La sincronicità secondo Jung e Pauli
Non dubito che la psiche concreta
contenga immagini che chiariscano il segreto della materia. Si può
rendersi conto di queste relazioni nei fenomeni sincronici e nella loro
a-causalità. Attualmente, questi fenomeni non sono ancora che vaghe
idee, ed è al domani che è riservato il compito di raggruppare
esperienze che facciano un po’ di luce su questa incertezza.
Sulle prime potrebbe sorprendere vedere
che sia stato Pauli a essersi occupato intensivamente, in modo teorico,
della psicologia del profondo di Jung. Pauli – il razionalista e
l’inesorabile fisico dallo spirito critico, soprannominato dai suoi
colleghi “la coscienza vivente della fisica teorica” o ancora “il
terribile Pauli.” Però, il “problema psicofisico” è sempre stato tra i
suoi particolari obiettivi di interesse. In una lettera a Markus Fierz
datata novembre 1949 Pauli scriveva:
” … la possibilità delle leggi della natura mi è sempre sembrata fondarsi sulla COINCIDENZA ARCHETIPICA delle nostre aspettative (psichiche) con un fenomeno naturale esteriore (fisico). Per l’organizzatore astratto, la distinzione “fisico-psichico” non esiste affatto. A questo proposito, mi sembrerebbe che il “pensiero scientifico” sarebbe soltanto un caso particolare tra possibilità più generali.
Prime idee di Jung sulla sincronicità
Gli studi di Jung sui “fenomeni
inesplicabili” sono cominciati nel 1902 con la sua dissertazione
“Psicopatologia dei fenomeni cosiddetti occulti” e sono connessi
all’interpretazione archetipica della sincronicità. Secondo questa
interpretazione, l’archetipo alla base dei fenomeni di sincronicità
sarebbe un coordinatore della realtà psichica e materiale dove la
coordinazione si sviluppa secondo il loro significato comune. Jung
considera la psiche e la materia come due aspetti di una “unità” non
divisa, che è inaccessibile per via diretta:
“Allo stesso modo in cui la psiche e la materia sono contenute in un solo e medesimo mondo, si trovano, inoltre, in contatto permanente e sono supportate – in ultima analisi – da fattori trascendenti INCOMPRENSIBILI; infatti, è possibile, e anche molto probabile, che la materia e la psiche siano due aspetti differenti della STESSA E UNICA COSA. I fenomeni sincronici mi sembrano volgere in questo senso : il “non psichico” potrebbe comportarsi come il “psichico”, e viceversa, senza che vi sia una relazione causale fra loro.”
Le concezioni di Jung si distinguono per
principio da quelle di Freud, in particolare in relazione all’autonomia
dell’incosciente, che [Jung] ha poi nominato la “realtà dell’anima”.
Contrariamente a Freud, Jung si interessava soprattutto ai “grandi
sogni” che hanno un significato NUMINOSO e nei quali si trovano dei
contenuti simbolici i quali si incontrano spesso nella storia
dell’umanità, come dei motivi mitologici o delle immagini primordiali
che Jung, nelle sue prime opere, qualificava come “archetipiche.”
Il concetto di “principio sincronico”
apparve molto discretamente, per la prima volta, in un elogio funebre
per Richard Wilhelm nel Neuen Zürcher Zeitung del 6 marzo 1930:
“La scienza dell’ ‘Yi King’ non è basata sul principio di causalità ma su un principio che non è stato ancora nominato – perchè non appare nella nostra cultura – che chiamo provvisoriamente il PRINCIPIO SINCRONICO. Il mio lavoro con la psicologia dei fenomeni dell’inconscio mi ha costretto, già diversi anni fa, a cercare un altro principo esplicativo, perchè il principio di causalità mi è apparso insufficiente per spiegare certi strani fenomeni della psicologia dell’inconscio.”
Nelle sue Tavistock Lectures del 1935, Jung risponde a una domanda sul parallelismo psicofisico:
“Il corpo e lo spirito sono due aspetti dell’essere umano, e ciò è tutto ciò che noi sappiamo. Per questa ragione preferisco dire che le due cose sopravvengono assieme in un modo misterioso restandone qui, perchè non si può immaginare le due cose come una sola. Per il mio uso personale, ho concepito un principio che deve mostrare questo fatto di “essere assieme”, affermo che lo strano principio della sincronicità agisce nel mondo quando certe cose si producono in un modo più o meno simultaneo. comportandosi come se fossero la stessa cosa, pur non essendo tali dal nostro punto di vista.”
L’oriente e la sincronicità
“L’Oriente fonda il suo pensiero e la
sua valutazione dei fatti su un altro principio. Non c’è nemmeno una
parola che rifletta questo principio. L’Oriente ha certo una parola per
questo, ma noi non la comprendiamo. La parola orientale è TAO…Io
utilizzo un altra parola per nominarla ma è abbastanza povera. Io la
chiamo SINCRONICITA’.
La sincronicità, secondo Jung, si
riferisce a degli avvenimenti dove succedono cose nella realtà esterna
che sono in corrispondenza significativa con un’esperienza interiore. I
fenomeni sincronici sono delle coincidenze significative dove lo spazio e
il tempo appaiono come delle grandezze relative. Sincronicità non vuol
dire “nello stesso tempo” ma “con lo stesso senso”. La parte del
fenomeno sincronico che si produce nella realtà esterna è percepita dai
nostri sensi naturali. L’oggetto della percezione è un avvenimento
oggettivo. Però Jung scrive:
“Eppure resta un avvenimento inesplicabile, perchè nelle condizioni dei nostri presupposti psichici, non ci si aspettava la sua realizzazione.”
Sincronicità e coincidenze significative
Naturalmente, la sincronicità non è una
spiegazione, è, in primo luogo, il fatto di dare un nome ai fatti
empirici che suggeriscono l’esistenza delle COINCIDENZE SIGNIFICATIVE.
Jung ha sottolineato come, per ciò che riguarda la sincronicità, il
principale ostacolo risiede nel fatto di vedere la sua causa nel
soggetto mentre, dal mio punto di vista, la causa si trova nella natura
dei processi oggettivi.”
La sincronicità rimette in questione il
concetto fisico di OGGETTO, così come il concetto classico di SPAZIO e
di TEMPO, e riguardano, quindi, anche i fisici interessati alle
questioni filosofiche.
Jung si trascinò per anni le sue idee
sulle “coincidenze significative”senza dare loro una forma definitiva;
[inoltre] ha esitato per molto tempo prima di presentarle al pubblico.
Dopo una conversazione con Pauli, nel novembre 1948, i due hanno
iniziato uno scambio di lettere intensivo, nel quale Pauli ha
incoraggiato Jung a redigere i suoi pensieri sulla sincronicità. Nel
giugno 1949 Jung inviò a Pauli una bozza “circondata dappertutto da
punti interrogativi” perchè la esaminasse in modo dettagliato. Pauli ha
poi vivacemente preso parte all’ulteriore perfezionamento del concetto
junghiano di sincronicità.
Nei loro scambi di lettere (parzialmente)
pubblicati, esce fuori come sia stata essenziale la critica costruttiva
di Pauli. La versione definitiva di Jung è stata il risultato di molte
revisioni – ispirate dai commenti critici di Pauli – ed è apparsa nel
1952 col titolo “La sincronicità come principio di relazioni acausali”
in un volume pubblicato assieme a Pauli e intitolato “Spiegazione della
natura e della psiche.” Quest’ultimo non è affatto un’opera completa di
descrizione e delucidazione di questi argomenti complessi”, come è
sottolineato da Jung nella prefazione da lui scritta, “ma unicamente uno
studio per sollevare il problema.”
Secondo Jung, i fenomeni sincronici si
comportano come delle casualità ripiene di senso. Sono caratterizzati
dalla coincidenza – portatrice di significato – di un fenomeno fisico
oggettivo, con un avvenimento psichico, senza che si possa immaginare
una ragione o un meccanismo causale [tra essi]. Jung ha incluso, tra gli
esempi di coincidenze significative, la telepatia, pratiche divinatorie
come gli I – King, oltre alla tecnica d’interpretazione
dell’astrologia, come anche gli effetti secondari spesso osservati in
caso di decesso: un orologio si ferma, una foto casca dal muro, un vetro
si spacca. L’esistenza di avvenimenti sincronici è spesso messa in
dubbio, poichè sono rari o eccezionali.
L’argomento più convincente
sulla loro realtà è una tradizione millenaria e – in ultima analisi – la
sola valida: la propria esperienza personale.
I fenomeni sincronici perdono molto del
loro potere di convinzione quando sono semplicemente raccontati. Essi
hanno una qualità NUMINOSA di esperienza, cosicchè è necessario
sperimentarli di persona. La sola cosa che conta [in questi casi] è
l’emozione viva e improvvisa generata [dall’esperienza sincronica]. Una
discussione di questi fenomeni soggettivi scompagina le carte della
scienza tradizionale, cosiddetta “oggettiva” però mai quelle di un esame
serio [al riguardo]. Gli avvenimenti sincronici autentici hanno un
carattere NUMINOSO [quindi personalissimo] e non è sempre facile
divulgarli. Per non disperdere del tutto il concetto di sincronicità, si
potrebbe considerare di restringerlo agli avvenimenti [davvero] senza
precedenti e scioccanti.
Wolfgang Pauli e la sincronicità
Pauli era ricettivo alle idee di Jung
sulle “coincidenze significative” soprattutto per due ragioni:
innanzitutto, egli era preparato filosoficamente. Lo studio di
Schopenhauer Il senso del destino, speculazione trascendente
sull’intenzionalità apparente nel destino di un individuo, ha avuto su
Pauli “un effetto di interesse duraturo e sembra averlo preparato per un
futuro cambiamento nelle scienze fisiche e naturali.” Nel suo
importante articolo del 1956, La scienza e il pensiero occidentale,
Pauli scrive : “La vecchia questione di sapere se, in presenza di certe
condizioni, lo stato fisico dell’osservatore potrebbe influenzare lo
sviluppo del mondo materiale [esterno all’osservatore] non ha posto
nella fisica attuale.
La risposta era evidentemente affermativa per gli
antichi alchimisti. Nel secolo XVIII, uno spirito critico come il
filosofo Arthur Schopenhauer, ottimo conoscitore e ammiratore di Kant,
ha considerato nel suo studio “Magnetismo animale e magia” che gli
effetti – cosiddetti – magici erano ampiamente possibili e gli ha
interpretati – nella sua terminologia particolare – come “influenze
dirette della volontà che vanno oltre i limiti dello spaziotempo”. D
questo punto di vista, non si può dire che delle ragioni filosofiche a
priori siano sufficienti per rifiutare immediatamente simili
possibilità.”
Ma l’interesse che portò Pauli alle
“coincidenze significative” non era puramente accademico. Da giovane,
Pauli era caratterizzato da una mentalità razionale estremamente
specializzata, per via della quale ha poi incontrato serie difficoltà
all’età di trent’anni. Nell’agosto 1934, scrisse al suo collega e amico
Ralph Kronig:
“Dopo essere caduto in depressione nell’inverno 1931/32, ho cominciato lentamente a risalire la china. Ho quindi incontrato degli avvenimenti psichici che non conoscevo affatto prima d’allora e che chiamerei semplicemente L’ATTIVITA’ PROPRIA DELL’ANIMA. E’ per me indubitabile come vi siano cose che si sono sviluppate spontaneamente e che possono essere definite come SIMBOLI ; qualcosa di psichico e obiettivo allo stesso tempo, che non può essere spiegato da cause materiali.”
Questa sua crisi psicologica condusse
Pauli a contattare Jung nel 1930, il quale lo affidò alle cure della
giovane dottoressa Erna Rosenbaum, una debuttante nell’ambito
[psicologico – psicanalitico]. Durante questa analisi di cinque mesi, e
nel corso dei tre anni che seguirono, Pauli ha prodotto senza alcuna
influenza diretta di Jung all’incirca 1500 sogni, dai contenuti
archetipici sorprendenti.
Si può ricavare qualche informazione su
questa attività propria dell’anima, come diceva Pauli, all’interno della
monumentale opera di Jung, “Psicologia e alchimia.”
Pauli ha spesso fatto l’esperienza –
come tutte le persone che hanno un’attività creatrice – di relazioni
misteriose tra il suo lavoro sui problemi della fisica teorica e
l’attività animistica incosciente. Aggiungiamo a questo come Pauli sia
stato perseguitato, durante tutta la sua vita, da fenomeni molto strani –
ciò che si è soprannominato “EFFETTO PAULI”. Si tratta del fatto che –
confermato da fonti sicure – gli strumenti di misura avevano
periodicamente delle perturbazioni o non funzionavano quando Pauli
faceva irruzione all’interno di un laboratorio.
Simili effetti potrebbero essere
considerati come una manifestazione del rovescio della medaglia
riguardante il fisico teorico [in questione]. Pauli non era in buone
relazioni con l’ingegneria; non aveva una buona manualità percepiva come
inquietante e minaccioso il mondo della tecnologia. Questo stato di
tensione i suoi colleghi lo percepivano bene, e tutti erano convinti che
effetti “misteriosi e inquietanti” fossero emanati da Pauli.
Racconta il suo collega Markus Fiers:
“Anche specialisti della fisica sperimentale – persone obiettive e realiste – condividevano l’opinione secondo cui era proprio Pauli che emanava questi effetti strani. Per esempio, si credeva che la sua semplice presenza dentro un laboratorio generava un sacco di problemi nella conduzione di un esperimento: rivelava, diciamo così, la malignità delle cose. Era questo L’ “Effetto Pauli”. Per questa ragione, il suo amico Otto Stern, il celebre “artista dei fasci molecolari”, non l’ha mai lasciato entrare nel suo istituto. Non è affatto una leggenda, conoscevo benissimo Stern così come Pauli! Anche Pauli credeva assolutamente ai suoi effetti. M’ha raccontato come percepisse le sventure in anticipo nella forma di una spiacevole tensione e che, se poi il disagio preconizzato avveniva davvero, si sentiva bizzarramente libero e sollevato. Si può insomma considerare l’ ‘Effetto Pauli’ come un fenomeno sincronico.”
Commento del Dott. Zambello
- Anni fa, molti, seguivo in analisi un ragazzo bordeline. Era un angosciato, viveva in una struttura ossessiva con forti caratteri di narcisismo patologico. Era continuamente proiettato in fantasie onnipotenti che chiaramente gli creavano frustrazioni e alimentavano la sua angoscia. Tutto ciò nasceva da un Io molto debole che lo mettevano continuamente in contatto con l’inconscio, come non esistesse una vera struttura dell’Io. Nonostante ciò, una buona intelligenza ed un Super-Io molto sviluppato gli permetteva di avere una vita sociale apparentemente normale. Volendo semplificare in una metafora, diremmo che quel ragazzo era una corazza, sufficientemente forte entro la quale però si sprofondava quasi direttamente nell’inconscio. Perché vi racconto questo? Perché, proprio quel ragazzo, era continuamente oggetto, testimone, di fenomeni sincronici.
- Il suo stesso linguaggio, l’approccio interpersonale che mise in atto sin dal primo incontro, era un linguaggio prevalentemente empatico: ti entrava dentro, tendeva fortemente alla fusionalità. Quando lo incontrai la prima volta, avvertii immediatamente che mi stava “leggendo dentro” che fra me e lui non vi era più spazio. Certamente viveva una situazione di forte sofferenza psichica. E’ stata in effetti una analisi lunga difficile dalla quale peraltro é uscito bene. Durante il periodo in cui l’Io non era ancora sufficientemente strutturato, mi portò numerosi episodi, a volte anche eclatanti che definiremo: sincronicità. Ne riporto uno: ritornava un giorno, era domenica sera di tardo autunno, quasi le 19, in macchina dal paese della casa paterna, da un’altra Regione d’Italia. Il mio paziente si era trasferito da poco a Milano e oltre a non conoscere bene la città non era neanche molto sicuro nella guida. Mancava poco più di un’ora al momento in cui avrebbe dovuto prendere servizio come portiere di notte in albergo sito in una via a senso unico in zona Porta Romana. Pressoché alle 19 stava percorrendo l’autostrada Venezia Milano e si rende conto di non conoscere la strada ma “voleva assolutamente” arrivare in tempo a prendere servizio alle 20. Capisce che non ce la poteva fare. Decide di uscire a Monza e di ” lasciarsi andare”. Esce dall’Autostrada, ricorda che c’era un po’ di nebbia e comincia ad “andare a caso”. Alle 20 meno qualche minuto é davanti all’albergo. Ho provato più volte fare quel percorso che conosco bene e, non ci ho mai messo meno di un’ora e mezza. Cosa è presumibilmente successo? Il mio paziente, in quella situazione di ansia, necessità del Super-Io, é sprofondato del suo inconscio, si é lasciato guidare da lui, recuperando tutte le conoscenze che certamente aveva incamerato nei precedenti percorsi e ha ottenuto il risultato voluto. Puro fenomeno sincronico. Esempio direi, clinicamente interessante, di come funzioniamo. Tanto più siamo fragili a livello dell’Io, tanto più é possibile che si manifestino fenomeni come quello che vi ho appena raccontato.
- Ci sono subito alcune osservazioni da fare. La prima é che non sempre ad una debolezza dell’Io corrisponde una produzione di fenomeni sincronici, la seconda é che al miglioramento clinico, inevitabilmente corrisponde una, momentanea, limitazione di questi. Momentanea, perché é verosimile che nell’evoluzione verso la realizzazione del Sé, quella che Jung chiamava Individuazione, l’uomo e, per mia fortuna ne ho incontrati tanti, raggiunga una stato dove l’equilibrio tra Io e l’Inconscio é tale da permettergli di ” utilizzare” i fenomeni sincronici che da quel momento vengono chiamati “Miracoli”.
- La sincronicità non è magia. La sincronicità non ha niente a che vedere con il mondo “buio” dell’esoterismo, la sincronicità è il respiro, il battito vitale del tutto, dell’universo al quale apparteniamo come cellule di un unico corpo.
fonte: http://www.psicoterapiajunghiana.com/sincronicita-coincidenze-significative/
Nessun commento:
Posta un commento