L’ondata di scioperi in tutta la Francia mostra che la militanza della classe lavoratrice rimane forte. Ma il movimento operaio deve rompere con la collaborazione di classe e la socialdemocrazia, se vuole avere successo nel promuovere la causa dei poveri.
In
tutta la Francia scioperi e manifestazioni sono in corso. La gente
protesta contro il tentativo del governo francese di riformare le leggi
sul lavoro che renderebbe più facile assumere e licenziare. Le leggi sul
lavoro francesi sono sempre state viste come ostacolo al progresso
dalla classe dominante per via della modesta protezione assicurata ai
lavoratori. Dal fronte popolare del 1936 e in particolare dal Consiglio
Nazionale della Resistenza formato dopo la liberazione nel 1945,
l’operaio francese ha tratto significativi progressi.
Questi ‘acquis
sociaux’ o conquiste sociali vengono ora brutalmente ritirati da una
potente oligarchia che spinge al ribasso il costo del lavoro e aumenta i
profitti dei capitalisti. Uno dei motivi per cui la società francese ha
compiuto tale netto progresso economico e sociale dopo la seconda
guerra mondiale era la forte presenza del Partito comunista francese
(PCF). Il PCF ha giocato un ruolo chiave nel resistere e rovesciare
l’occupazione nazista. Alla fine della guerra era il più grande e
potente partito in Francia. I comunisti ebbero una notevole influenza
sulle politiche del Consiglio Nazionale della Resistenza e nell’alleanza
con i gollisti crearono una forte economia guidata dall’industria
statale, istruzione gratuita, assistenza sanitaria universale e modesti
miglioramenti nel tenore di vita.
Tuttavia, i comunisti francesi non
attuarono mai una strategia rivoluzionaria per prendere il potere e
imporre la dittatura del proletariato. L’Internazionale comunista non
aveva mai approvato la nomina di Maurice Thorez a Segretario generale
del partito comunista negli anni ’30, giudicando correttamente che non
aveva afferrato la concezione marxista dello Stato. La morte dei grandi
comunisti francesi Henri Barbusse e Fernand Grenier prima e durante la
guerra ne mise in crisi le prospettive di effettiva direzione
rivoluzionaria.
Discorsi e scritti di Thorez rivelano che era più vicino
a Rousseau che a Marx; il comunista francese era più di un umanista
piccolo-borghese che un leninista rivoluzionario. Il Presidente De
Gaulle avrebbe osservato che non ci sarebbe stata alcuna rivoluzione
comunista in Francia finché Thorez era a capo del PCF, ed aveva ragione.
Già nel 1947, Thorez disse alla rivista Time che i comunisti
francesi erano alla ricerca della ”terza via” al socialismo, una forma
di collaborazione di classe che avrebbe miracolosamente portato
all’eliminazione della classe; tale assurdità opportunistica pervase
tutti i Paesi europei (ad eccezione dell’Albania) che affermavano di
costruire il socialismo, preferendo usare il termine ‘democrazia
popolare’ al posto di dittatura del proletariato.
Nella Repubblica
democratica tedesca, per esempio, il saggio consiglio di Mosca di non
tentare la costruzione socialista finché il Paese non si fosse
riunificato venne ignorato da Walter Ulbricht, capo del Partito di Unità
Socialista. I sovietici avevano capito che un tentativo di costruire il
socialismo nell’altamente agraria e sottosviluppata Germania orientale,
avrebbe avvantaggiato la zona occidentale occupata dagli Stati Uniti;
gli Stati Uniti avrebbero indotto i contadini della Germania orientale a
fuggire nella zona più industrializzata, le cui industrie furono
volutamente risparmiate dai bombardamenti alleati.
Di conseguenza, Eric
Honecker ammise nel 1972 che il Paese non era ancora socialista. I
tedeschi orientali intrapresero al ‘terza via’, creando una
socialdemocrazia piccolo-borghese in cui i partiti democratici e
liberal-cristiani sedevano a fianco del Partito di Unità Socialista al
Volkskamer (parlamento).
Negli scioperi a Marsiglia e in Francia nel 1947, il Paese fu a un punto morto. I lavoratori francesi furono sorpresi dalle condizioni dell’austerità imposta dal governo De Gaulle durante la ricostruzione della Francia. A causa dell’atteggiamento sulla ‘terza via’ piccolo-borghese della leadership del PCF, non vi era alcuna strategia rivoluzionaria per prendere il potere ed espropriare gli espropriatori. Gaston Defferre, sindaco socialista di Marsiglia, collaborò con la CIA per spezzare lo sciopero importando lavoratori stranieri e riabilitando la narcomafia locale contro i sindacati organizzati dai comunisti. Una grande opportunità fu persa.
Nel 1968 in Francia scoppiarono di nuovo
importanti scioperi e manifestazioni contro le cattive condizioni di
lavoro e dei salari. Vi erano due aspetti chiave da considerare per
comprendere le rivolte di Parigi nel 1968. Uno riguarda la geopolitica e
l’altra la lotta di classe degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti volevano
chiaramente cacciare De Gaulle e avvicinare la Francia alla NATO e
all’economia neo-liberale. Dall’altra parte, la militanza della classe
lavoratrice minacciava di rovesciare l’ordine borghese. Scioperi di
massa diedero vantaggi significativi alla classe operaia francese,
riuscendo a ottenere un aumento del salario minimo.
Questi progressi
furono presto vanificati, tuttavia, con l’inflazione dopo il 1968.
Inoltre, i capi delle proteste degli studenti, in particolare Daniel
Cohn-Bendit, erano sul libro paga della CIA. Cohn-Bendit continuò la
carriera illustre nell’UE una volta sabotata la rivolta popolare in nome
dell’imperialismo, non l’unico crimine di cui il politico francese fu
accusato. Vi furono numerose accuse di molestie a bambini. La rivolta
del 1968 fu l’inizio della fine per la prospettiva di un cambiamento
rivoluzionario in Francia.
La maggior parte dei capi della sinistra, in
età avanzata, divennero chiassosi sostenitori dell’imperialismo degli
Stati Uniti e del sionismo; Bernard-Henri Lévy, André Glucksman, Alain
Krivine, Bernard Kouchner, Daniel Bensaïd, Henri Weber, Pierre Lambert.
Tiennoch Grumbach, Marc Kravetz e molti altri divennero i sostenitori
più fanatici del capitalismo e dell’imperialismo degli Stati Uniti. Con
De Gaulle scomparso, l’embargo sulle armi ad Israele, imposto nel 1967,
venne prontamente sollevato dal presidente Pompidou e nel 1973 fu
approvata la legge Rothschild che privava lo Stato francese del diritto
di stampare moneta. Il risultato fu il crollo dello standard di vita e
l’esplosione del debito nazionale, con 1400 miliardi di euro solo sugli
interessi da pagare, soprattutto, a banchieri privati stranieri.
L’ibridismo della rivolta del 1968 è una lezione attuale. Mentre i lavoratori francesi intraprendono azioni concrete, occupando raffinerie di petrolio, centrali nucleari e fermando i mezzi pubblici, il regime di Hollande affronta la prospettiva di una rivolta popolare incontrollabile. Non sorprende quindi che gli oligarchi responsabili della primavera araba assolutamente reazionaria e controrivoluzionaria promuovano ‘nuit debout’. L’élite dominante ha capito da tempo come manipolare la piccola borghesia, che Lenin descrisse come classe oscillante, utilizzata nel mondo dal capitalismo finanziario come un ariete contro ciò che resta dello stato sociale.
Gli intellettuali di
sinistra di ‘Nuit debout’ cercano di controllare il movimento dei
lavoratori. A ciò si deve resistere con pugno di ferro! Alcun slogan è
più specioso di ‘repubbliche sociali’ e ‘un altro mondo è possibile!’ E’
tempo per i lavoratori francesi di controllare le aziende pubbliche e
private. Il movimento operaio deve capire la connessione tra fasulla
guerra al terrore, guerre infinite e oppressione di classe. Gli
attentati terroristici che richiedono più militarizzazione e sospensione
delle libertà civili saranno utilizzati dallo Stato per schiacciare la
solidarietà di classe dei lavoratori, incitando al razzismo e alla
xenofobia.
L’emigrazione coercitiva ingegnerizzata, con cui gli
oligarchi come George Soros finanziano la sostituzione dei lavoratori
europei con i migranti, sarà usata anche per schiacciare l’unità della
classe operaia. Pertanto, la prima tappa dell’emancipazione sociale
richiede l’affermazione della sovranità nazionale, la fine degli slogan
dell’ultra-sinistra infantile su ‘senza confini’, che ha sempre
significato ‘capitalismo senza frontiere’. Se questo movimento è guidato
dai lavoratori, allora la rivoluzione nazionale può diventare
socialista, diffondendosi in Europa e nel mondo.
Gearóid Ó Colmáin, AHTribune 25 maggio 2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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