venerdì 18 novembre 2016

Lo strano populismo del XXI secolo (Rivolta cosciente delle masse o “Istinto collettivo di sopravvivenza”?)


Populismo, ai giorni nostri, è soltanto un’espressione politicamente corretta che corrisponde a un interdetto, un vero e proprio tabù escludente dal dibattito politico, che al pari degli altri tabù politicamente corretti, impedisce il pensiero critico e stronca sul nascere qualsiasi opposizione al potere vigente.

Gli intellettuali di servizio, tutti liberisti-liberali-libertari alfieri del pensiero unico dominante, che accusano spesso di populismo chi si oppone alla sovranità finanziaria e mercatista, evocano con questa espressione un mix inquietante di fascismo-comunismo, assieme ai fantasmi dei conflitti sanguinosi che funestarono il novecento. In verità, se si cala correttamente il populismo in una precisa dimensione storica, questo era soltanto un movimento per l’emancipazione dei molti milioni di contadini poveri che popolavano le campagne russe, nel diciannovesimo secolo.

Intellettuali e accademici di servizio – secondo il filosofo Costanzo Preve – in particolare se inseriti nei “ceti universitari delle facoltà di filosofia e scienze sociali” [ … ] sono “pagati per parlare solo di olocausto, diritti umani, dittatori baffuti e barbuti e legittimazione dei riti elettorali svuotati di ogni residua sovranità.” [ … ] e possono solo “concionare su concetti vuoti come qualunquismo, o meglio populismo”. (Dell’inutilità in tutti gli ambiti della vita culturale, politica e sociale, 2012, Luigi Tedeschi intervista Costanzo Preve). 

Inoltre, sempre secondo Costanzo, “la globalizzazione liberista a destra e la globalizzazione anarchica a sinistra, marceranno separate e colpiranno unite qualsiasi programma di liberazione nazionale e sociale, infallibilmente connotato come populista”. (Preve sul Sessantotto e la globalizzazione).

Appare chiaro che il fine è di impedire che le masse appoggino chi presenta loro un programma socioeconomico veramente alternativo all’unico programma globalista-finanziario, screditando l’oppositore e colpendolo con una grave “scomunica”, che non lascia scampo … quella di essere populista. Così è per Putin e Orban, mentre per Donald Trump, appena eletto presidente, e per Marine Le Pen, se sarà eletta presidente della Francia nel 2017, dobbiamo attendere (fiduciosi?) la prova dei fatti.

A livello di psicologia di massa, che riguarda alla fin fine anche i comportamenti individuali, sappiamo che la stampa crea l’opinione pubblica, come aveva capito il sociologo Tonnies già nel mille e ottocento, ma sappiamo anche che in ciò possono pesare molti i fattori sub-consci e irrazionali. Ci è chiaro che grazie alla manipolazione dell’opinione e all’azione che investe la psicologia delle masse si influenzano i comportamenti individuali, consentendo a minoranze ristrette dominanti – che controllano la cosiddetta informazione, i media, i quotidiani, eccetera – di far passare i loro interessi (di classe, di casta, di lobby, di clan) per quello generale. Il sociologo americano Ross ci ha avvertito che i media hanno la possibilità, come nessuno ha mai avuto nei secoli precedenti (neppure la presse ottocentesca nei confronti della borghesia), di omologare la cosiddetta opinione pubblica, non lasciando spazio alcuno a opinioni diverse e anti-conformiste.

Oggi, però, si arriva all’assurdo di accusare la stessa popolazione dominata di populismo, il che equivale ad accusare il cane perché abbaia. Si giunge all’estremo, come accade in Italia, di mettere in discussione il suffragio universale – il voto concesso a tutti e non limitato in base al censo o al sesso – perché costituirebbe una seria minaccia per la cosiddetta civiltà occidentale, cioè la supremazia dell’élite dominante finanziaria, nell’occidente e nel nord del mondo. Quella stessa élite che poi è il vero e l’unico decisore strategico-politico, il depositario ultimo di un potere assolutista che la “civiltà occidentale” ha riservato al Mercato, nonostante il suffragio universale …

La vittoria della Brexit nel Regno Unito e quella di Trump alle presidenziali americane, a distanza di pochi mesi, hanno inquietato le élite dominanti e i loro servitori politici, mediatici, accademici in tutto l’occidente, mai come prima d’ora. Se il liberismo e la moderna finanza sono nati nel mondo anglosassone, è proprio là, ed in particolare nel cuore americano dell’occidente a supremazia elitista, che il “populismo” ha riportato le sue maggiori vittorie, elettorali e referendarie (senza nulla togliere a Viktor Orban in Ungheria). Com’è stato possibile? Ce lo chiediamo anche noi, oltre che gli intellettuali, accademici, giornalisti e sondaggisti, di servizio, che finora hanno mentito sapendo di mentire e adesso devono raccogliere i cocci delle loro menzogne.

Se la stampa crea l’opinione pubblica (Tonnies) e i moderni media la omologano (Ross) togliendo l’acqua al pesce delle alternative politiche reali, il Leave britannico e Trump candidato alla presidenza federale Usa non avrebbero dovuto superare gli sbarramenti, tenuto conto che oggidì gli strumenti per la manipolazione di massa, a disposizione dei camerieri delle élite, sono numerosi e sofisticati (dai messaggi subliminali ai sondaggi “d’opinione”, dalla pubblicità martellante e invasiva 24X7 ai talk-show interminabili e idiotizzanti).

Sembra di vivere un paradosso. Nel momento in cui le élite sono fortissime e la democrazia a suffragio universale una mera rappresentazione scenica, in cui le parti in gara, ma soprattutto il vincitore sono prestabiliti (in pratica, una corsa truccata), qualcosa d’importante sfugge di mano ai dominanti e tutto sembra andare storto … I trucchi non reggono più e il banco rischia grosso.

La mia prima interpretazione del fenomeno, legato indissolubilmente allo strano populismo del XXI secolo, è che le élite e i loro camerieri, per quanto dotati di strumenti di dominazione e manipolazione massiva come mai prima nella storia, hanno fatto i conti senza l’oste … dell’irrazionalità umana, dell’istinto collettivo di sopravvivenza che sembra informare la popolazione chiamata al voto, politico o referendario che sia.

Il rito della democrazia liberale a suffragio universale comincia così a rappresentare un serio pericolo, non più un sicuro sostegno, per il potere elitista e mercatista, che qualche oscuro servitore giornalistico, in Italia, chiama pomposamente “civiltà occidentale” (Fabrizio Rondolino, editorialista de L’Unità).

Da alcuni anni ho compreso che la liberaldemocrazia, quale sistema di governo funzionale, sul piano politico, al nuovo capitalismo finanziario vigente, sarebbe rimasta in vita fin tanto che utile alla classe dominante neocapitalista per celarsi dietro il suo schermo. Poi, il potere avrebbe gettato la maschera liberale archiviando la democrazia, fino a quel momento sua bandiera di libertà e di rispetto della “volontà popolare”, per preservarsi a qualsiasi costo continuando a sfruttare la massa e la sua congenita ingenuità (alla Jaques Bonhomme).

Forse stiamo arrivando al capolinea della democrazia, perché il popolo “populista” fuori dal controllo dei media, nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America ha votato in buon numero, ma esattamente il contrario di ciò che hanno “suggerito” con insistenza manipolatoria i servitori mediatici, intellettuali, accademici delle élite dominanti. Neppure le minacce sono servite questa volta, per orientare il voto in forza di paura, se si pensa che dopo la vittoria referendaria della Brexit il valore della sterlina non si è azzerato e l’economia britannica non è crollata di botto.

Se questo fenomeno di “disobbedienza populista” del popolo alle élite si ripeterà anche il 23 aprile (primo turno) e il 7 maggio (ballottaggio) 2017, in occasione delle presidenziali francesi, e anche Marine Le Pen, come ha già fatto Donald Trump – nonostante il tutti contro – passerà gli sbarramenti democratico-sistemici, ci si dovrà dar da fare per comprendere la natura di questo fenomeno collettivo, che potrebbe contribuire a cambiare il corso della storia.

Dubito che la maggioranza della massa – ingrata e “populista”, che si sta rivelando poco sensibile al politicamente corretto e meno ricattabile/manipolabile del previsto – si dedichi ad approfondite analisi sociopolitiche ed abbia gli strumenti culturali (ancorché minimi) per comprendere a fondo l’epoca in cui viviamo. Dubito che il commesso inglese di negozio, (che ne so …) a Ipswich, o l’operaio americano nella “rust belt”, in Ohio o nell’Indiana, abbiano dedicato giornate intere a consultare la controinformazione in rete, a fare analisi sociologiche, a valutare e criticare, con il piglio di un economista, dati macroeconomici alla mano, la politica economica del governo.

Per quanto mi riguarda, in prima battuta, rilevo che l’”establishment” finanziario-globalista-occidentale (che qualche cameriere ci vende come se fosse una civiltà) è stato battuto non da un voto di massa razionale e informato, che spinge il popolo a rivoltarsi coscientemente, ma da una sorta di “Istinto collettivo di sopravvivenza”.

E’ proprio questo istinto (che al momento non saprei definire diversamente) che spinge le masse, il popolo sempre più “populista” e impoverito dalle élite, a fare esattamente il contrario di ciò che “suggeriscono” i servitori dell’”establishment”, a non cedere al ricatto per paura, perché una paura più grande lo attanaglia: quella di non riuscire neppure a sopravvivere, in futuro, se le cose dovessero andare avanti così …

Per il momento questo è quanto.


Eugenio Orso


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