lunedì 30 maggio 2016

Il sultano in esilio


Si narra che un sultano d’Egitto convocò una riunione di grandi studiosi e, come accade in tutte le situazioni in cui si riuniscono gli eruditi, si scatenò una controversia. L’oggetto della controversia era il Viaggio Notturno del Profeta Maometto di cui si dice che venne trasportato fino alle sfere celesti. In quel lasso di tempo il Profeta vide l’inferno e il paradiso, parlò novantamila volte con Dio e visse molte altre esperienze prima di essere riportato nuovamente nel suo letto. Una brocca di acqua che era caduta mentre spiccava il volo verso il Cielo non si era ancora completamente rovesciata, e il suo letto era rimasto ancora tiepido.

Alcuni dissero che tutto questo era possibile e si spiegava solo se si accettava il fatto che potesse esistere un modo diverso di percepire il tempo, invece il sultano diceva che quel fatto era impossibile. I saggi dicevano che nulla è impossibile per l’onnipotenza divina, ma il sultano continuava a dire di non esserne persuaso. La notizia della diatriba arrivò all’orecchio dello sceicco sufi Shahab-ud-Din che si presentò a corte. Il sultano lo accolse con gli onori che meritava e lo sceicco si affrettò a precisare che era venuto a presentare la sua dimostrazione: “Sappiamo che entrambi le interpretazioni del Viaggio Notturno del Profeta sono errate, però esistono dei modi per provare la veracità delle tradizioni senza dover ricorrere alla speculazione grossolana oppure all’insulsa e limitata logicità.”

Nella sala delle udienze vi erano quattro finestre e lo sceicco guidò il sultano alla prima finestra e lo invitò ad affacciarsi. Il sultano guardò fuori e vide che, dalla montagna vicina, scendeva un esercito nemico che stava marciando verso la sua città per invaderla. Vedendo quella enorme massa di uomini armati che avanzavano verso il suo palazzo, il sultano fu terrorizzato ma lo sceicco lo rassicurò dicendo: “Non fateci caso, non accade nulla!” quindi chiuse la finestra e la riaprì: il sultano vide che fuori non c’era più anima viva.

Quando lo sceicco aprì la seconda finestra, il sultano vide che la città era in preda alle fiamme. Alla vista del disastro, il sultano urlò di terrore ma lo sceicco gli disse: “Vi prego sultano, non dovete affliggervi!” e infatti quando riaprì la finestra, la città era calma e non c’era più alcuna traccia di incendio. La stessa cosa avvenne con la terza finestra da cui il sultano vide l'arrivo di un’enorme ondata che stava sommergendo il palazzo. Ma l’inondazione sparì quando la finestra venne chiusa e poi riaperta. Aprendo l'ultima finestra, il sultano vide al posto del solito deserto che circondava la città, un giardino paradisiaco pieno di alberi, fiori, animali e con splendide fontane che scomparve quando la finestra fu chiusa e riaperta.

A quel punto lo sceicco ordinò che venisse portata una bacinella di acqua e pregò il sultano di immergervi la testa. Il sultano immerse la testa nell’acqua e poi riemerse... e si ritrovò da solo, mezzo nudo e abbandonato in un posto che non conosceva. Si rese conto che era caduto vittima della perfida magia del malvagio sceicco. Sentì salire dentro una grande rabbia, infatti giurò di vendicarsi alla prima occasione. Poco dopo incontrò due boscaioli che venivano dalla città che gli chiesero chi fosse. Il sultano non poteva rivelare la sua vera identità perciò rispose che era un mercante naufragato sulla spiaggia.

I boscaioli gli diedero dei miseri abiti e delle indicazioni per arrivare in città. Allorché fu arrivato in città, il sultano fu notato da un fabbro che lo aveva visto mentre vagava smarrito. Il fabbro gli chiese chi fosse e da dove venisse. Il sultano gli rispose che era un mercante sfuggito al naufragio della sua nave: “Sono scampato dalla morte per miracolo e devo ciò che indosso alla pietà di due poveri boscaioli, perciò sono un uomo senza risorse.” Il fabbro gli rivelò che in quella città c’era l’usanza che un forestiero doveva chiedere in moglie la prima donna non sposata che avrebbe visto uscire dai bagni e che lei avrebbe dovuto accettare.

Il sultano andò ai bagni dove vide una bella giovane a cui chiese se era sposata, ma lei gli rispose che lo era. La stessa domanda fu rivolta alla seconda donna che uscì dai bagni e che era molto più brutta. Per fortuna anche lei gli rispose che aveva un marito così come fece anche una terza donna. Alla fine, dai bagni uscì una quarta donna che era una fanciulla veramente molto bella. Alla domanda, la bella fanciulla rispose che non era sposata, ma che lo rifiutava ugualmente perché era disgustata dal suo misero aspetto. In quel momento arrivò un messaggero che disse al sultano: “Sono incaricato di cercare un uomo vestito di miseri stracci. Vi prego di seguirmi.”

Il sultano fu condotto in una splendida dimora dove venne lavato e rivestito con abiti sontuosi adatti al suo vero rango. Poi fu lasciato ad aspettare per ore e ore in una sala sontuosa, finché giunsero quattro giovani e belle ragazze che precedevano la fanciulla deliziosa che il sultano riconobbe come la bella e giovane donna che lo aveva rifiutato. La donna gli diede il benvenuto e gli rivelò che lo aveva rifiutato perché quello era l’atteggiamento che doveva tenere in pubblico una donna onorata. Invece, in privato, poteva accettare la sua proposta di matrimonio perciò gli offriva un sontuoso banchetto che venne allietato da una musica delicata.

Fu così che il sultano passò sette anni con la sua sposa, che ebbe dei figli e che visse sontuosamente dilapidando il patrimonio della donna. Allora la moglie gli disse che doveva trovare il modo di provvedere a lei e ai loro figli, perciò il sultano pensò di farsi consigliare dal primo amico che aveva incontrato entrando in città cioè il fabbro. Considerato che il sultano non aveva né mestiere, né esperienza in nessun tipo di lavoro, il fabbro gli consigliò di offrirsi come facchino nella piazza del mercato. Ma, benché portasse pacchi enormi per tutto il giorno, il sultano non riusciva neppure a ricavare il necessario per sfamare la sua famiglia.

Un giorno il sultano ritornò alla spiaggia dove si era ritrovato sette anni prima. Tornò nel punto preciso in cui si era trovato, e decise di recitare in quel luogo le preghiere. Iniziò a fare le sue abluzioni e all’improvviso, un colpo di scena, emerse dall’acqua e... si ritrovò nel salone del suo palazzo. Si guardò intorno e vide i suoi cortigiani che lo guardavano, poi vide lo sceicco e anche la bacinella. Allora gridò furioso: “Sette anni in esilio, demone immondo! Sette anni in cui ho avuto moglie, famiglia e sono stato costretto a sgobbare come facchino al mercato! Non temi Dio Onnipotente per il torto che mi hai fatto?”

Lo sceicco era tranquillo e gli rispose: “Ma non sono passati che pochi secondi da quando avete lavato la testa!” e anche i cortigiani gli confermarono quello che diceva il sufi. Ma il sultano non riusciva a credere a quella versione della storia e stava per dare l’ordine di decapitare lo sceicco. Ma lo sceicco aveva percepito interiormente quello che il sultano voleva fargli e usò la Scienza dell’Assenza. Il potere di quella Scienza gli permise di trasportarsi fisicamente a Damasco, a molti giorni dal palazzo e dall'ira del sultano. Da quella città gli scrisse una lettera che diceva:

“Per voi sono passati sette anni, come avrete capito, dall’istante in cui avete messo la testa nell’acqua. Tutto quello che avete vissuto è il frutto dell’esercizio di alcune facoltà che non hanno nessun significato se non quello di offrire la dimostrazione che ero venuto a dare. Volevo dimostrare ciò che può accadere. Non era forse caldo il letto e la brocca non rovesciata, secondo la tradizione? Quello che conta non è che il fatto sia avvenuto, perché tutto può avvenire: ciò che conta è il significato che diamo all’evento. Nel vostro caso non c’è stato alcun significato, invece nel caso del Profeta l’evento ha avuto un enorme significato.”

 
Buona erranza
Sharatan 


fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/04/il-sultano-in-esilio.html

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