Il neopresidente degli Stati Uniti, non ancora insediatosi, Donald Trump sembra aver scelto come consigliere della Sicurezza Nazionale il Generale Michael Flynn [1] personaggio che suscita curiosità [2], ma anche commenti sprezzanti dalla stampa francese e statunitense. Una grande tastata lo definisce “vendicativo” [3], eppure Michael Flynn non è il primo venuto. L’ex-direttore dei servizi segreti militari (Defense Intelligence Agency) nel 2012-2014, è senza dubbio una delle menti più acute e notevoli delle forze armate statunitensi. Spesso presentato come di estrema destra, per gli attacchi violenti ad Hillary Clinton, il personaggio è molto più complesso e inclassificabile.
Michael
Flynn fa parte della generazione di soldati statunitensi che ha fatto
esperienza personale e militare nella lotta al terrorismo e in un
contesto dominato dal pensiero neoconservatore vigente negli Stati Uniti
dalla fine del mandato di Bill Clinton. La sua famiglia politica è
democratica. Questo può sembrare banale, ma va notato perché, a
differenza di molti alti ufficiali delle forze armate degli Stati Uniti,
non proviene dall’ambiente repubblicano.
Flynn fa parte del corpo degli
ufficiali della riserva dell’US Army, ROTC, che spesso è
l’unica soluzione per una persona di origini modeste per accedere
all’università. Ha trascorso parte della carriera nelle forze speciali,
il Joint Special Operations Command, JSOC, ed è stato uno dei
perni della trasformazione di questo comando in una delle macchine da
guerra più efficienti degli Stati Uniti. Ha lavorato sotto il comando
del Generale Stanley McChrystal, il cui ruolo fu determinante per
adattare l’esercito statunitense alle nuove sfide poste dal terrorismo.
Michael Flynn ha combattuto in Afghanistan e Iraq, guerre ampiamente
impopolari negli Stati Uniti.
Chiamato nei primi anni 2000 a capo della
divisione d’intelligence del JSOC, fu all’origine delle operazioni
d’intelligence che portarono all’eliminazione di Abu Musab Zarqawi, il
capo di al-Qaida in Iraq. Gli fu anche, e questo non viene
menzionato spesso, affidato il compito di riscrivere il manuale delle
interrogazioni dei sospetti, dopo lo scandalo delle pratiche nella
prigione di Abu Ghraib. Così poté valutare gli effetti deleteri delle
torture comunemente praticate in quella prigione. Michael Flynn fu anche
assegnato alla sistemazione dell’intelligence degli Stati Uniti in
Afghanistan, sotto la direzione di Stanley McChrystal.
Nelle sue varie
posizioni s’è guadagnato la reputazione di operatore particolarmente
intelligente, e soprattutto di persona che ha capito ben prima di altri
che le informazioni importanti non sono principalmente “militari”, su
cui DIA e JSOC tendevano a concentrarsi, ma di natura politica. È allora
necessario ricordare che l’intelligence degli Stati Uniti attraversa
una profonda crisi, derivante dalle politica di George “W” Bush che
decise di smembrare l’intelligence per imporre le proprie opinioni
sull’intervento in Iraq. Ciò portò a una significativa inefficienza di
CIA e DIA. Ciò non è estraneo ai problemi degli Stati Uniti in Iraq nel
2004-2005.
La nomina di Michael Flynn, insieme ad altri, rientrava nella
ricostruzione dell’intelligence a cui gli Stati Uniti furono poi
costretti. Colin Powell si oppose al sostegno di Flynn, dal 2015, a
Donald Trump. Ma va notato che Colin Powell ha una grave responsabilità
nelle politiche di George “W” Bush, e nell’estrema politicizzazione
dell’intelligence. E’ chiaro che i suoi superiori fecero un’ottima
scelta con Michael Flynn.
L’Ammiraglio Mike Roger, dal 2014 direttore
della NSA, lo definì il miglior agente segreto degli ultimi venti anni.
Dietro l’iperbole, vi è senza dubbio un fatto. Inoltre, è estremamente
raro che un ufficiale della ROTC arrivi al livello gerarchico raggiunto
da Michael Flynn. Questo è un segno di competenza eccezionale, e
l’immagine che si può avere di Michael Flynn è in realtà quella di un
ufficiale dall’eccezionale talento. Ma quando Stanley McChrystal, il suo
capo, fu costretto a dimettersi per ragioni politiche, incompatibilità
con Barack Obama, lasciò l’amaro in bocca a Michael Flynn.
Sicuramente
iniziò il conflitto che l’oppose non solo al presidente Obama, ma anche
ad Hillary Clinton sostenendo Donald Trump. Qui va sottolineato che
accusò pubblicamente Clinton non solo dell’irresponsabile gestione delle
proprie comunicazioni, ma di avere causato la morte per negligenza o
deliberatamente dell’ambasciatore degli USA in Libia, nel dramma di
Bengasi.
Michael Flynn fu nominato capo della DIA nel 2012, all’inizio del secondo mandato del presidente Obama, mentre gli Stati Uniti avevano finalmente individuato e neutralizzato bin Ladin. Obama esultava mentre Flynn respingeva il discorso ufficiale dell’amministrazione, secondo cui la fase più pericolosa era passata. E non andò così. Secondo le informazioni in suo possesso, Michael Flynn non smise mai di mettere in guardia l’amministrazione Obama contro la tendenza a sottovalutare la minaccia terroristica.
Il conflitto che ciò provocò si ampliò
acutizzandosi, ma anche lo “stile” di comando di Michael Flynn,
fortemente influenzato dal suo passato nelle forze speciali, provocò
conflitti nella DIA comportandone le dimissioni nel 2014. In
un’amministrazione decisa a considerare, a torto o a ragione, il
terrorismo questione risolta, la posizione di Flynn divenne
insopportabile. Il fatto, inoltre, che Flynn non abbia mai badato ai
sillogismi del “politicamente corretto”, dicendo sempre pane al pane,
ampliarono il divario tra “politici” dell’amministrazione ed operativi.
L’amarezza che Flynn sentì dopo tali eventi, ma anche il fatto che nella
precedente posizione poteva valutare da sè il comportamento
irresponsabile di Hillary Clinton come segretaria di Stato, ne spiega il
passaggio ai repubblicani e il supporto, dall’autunno 2015, a Donald
Trump. Il rapporto di Flynn con l’ideologia neoconservatrice certamente è
evoluto durante la carriera. Data l’origine politica, si potrebbe
pensare che abbia ceduto all’eccezionalismo americano nelle proprie
visioni.
Ma è anche chiaro che ha compiuto una conversione al
“realismo”, una conversione politica che lo spinge a voler fare della
Russia un alleato, anche economico, nella lotta al terrorismo. Flynn ha
anche costruito un vero e proprio pensiero sulla natura del terrorismo, e
il collegamento tra situazioni economiche, come ad esempio quella
esistente in Libia, Siria e Iraq, e un’ideologia strutturata. Tale
ideologia, che ha affrontato in Iraq e in Afghanistan, gli sembra
strutturare l’intera rete terroristica che vede espandersi mondialmente,
nonostante le sconfitte locali. Il rischio è che sprofondi
nell’escatologia della guerra, e si spera che la dimensione “realistica”
del pensiero prevalga.
Chiaramente, la sua nomina a consigliere per la
sicurezza nazionale sarà sentita dall’esercito come possibilità di
vendicarsi da ciò che ritiene l’affronto del licenziamento dei generali
Petraeus e McChrystal, in particolare. E potrebbe anche essere
interpretato come vendetta contro i REMFL [4] di Washington. La
probabile nomina di Michael Flynn sarà uno dei perni, almeno nelle
relazioni internazionali, dell’amministrazione Trump. Il suo “realismo”,
se confermato, sarà un cambiamento positivo nell’attuale rigida
dimensione dottrinaria della politica estera degli USA.
Jacques Sapir, Russeurope 18 novembre 2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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