E’
ormai chiaro che l’influenza degli USA, nonostante il “perno verso
l’Asia”, evapora nell’Asia-Pacifico. Washington ha subito sconfitte
geopolitiche praticamente in ogni nazione dell’Asia- Pacifico, anche nei
Paesi guidati da regimi che hanno meticolosamente organizzato,
finanziato e sostenuto per decenni. Inoltre svanisce anche tra le
nazioni considerate da tempo alleate cruciali degli Stati Uniti. Come la
Thailandia nel Sud-Est asiatico, che gli USA ricordano sempre al mondo
essere stato alleato di Washington dalla guerra fredda, dalla guerra in
Vietnam e forse anche da prima.
L’evanescente influenza di Washington ha delle ragioni
Tuttavia, in realtà, la Thailandia ha gradualmente smantellato l’influenza statunitense, diversificando commercio e cooperazione con molte nazioni, come la Cina, per non avere legami con nessuna di esse in particolare. Il commercio della Thailandia si concentra principalmente in Asia, con la maggior parte delle importazioni ed esportazioni divise equamente tra Cina, Giappone e ASEAN, e l’occidente collettivamente secondario nel mercato, anche se non trascurabile. Non è un caso che i legami geopolitici della Thailandia riflettano quelli economici, rivelando che le realtà economica e socio-politica guidano le relazioni internazionali indipendentemente dall’ampio “soft power” a disposizione di Washington.
Tuttavia, in realtà, la Thailandia ha gradualmente smantellato l’influenza statunitense, diversificando commercio e cooperazione con molte nazioni, come la Cina, per non avere legami con nessuna di esse in particolare. Il commercio della Thailandia si concentra principalmente in Asia, con la maggior parte delle importazioni ed esportazioni divise equamente tra Cina, Giappone e ASEAN, e l’occidente collettivamente secondario nel mercato, anche se non trascurabile. Non è un caso che i legami geopolitici della Thailandia riflettano quelli economici, rivelando che le realtà economica e socio-politica guidano le relazioni internazionali indipendentemente dall’ampio “soft power” a disposizione di Washington.
Uno sguardo alle scorte militari della Thailandia rivela
una strategia simile nella diversificazione nell’acquisizione di armi e
nelle partnership, e nei sistemi sviluppati dall’industria nazionale.
Ciò che prima erano forze armate dominate da materiale ed esercitazioni
militari statunitensi, è passato all’acquisizione di carri armati
cinesi, aerei da guerra europei, fucili d’assalto mediorientali,
elicotteri russi e blindati thailandesi, così come le esercitazioni
congiunte avvengono con varie nazioni, tra cui per la prima volta la
Cina.
Un cambiamento simile si verifica nel resto dell’Asia, con la Cina
naturalmente che copre la grande quota della cooperazione regionale per
la sua dimensione economica, geografica e demografica. La
trasformazione dell’Asia era del tutto prevedibile, e malgrado gli Stati
Uniti cerchino di “contenere” la Cina e conservare l’influenza nel
resto dell’Asia, hanno ignorato i fondamentali fattori economici e
socio-politici, concentrandosi sulla coercizione attraverso “accordi”
commerciali e compromettenti “alleanze” militari, creando e perpetuando
strategie della tensione artificiali sia nelle nazioni prese di mira che
tra gli Stati asiatici.
Altri espedienti al posto delle ragioni
Gli Stati Uniti, indifferenti ai fattori che hanno portato al declino nell’Asia Pacifico, hanno deciso di moltiplicare gli espedienti del “soft power” piuttosto che esaminare e migliorare le proprie basi economiche. Ciò include l’uso di programmi volti a cooptare “giovani leader” nella regione per promuovere gli interessi degli Stati Uniti e tentare d’invertire politicamente l’avanzata dell’Asia sui piani economico e geopolitico. Ciò comprende anche la propaganda incessante volta a ritrarre le nazioni della regione capitolare a Pechino su varie questioni, che chiaramente sono nell’interesse dell’intera regione.
Gli Stati Uniti, indifferenti ai fattori che hanno portato al declino nell’Asia Pacifico, hanno deciso di moltiplicare gli espedienti del “soft power” piuttosto che esaminare e migliorare le proprie basi economiche. Ciò include l’uso di programmi volti a cooptare “giovani leader” nella regione per promuovere gli interessi degli Stati Uniti e tentare d’invertire politicamente l’avanzata dell’Asia sui piani economico e geopolitico. Ciò comprende anche la propaganda incessante volta a ritrarre le nazioni della regione capitolare a Pechino su varie questioni, che chiaramente sono nell’interesse dell’intera regione.
Un
editoriale del Bangkok Post, giornale creato dal governo degli Stati
Uniti, intitolato “La saga di Wong si ritorce contro il regime”, tenta
di sostenere che la recente deportazione di un agitatore finanziato
dagli Stati Uniti a Hong Kong, in Cina, simboleggi “l’adattamento di
Bangkok” ad “ogni capriccio” della Cina. L’articolo afferma:
“La detenzione di 12 ore del noto attivista democratico di Hong Kong Joshua Wong all’aeroporto di Suvarnabhumi colpisce il regime militare mentre critiche arrivano da attivisti locali e internazionali per i diritti umani sull’adattamento eccessivo della Thailandia alle richieste di Pechino“.
L’articolo enumera diversi altri accordi tra Bangkok e
Pechino, sostenendo anche che sono vantaggio solo di Pechino, come la
deportazione di sospetti terroristi verso la Cina, diretti in Turchia e
probabilmente aderenti ad organizzazioni terroristiche internazionali
attive in Siria.
Ciò che è buono per la Cina, è buono per l’Asia
In realtà, Joshua Wong ha certamente tentato di entrare in Thailandia per seminare a Bangkok la stessa instabilità sostenuta dagli Stati Uniti ad Hong Kong. Ha specificamente incontrato gli agitatori sostenuti dagli Stati Uniti che a Bangkok formano uno dei vari fronti che tentano d’impadronirsi di nuovo del potere a favore dei partiti sostenuti e legati a Washington. Così, la deportazione di Wong in Cina era nell’interesse di Pechino e Bangkok. Allo stesso modo, la deportazione di sospetti terroristi verso la Cina ha avvantaggiato entrambe le nazioni. Se la Thailandia fosse il passaggio dei terroristi diretti in Siria, e la Siria dovesse crollare su pressione dei terroristi armati dagli USA, ciò porterebbe all’instabilità globale che si riverbererebbe su tutta l’Asia, colpendo Cina e Thailandia.
In realtà, Joshua Wong ha certamente tentato di entrare in Thailandia per seminare a Bangkok la stessa instabilità sostenuta dagli Stati Uniti ad Hong Kong. Ha specificamente incontrato gli agitatori sostenuti dagli Stati Uniti che a Bangkok formano uno dei vari fronti che tentano d’impadronirsi di nuovo del potere a favore dei partiti sostenuti e legati a Washington. Così, la deportazione di Wong in Cina era nell’interesse di Pechino e Bangkok. Allo stesso modo, la deportazione di sospetti terroristi verso la Cina ha avvantaggiato entrambe le nazioni. Se la Thailandia fosse il passaggio dei terroristi diretti in Siria, e la Siria dovesse crollare su pressione dei terroristi armati dagli USA, ciò porterebbe all’instabilità globale che si riverbererebbe su tutta l’Asia, colpendo Cina e Thailandia.
I tentativi degli Stati
Uniti di destabilizzare la Cina, primo partner commerciale di tutte le
nazioni dell’Asia, è un’altra minaccia diretta alla regione, e non solo a
Pechino. È l'”adattamento” a Pechino a garantire la stabilità e ad
impedire agli Stati Uniti di ripetere il “successo” dei loro sforzi per
fomentare l’instabilità politica in Nord Africa e Medio oriente che
hanno portato nella regione guerre, morte ed esodo di decine di milioni
di persone, collasso socio-economico di intere nazioni, e possibile
grande guerra tra diverse regioni del pianeta. L’ironia del Bangkok Post
è che omette dalla sua chiara propaganda, il fatto che in assenza degli
interessi della Cina, l’Asia per decenni si “adattò” ad ogni capriccio
di Washington.
Non sorprende che un giornale fondato da un ex-ufficiale
dei servizi segreti degli Stati Uniti e finanziato dal dipartimento di
Stato degli Stati Uniti non denunci dalle proprie pagine lo stesso
eccezionalismo spudorato che gli Stati Uniti esibiscono sul palcoscenico
internazionale. Tuttavia, si tratta di un rozzo “eccezionalismo”
controproducente, tanto che l’Asia ha collettivamente deciso di farne a
meno mentre avanza verso il futuro. Prima Washington lo capisce e
l’accetta, prima potrà razionalmente riallineare le relazioni con l’Asia
verso qualcosa di tangibilmente costruttivo. Washington accettando
l’Asia come regione indipendente e autonoma, e come concorrente
significativo, potrà decidere se tale concorrenza sia sana e
costruttiva, o imporre un clima di confronto e guerra perennemente
imminente.
Tony Cartalucci, LD, 24 ottobre 2016
Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico di Bangkok.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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