Populismo, ai giorni nostri, è soltanto
un’espressione politicamente corretta che corrisponde a un interdetto,
un vero e proprio tabù escludente dal dibattito politico, che al pari
degli altri tabù politicamente corretti, impedisce il pensiero critico e
stronca sul nascere qualsiasi opposizione al potere vigente.
Gli intellettuali di servizio, tutti
liberisti-liberali-libertari alfieri del pensiero unico dominante, che
accusano spesso di populismo chi si oppone alla sovranità finanziaria e
mercatista, evocano con questa espressione un mix inquietante di
fascismo-comunismo, assieme ai fantasmi dei conflitti sanguinosi che
funestarono il novecento. In verità, se si cala correttamente il
populismo in una precisa dimensione storica, questo era soltanto un
movimento per l’emancipazione dei molti milioni di contadini poveri che
popolavano le campagne russe, nel diciannovesimo secolo.
Intellettuali e accademici di servizio – secondo il filosofo Costanzo Preve – in particolare se inseriti nei “ceti universitari delle facoltà di filosofia e scienze sociali” [ … ] sono “pagati
per parlare solo di olocausto, diritti umani, dittatori baffuti e
barbuti e legittimazione dei riti elettorali svuotati di ogni residua
sovranità.” [ … ] e possono solo “concionare su concetti vuoti come qualunquismo, o meglio populismo”.
(Dell’inutilità in tutti gli ambiti della vita culturale, politica e
sociale, 2012, Luigi Tedeschi intervista Costanzo Preve).
Inoltre,
sempre secondo Costanzo, “la globalizzazione liberista a destra e la
globalizzazione anarchica a sinistra, marceranno separate e colpiranno
unite qualsiasi programma di liberazione nazionale e sociale,
infallibilmente connotato come populista”. (Preve sul Sessantotto e la globalizzazione).
Appare chiaro che il fine è di impedire
che le masse appoggino chi presenta loro un programma socioeconomico
veramente alternativo all’unico programma globalista-finanziario,
screditando l’oppositore e colpendolo con una grave “scomunica”, che non
lascia scampo … quella di essere populista. Così è per Putin e Orban,
mentre per Donald Trump, appena eletto presidente, e per Marine Le Pen,
se sarà eletta presidente della Francia nel 2017, dobbiamo attendere
(fiduciosi?) la prova dei fatti.
A livello di psicologia di massa, che
riguarda alla fin fine anche i comportamenti individuali, sappiamo che
la stampa crea l’opinione pubblica, come aveva capito il sociologo
Tonnies già nel mille e ottocento, ma sappiamo anche che in ciò possono
pesare molti i fattori sub-consci e irrazionali. Ci è chiaro che grazie
alla manipolazione dell’opinione e all’azione che investe la psicologia
delle masse si influenzano i comportamenti individuali, consentendo a
minoranze ristrette dominanti – che controllano la cosiddetta
informazione, i media, i quotidiani, eccetera – di far passare i loro
interessi (di classe, di casta, di lobby, di clan) per quello generale.
Il sociologo americano Ross ci ha avvertito che i media hanno la
possibilità, come nessuno ha mai avuto nei secoli precedenti (neppure la
presse ottocentesca nei confronti della borghesia), di omologare
la cosiddetta opinione pubblica, non lasciando spazio alcuno a opinioni
diverse e anti-conformiste.
Oggi, però, si arriva all’assurdo di
accusare la stessa popolazione dominata di populismo, il che equivale ad
accusare il cane perché abbaia. Si giunge all’estremo, come accade in
Italia, di mettere in discussione il suffragio universale – il voto
concesso a tutti e non limitato in base al censo o al sesso – perché
costituirebbe una seria minaccia per la cosiddetta civiltà occidentale,
cioè la supremazia dell’élite dominante finanziaria, nell’occidente e
nel nord del mondo. Quella stessa élite che poi è il vero e l’unico
decisore strategico-politico, il depositario ultimo di un potere
assolutista che la “civiltà occidentale” ha riservato al Mercato,
nonostante il suffragio universale …
La vittoria della Brexit nel Regno Unito e
quella di Trump alle presidenziali americane, a distanza di pochi mesi,
hanno inquietato le élite dominanti e i loro servitori politici,
mediatici, accademici in tutto l’occidente, mai come prima d’ora. Se il
liberismo e la moderna finanza sono nati nel mondo anglosassone, è
proprio là, ed in particolare nel cuore americano dell’occidente a
supremazia elitista, che il “populismo” ha riportato le sue maggiori
vittorie, elettorali e referendarie (senza nulla togliere a Viktor Orban
in Ungheria). Com’è stato possibile? Ce lo chiediamo anche noi, oltre
che gli intellettuali, accademici, giornalisti e sondaggisti, di
servizio, che finora hanno mentito sapendo di mentire e adesso devono
raccogliere i cocci delle loro menzogne.
Se la stampa crea l’opinione pubblica
(Tonnies) e i moderni media la omologano (Ross) togliendo l’acqua al
pesce delle alternative politiche reali, il Leave britannico e Trump
candidato alla presidenza federale Usa non avrebbero dovuto superare gli
sbarramenti, tenuto conto che oggidì gli strumenti per la manipolazione
di massa, a disposizione dei camerieri delle élite, sono numerosi e
sofisticati (dai messaggi subliminali ai sondaggi “d’opinione”, dalla
pubblicità martellante e invasiva 24X7 ai talk-show interminabili e
idiotizzanti).
Sembra di vivere un paradosso. Nel
momento in cui le élite sono fortissime e la democrazia a suffragio
universale una mera rappresentazione scenica, in cui le parti in gara,
ma soprattutto il vincitore sono prestabiliti (in pratica, una corsa
truccata), qualcosa d’importante sfugge di mano ai dominanti e tutto
sembra andare storto … I trucchi non reggono più e il banco rischia
grosso.
La mia prima interpretazione del
fenomeno, legato indissolubilmente allo strano populismo del XXI secolo,
è che le élite e i loro camerieri, per quanto dotati di strumenti di
dominazione e manipolazione massiva come mai prima nella storia, hanno
fatto i conti senza l’oste … dell’irrazionalità umana, dell’istinto
collettivo di sopravvivenza che sembra informare la popolazione chiamata
al voto, politico o referendario che sia.
Il rito della democrazia liberale a
suffragio universale comincia così a rappresentare un serio pericolo,
non più un sicuro sostegno, per il potere elitista e mercatista, che
qualche oscuro servitore giornalistico, in Italia, chiama pomposamente
“civiltà occidentale” (Fabrizio Rondolino, editorialista de L’Unità).
Da alcuni anni ho compreso che la
liberaldemocrazia, quale sistema di governo funzionale, sul piano
politico, al nuovo capitalismo finanziario vigente, sarebbe rimasta in
vita fin tanto che utile alla classe dominante neocapitalista per
celarsi dietro il suo schermo. Poi, il potere avrebbe gettato la
maschera liberale archiviando la democrazia, fino a quel momento sua
bandiera di libertà e di rispetto della “volontà popolare”, per
preservarsi a qualsiasi costo continuando a sfruttare la massa e la sua
congenita ingenuità (alla Jaques Bonhomme).
Forse stiamo arrivando al capolinea della
democrazia, perché il popolo “populista” fuori dal controllo dei media,
nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America ha votato in buon numero,
ma esattamente il contrario di ciò che hanno “suggerito” con insistenza
manipolatoria i servitori mediatici, intellettuali, accademici delle
élite dominanti. Neppure le minacce sono servite questa volta, per
orientare il voto in forza di paura, se si pensa che dopo la vittoria
referendaria della Brexit il valore della sterlina non si è azzerato e
l’economia britannica non è crollata di botto.
Se questo fenomeno di “disobbedienza
populista” del popolo alle élite si ripeterà anche il 23 aprile (primo
turno) e il 7 maggio (ballottaggio) 2017, in occasione delle
presidenziali francesi, e anche Marine Le Pen, come ha già fatto Donald
Trump – nonostante il tutti contro – passerà gli sbarramenti
democratico-sistemici, ci si dovrà dar da fare per comprendere la natura
di questo fenomeno collettivo, che potrebbe contribuire a cambiare il
corso della storia.
Dubito che la maggioranza della massa –
ingrata e “populista”, che si sta rivelando poco sensibile al
politicamente corretto e meno ricattabile/manipolabile del previsto – si
dedichi ad approfondite analisi sociopolitiche ed abbia gli strumenti
culturali (ancorché minimi) per comprendere a fondo l’epoca in cui
viviamo. Dubito che il commesso inglese di negozio, (che ne so …) a
Ipswich, o l’operaio americano nella “rust belt”, in Ohio o
nell’Indiana, abbiano dedicato giornate intere a consultare la
controinformazione in rete, a fare analisi sociologiche, a valutare e
criticare, con il piglio di un economista, dati macroeconomici alla
mano, la politica economica del governo.
Per quanto mi riguarda, in prima battuta,
rilevo che l’”establishment” finanziario-globalista-occidentale (che
qualche cameriere ci vende come se fosse una civiltà) è stato battuto
non da un voto di massa razionale e informato, che spinge il popolo a
rivoltarsi coscientemente, ma da una sorta di “Istinto collettivo di
sopravvivenza”.
E’ proprio questo istinto (che al momento
non saprei definire diversamente) che spinge le masse, il popolo sempre
più “populista” e impoverito dalle élite, a fare esattamente il
contrario di ciò che “suggeriscono” i servitori dell’”establishment”, a
non cedere al ricatto per paura, perché una paura più grande lo
attanaglia: quella di non riuscire neppure a sopravvivere, in futuro, se
le cose dovessero andare avanti così …
Per il momento questo è quanto.
Eugenio Orso
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