern Outlook, 29/02/2016
Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico a Bangkok in esclsuiva per la rivista on-line “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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