“La nostra reazione convenzionale a tutti i media,
secondo la quale ciò che conta è il modo in cui
vengono usati, è l’opaca posizione
dell’idiota tecnologico.”
(Marshall McLuhan)
In
seguito alla brutta storia in cui l’ingenuità e la fragilità di una
persona si scontrano con la crudeltà di molti che si muovono con la
ferocia di una muta di animali feroci, una giovane donna si è uccisa. La
giovane si è trovata incastrata in un crudele gioco di voyeurismo, di
diffamazione e di volgarità in seguito ai quali quella ragazza ha scelto
di uccidersi perché non ha retto alla vergogna. Una giovane è stata
costretta a farla finita per uscire da una macina che ha ingoiato la sua
vita e la sua dignità, perciò lei l’ha fatta finita.
Ma
dopo che l’attenzione dei giornali si sarà affievolita, cosa resterà di
questo squallida ferocia che ha voluto macinare una giovane vita, cosa
resta? Cosa ci insegna questa triste cronaca? Certo, da alcuni articoli
ricaviamo utili suggerimenti che indicano come guardarsi dai rischi di
un mondo come quello del web che è sempre meno virtuale e sempre più
concreto. Forse dovremmo fare una riflessione molto profonda, perché la
notizia inquietante è che il video che ha causato il suicidio per
vergogna è stato quello più cliccato il giorno della morte della
ragazza.
Mi
sembra molto più utile capire come stare nel web senza incorrere in
situazioni simili, e invece che aspettare una soluzione e il
provvedimento sul diritto all’oblio. Sul tema si stava già discutendo da
qualche tempo, ma gli ambiti implicati nell’argomento sono troppi
perché si coinvolge il diritto internazionale, la natura “impalpabile”
del mondo digitale, la legislazione di Stati in cui risiedono le
multinazionali e quelli in cui sono istallati i server. Sul tema si sono
già cimentati molti Stati a fini fiscali, e sui tempi necessari per una
soluzione, è meglio tacere!
Altri
inciampi sorgono quando si va a definire la “natura” di quello che
posso richiedere, a buon diritto, che venga obliato e rimosso dal web
senza che ne resti traccia. E non si tace il fatto che, pur volendo,
sembra impossibile cancellare le tracce di ciò che mandiamo nel web. La
soluzione sembra lontana, perciò è conveniente cercare nell’altra
direzione è puntare alla radice del problema. E la radice dolente è che
siamo omologati per cui agiamo senza pensare in modo consapevole, ma
seguendo l’impulso del branco.
Possiamo
puntare il dito contro la causa della curiosità di vedere il “famoso”
video, ma io voglio capire il “perché” di questa curiosità. Non penso
che se uno vuole dilettarsi con video porno deve correre a vedere
proprio “quel” video. Quel video, per me, è legato alla morte di una
giovane che è rimasta schiacciata dalla gogna dei media. E che diamine,
urlerei! Ma vedi un porno professionale recitato da veri attori porno
che dei film porno fanno mestiere. Al di là del parere dei benpensanti
(che spesso sono i clienti più affezionati del settore) c’è chi vive
facendo l’attore del porno, vedi Siffredi.
Rocco
Siffredi è un professionista entrato molto giovane nel settore. Lui è
stato un “enfant prodige” del suo settore in cui ha trovato mestiere e
pagnotta per mantenere la famiglia. Io non credo che sia la “pruderie”
che spinge a cliccare il video, ma è il vizio del “così fan tutte!” Lo
strano è che perdiamo il tempo a discutere di minuzie e non affrontiamo
il vero problema. Il problema è che lo strumento entra nel messaggio che
diffondiamo, secondo McLuhan. Il mondo virtuale modifica le nostre
caratteristiche percettive, scrive nel 1964, facendo l’analisi, o
meglio, la previsione di ciò che ci sarebbe accaduto in seguito alla
rivoluzione tecnologica.
McLuhan
dice che la tecnologia in quanto “medium” o strumento di comunicazione,
influenza i modelli culturali e organizzativi di una società. Il mondo
futuro diverrà un villaggio globale perché la tecnologia agisce sulla
percezione della dimensione spazio-temporale usata per costruire la
realtà in cui l’uomo vive e agisce. L’era della tecnologia produce
un’estensione del corpo umano, perché la tecnologia estende il sistema
nervoso dell’uomo. Il processo tecnologico agisce sul sistema
sensoriale, infatti dice McLuhan: “il messaggio di un medium o di una
tecnologia è nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che
introduce nei rapporti umani.”
La
tesi “il medium è il messaggio” è dovuta al fatto che il medium
controlla e plasma le proporzioni e i comportamenti dei gruppi umani e
dei singoli. I contenuti possono essere anche molto diversi, ma la
struttura di base della comunicazione obbedisce a questa regola. È
tipico equivocare sui “contenuti” del medium senza comprendere “le
caratteristiche del medium” scrive McLuhan. Egli afferma che un sintomo
evidente del nostro sonnambulismo è il fatto che non si tiene conto
della natura del medium cioè della natura dello strumento che usiamo, di
qualunque medium si parli.
L’incompletezza
dell’analisi “sembra davvero esprimere il narcisismo di chi è
ipnotizzato dal suo proprio essere, amputato ed estensivamente assunto
in una nuova forma tecnica” scrive McLuhan. I media possiedono un potere
trasformatore e questo avviene a prescindere dal fatto che ci si renda
conto di questo. Riflettiamo sull’effetto che ad esempio, ha avuto la
televisione sulle preferenze, sul linguaggio, sugli orari e sulle
abitudini. Possiamo ammettere che il problema è che i processi vengono
affrontati inconsapevolmente? Pier Paolo Pisolini scrisse un editoriale
sul “Corriere della Sera” del 9 dicembre 1973, in cui riflette su questi
temi.
“Contro la televisione: l'omologazione degli italiani”
Nessun
centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo
della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario
e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture
particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano
imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si
limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario,
l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata.
I
modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può
dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta
dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana.
Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due
rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle
infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade,
la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al
Centro, abolendo ogni distanza materiale.
Ma
la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e
decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé
l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di
culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice
di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè - come dicevo - i
suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione,
la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende
che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo.
Un
edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e
ciecamente estraneo alle scienze umane. L’antecedente ideologia voluta e
imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo,
infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che “omologava” gli
italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno
culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente,
il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo.
Non
c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della
Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due
persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo
(e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli
italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la
televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di
benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma
sono davvero in grado di realizzarlo?
No.
O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la
caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da
diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono
ormai stati d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a
pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della
propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di
analfabeti in possesso però del mistero della realtà.
Guardavano
con un certo disprezzo spavaldo i “figli di papà”, i piccoli borghesi,
da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso,
al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza:
hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo
ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo
modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la
rozzezza.
I
ragazzi sottoproletari - umiliati - cancellano nella loro carta
d’identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la
qualifica di “studente”. Naturalmente, da quando hanno cominciato a
vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare
la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito
acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese,
nell’adeguarsi al modello “televisivo” - che, essendo la sua stessa
classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale - diviene
stranamente rozzo e infelice.
Se
i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono
sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere
tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è
ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di
rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità
della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo
tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa.
Essa
non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un
centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una
mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo
spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del
nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la
televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di
informazione al mondo.
Il
giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani
fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il
fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno
di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i
nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la
televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata,
bruttata per sempre. (Pierpaolo Pisolini)”
Buona erranza
Sharatanfonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/09/il-medium-e-il-messaggio.html
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