I governanti europei, accolto Barak Obama nel suo viaggio d’addio la settimana scorsa, gli hanno fatto l’ultimo regalo: hanno prolungato di un altro anno le sanzioni alla Russia (costo per l’Italia 7,3 miliardi), poi hanno giurato nelle mani dell’uscente di:
1) arrivare comunque a firmare il TTIP, detestato da tutti i popoli delle due sponde atlantiche;
2) ampliare la globalizzazione sempre di più;
3) continuare a tenere aperte le frontiere all’immigrazione senza limiti;
4) mantenere la NATO così com’è, in posizione di aggressivo riarmo;
5) continuare e a perseguire normative mondiali contro il riscaldamento globale;
6) sul Medio Oriente, e specialmente la Siria, continuare ad obbedire alle direttive che Obama ha indicato, compresa la finta guerra al terrorismo dell’IS.
“I leader sono d’accordo sulla necessità di lavorare collettivamente per far avanzare l’agenda transatlantica, specie nel portare stabilizzazione al Medio Oriente e Africa del Nord [sic], come assicurare la soluzione diplomatica dei conflitti in Siria e Ucraina dell’Est”,così suona il comunicato della Casa Bianca dettato da Obama alla fine dei tre giorni d’incontro.
La tavolata d’addio a Berlino (o arrivederci?)
Non si è trattato solo di un palese vilipendio alle intenzioni
politiche del nuovo presidente Usa, negate una per una puntigliosamente –
dalla NATO per Trump ‘obsoleta’ fino al riscaldamento globale (”un
imbroglio”) e alla sua dichiarazione che in Siria non bisogna rovesciare
Assad bensì lo Stato Islamico, fino alla sua volontà di mettere un
freno alla mondializzazione – no, è stato molto di più. E’ stato come
se i sei governanti europei che si sono stretti attorno a Obama come
loro maestro spirituale, lo avessero votato di nuovo – al posto degli
americani.Non riuscivano a staccarsi da lui. Smarriti di essere liberi (non sia mai), la Merkel ha riunito a tavola con l’adorato Nobel per la Pace che torna nel nulla, oltre a Juncker, Hollande e Renzi, Teresa May e Rajoi: e tutti hanno giurato nelle mani di Sua Nullità di mantenersi legati a lui nel difendere “i nostri valori” comuni”. Oviamente quelli del politicamente corretto. Tutto il repertorio.
Obama e la Merkel hanno firmato a due mani un editoriale, apparso sui mainstream, degno di due piccioncini convolati a luna di miele:
“Germania e Stati Uniti sono profondamente uniti insieme … i nostri due paesi condividono la congiunta responsabilità di proteggere e preservare il nostro modo di vita”, fra cui sottintendono cose come le nozze gay e la scelta del gender (“impegno alla libertà personale”), senza rinunciare agli interventi umanitari come in Siria e Libia:
”Il nostro rispetto per la dignità umana ci obbliga a fornire aiuto umanitario a milioni di rifugiati nel mondo”, milioni da accogliere; inoltre “la partnership Usa e Germania è stata essenziale per ottenere un accordo globale a Parigi che offre al mondo un progetto per proteggere il nostro pianeta”:la lotta al riscaldamento globale con costrizioni arbitrarie per trattato.
Agli smarriti, Obama ha assicurato che Trump cambierà, che finirà per rientrare nei ranghi mondialisti, perché la carica di Presidente Usa ha una qualità (mistica, trascendente) che dona un speciale grazia di stato, da cui l’infallibilità globalista. Leggere per credere:
"C’è qualcosa nelle solenni responsabilità di questo ufficio… che ti forza a concentrarti, che esige serietà”,ha detto Obama, implicando ovviamente che Trump non è serio:
“E se non sei serio su questo lavoro, allora probabilmente non durerai molto a lungo. Perché ciò porta problemi”.Magari un attentato?
Qualunque cosa vogliano dire queste alate, ispirate parole ….
Il tono degli addii è stato questo, elegiaco e grandioso insieme – il momento dei commossi reciproci abbracci, del cantarsela e suonarsela, delle alte e vibranti auto-celebrazioni dei propri successi immaginari. Obama è arrivato al punto – senza ridere – da definire la UE, l’Unione Europea di Merkel e Juncker,
“uno dei più grandi successi politici ed economici del mondo”.E mica è bastato. Obama ha passato alla Cancelliera la fiaccola dei “valori democratici nel mondo”, palesemente messi in pericolo dall’elezione di Trump. Le ha affidato lo stendardo della civiltà occidentale in pericolo; sia lei la vostra guida, o europei.
“Angela, guida l’Occidente al posto mio”
Non sto esagerando minimamente. Infatti il più “grande” e ufficioso dei media germanici, Der Spiegel, in un fondo di un suo capo redattore Dirk Kurbjuweit, ha titolato:
“L’America ha abdicato dalla guida dell’Occidente” – e non contento, vi ha aggiunto: “E’ tempo per l’Europa, e Angela Merkel, di occupare quel vuoto”.Letteralmente così. Alla Merkel spetta la guida del mondo occidentale, perché
“ha forti principi morali, come ha dimostrato durante la crisi dei rifugiati”.Vale la pena di analizzare questo articolo, per constatare le storture mentali, la mistura di servilismo e di presunzione impolitica, l’autoillusione quasi al limite della demenza, che nutre la classe dirigente tedesca.
Il giornalista esordisce baciando la mano che ha punito il popolo tedesco:
“L’Occidente è nato nel gennaio 1917. Quando il presidente Woodrow Wilson entrò in guerra contro la Germania, dicendo alla sua nazione che era tempo per gli americani di assumersi la responsabilità di ‘pace e giustizia- – Il mondo deve esser reso sicuro per la democrazia”, disse Wilson.
“Cento anni dopo: Trump. Uno che non vuole la globalizzazione. Che proclama il nazionalismo americano, l’isolazionismo, il ritiro parziale dal commercio mondiale e nessuna responsabilità per il cambiamento climatico”.
[…] “La dignità umana è il centro della civiltà occidentale […] I diritti umani. Un razzista non può incarnare questo progetto. Trump non ha alcun senso della dignità propria o di altri. Non è qualificato per essere il leader dell’Occidente”.
“Siamo oggi dinnanzi al vuoto – la paura del vuoto. Cosa accadrà all’Occidente, all’Europa, alla Germania senza gli Stati Uniti alla loro testa?”.Frase rivelatrice: lorsignori hanno paura del vuoto di potere. Ma, psicanaliticamente, proiettano la loro paura su quelli che hano votato Trump. Secondo il giornalista, Trump è stato portato al potere dalla
“paura. Non più la paura di perdere la libertà, ma la paura della libertà stessa”.Gli americani hanno avuto paura degli uomini
“liberi di attraversare i confini alla ricerca di nuovi luoghi dove insediarsi. Liberi di esportare i loro prodotti e dunque di entrare in competizione con altri paesi. Liberi di battersi per diritti uguali in quanto donne, in quanto omosessuali e in quanto non bianchi. […] Ciò che è unicamente tipico dell’Occidente, la libertà, è oggi percepito come minaccia”.
“Se Trump governa come ha promesso, la ‘terra dei liberi’ (Usa) abdicherà al suo compito di leader del mondo libero. Allora, sarà il momento dell’Europa. Deve resistere al populismo. […] Dovrà provvedere alla propria sicurezza, e ciò nel tempo di Vladimir Putin, di Recep Tayyip Erdogan e dello Stato Islamico che esiste presso l’Europa”Sorvoliamo sul fatto che le suddette minacce alla nostra sicurezza, Putin, Erdogan e lo Stato Islamico, sono pure creazioni della politica di Obama-Merkel. Ecco la conclusione dell’aedo di Spiegel:
“Senza l’America, compiti immani hanno davanti i leader occidentali. Sono compiti per la cancelliera Angela Merkel: lei rappresenta una nazione forte [rieccoli!] ed ha una forte fibra morale, come ha dimostrato nella crisi dei rifugiati”.http://www.spiegel.de/international/world/trump-election-means-europe-must-now-lead-west-a-1120929.html
Una crisi che ha provocato lei da sola e da zero; come ha provocato la rovina della Grecia e dei paesi mediterranei per taccagneria, e alla fin fine anche il Brexit – perché gli inglesi sanno riconoscere una dittatura tedesca, quando ne rivedono una.
Ma questo non conta per Kurbjuweit di Spiegel, ormai accecato dal fulgore titanico che, ai suoi occhi, assume la Cancelliera: la vede già nell’atto di adempiere al compito immane di garantire le libertà: di commercio, di nozze omosessuali, di farsi invadere da milioni di africani, di salvarci da Trump e dai populisti. Lo farà perché è, sola in Europa, alla testa di “una nazione forte” (e ricca), disciplinata e obbediente a imporre la democrazia: senza chiedere il minimo parere agli altri popoli europei, come ha sempre fatto: sia con l’euro, sia quando ha deciso che dovevamo tutti accettare i milioni di immigrati che lei ha chiamato, o quando ci ha ingiunto di pagare 3 miliardi a Erdogan perché si tenesse i profughi che prima, lei aveva invitato. .
La libertà alla tedesca comprende le nozze gay e l’immigrazione di massa, ma non la democrazia del voto.
“La fine del mondo”
“Merkel deve divenire un leader decisivo per l’Europa”,
proclama infine il giornalista di Spiegel.Senza la minima preoccupazione se gli altri membri dell’Unione Europea vadano magari consultati.
Infatti Merkel ha annunciato che correrà per un quarto mandato. Questo articolo mostra che bisogna di nuovo aver paura dei tedeschi: dopo ottantenni di sottomissione servile, si sono di nuovo montati la testa e si sentono in grado di guidare la civiltà? Così, di punto in bianco?
Un post scriptum per Matteo Renzi.
Era uno dei sei che hanno celebrato Obama, e l’hanno rivotato al posto del popolo americano in quella demente celebrazione a Berlino. Vedo che il fatale comunicato dice: i partecipanti “sono unanimemente d’accordo sul fatto che [..] le sanzioni alla Russia legate all’Ucraina devono restare in vigore” fino a che non saranno in opera gli accordi di Minsk. Gli accordi di Minsk che sono violati da Kiev, non da Mosca.
La Egemone Merkel ha fatto anche dello spirito, dicendo che i progressi erano “invisibili”. Renzi era lì.
Non ha rotto la bella unanimità. Non ha eccepito che noi subiamo un danno di oltre 7 miliardi per un contenzioso che non riguarda in nessun modo l’Italia. Renzi ha già smesso di disturbare la UE. Si acquatta a fare il servetto della nuova Egemone. Nonostante tutto, è davvero meglio Trump.
L’enigmatica
copertina di Economist per il 2017: spaccatura in seno alla
cristianità? giudizio sul mondo? La Morte? Un astro misterioso per fine
anno. Spesso le “profezie” di Economist si avverano. Nei bei tempi
“previde” l’uccisione di Moro con mesi di anticipo, con una copertina
che diceva: “E’ finita la commedia” – in italiano nel testo.
Maurizio Blondet
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