venerdì 28 ottobre 2016

Sheeple


In tempi recenti è stato coniato in inglese il termine “sheeple”: è il risultato di una crasi, ossia fusione, fra sheep, pecora, e people, gente. E’ un’invenzione linguistica, anche grazie al suono scivoloso, quanto mai ingegnosa, perché fotografa l’attuale condizione umana.

Non so chi a sia dovuto questo geniale neologismo, usato, tra gli altri, da David Icke nel suo ultimo, terribile saggio “L’imbroglio della realtà e l’inganno della percezione”. E’ comunque un vocabolo perfetto per la sua derisoria incisività: guardiamo quelle teorie di infelici studenti che al mattino arrancano verso scuole-penitenziari con zaini gonfi di libri inutili e mal scritti; guardiamo i miseri anziani in fila negli uffici postali per ritirare miserabili pensioni che permettono loro a mala pena di sopravvivere; guardiamo le interminabili code di gente che va a pagare le tangenti ad uno Stato-mafia…

Domina un senso di grigia rassegnazione, di acquiescenza, persino di stanco plauso nei confronti dei carnefici: esattori, ufficiali giudiziari, funzionari, dirigenti, burocrati, amministratori…


E’ questo il risveglio di cui da almeno dieci-quindici anni si ciancia? E’ questa la presa di coscienza per opera di una massa che, per definizione, può solo essere una moltitudine anonima e senza identità? Qualcuno ogni tanto si desta dal letargo, ma per uno che apre gli occhi, quanti sono quelli che finiscono nel tritacarne?

E’ in atto semmai una mutazione antropologica che ben analizza il Professor Francesco Lamendola nel suo “Verso una post-umanità”, 2016. Nonostante qualche smagliatura moralistica, la sconsolata disamina del Nostro è impeccabile. L’adulterazione ha quasi del tutto strappato agli uomini non solo la loro dimensione etica e spirituale, ma li ha privati pure della dignità. E’ un vero paradosso: negli animali si può scorgere un barlume di consapevolezza, persino nelle piante, mentre l’umanità è ormai annientata, reificata.

Di fronte a questo desolante spettacolo ci restano solo le parole, ci resta solo l’arma spuntata dell’ironia: lo squallore resta tale, ma l’umorismo rende un po’ meno amaro l’umore.


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