Dalla distruzione della Libia da parte del barboncino di Obama, Nicolas Sarkozy, e del cammello di Hillary, Hamad del Qatar, non ci sono più sicurezza, leggi o soldi. Un terzo dei libici, quasi 3 milioni, è rifugiato in Tunisia, Egitto, Africa ed Europa. Inoltre lo SIIL è ben consolidato in Libia, le milizie islamiste governano gran parte del Paese con terrore, saccheggio e traffico di ogni tipo. Una situazione caotica che ha favorito il ritorno in scena dei gheddafisti. Per la rivista Middle East Eye, Mathieu Galtier analizza questi sviluppi.
Alla
deriva da cinque anni, la Libia non ha ancora alcun modello politico
permanente. Risultato, gli sconfitti di ieri rientrano nel gioco
politico.
La situazione in Libia è così caotica che il neologismo “libianizzazione” prende piede. La combinazione fatale è tra balcanizzazione, divisione dello Stato in zone autonome, e somalizzazione, fallimento del governo a vantaggio delle milizie. Attualmente, il Paese ha tre governi.
Negli ultimi cinque anni, la Libia
ha vissuto due elezioni generali, un colpo di Stato abortito, l’arrivo
dello Stato Islamico (SI) e conflitti etnici a bassa intensità. La crisi
è tale che sempre più libici chiedono il ritorno della Jamahiriya
(Stato delle masse) creato da Muammar Gheddafi. “Vogliamo liberare la
Jamahiriya vittima del colpo di Stato della NATO”, afferma subito Franck
Pucciarelli a Middle East Eye, un francese che vive in Tunisia ed è
portavoce di un gruppo che riunisce i sostenitori dei comitati
rivoluzionari libici e internazionali, che agisce da cinghia di
trasmissione dell’ideologia di Gheddafi.
Ha spiegato che i membri sono
attivi dal 2012 dentro e fuori il Paese. L’organizzazione conterebbe
20000 aderenti in Libia e da 15-20000 ex-militare esiliati sarebbero
pronti ad attivarsi. “Possiamo organizzare una rivolta popolare e se il
caos prevarrà in Libia, sarà grazie alle nostre azioni”, dice il
portavoce. Ahmad, ex-dirigente presso il Ministero degli Esteri, oggi
residente in Tunisia, è più misurato. “Abbiamo approfittato
dell’instabilità per tornare, ma non abbiamo fatto nulla, dice a MEE. I
libici e la comunità internazionale dovranno semplicemente rendersi
conto che la Libia non può che essere governata che solo con la
Jamahiriya”.
Tre tipi di gheddafisti
I due uomini si concentrano sull’organizzazione politica del Paese dopo la riconquista del potere: un referendum, o plebiscito, per il ritorno della Jamahiriya con la presenza della comunità internazionale per sorvegliarlo. Uno Stato delle masse modernizzato con un Senato che rappresenti le tribù, una camera e soprattutto una costituzione, assenti con Muammar Gheddafi.
I due uomini si concentrano sull’organizzazione politica del Paese dopo la riconquista del potere: un referendum, o plebiscito, per il ritorno della Jamahiriya con la presenza della comunità internazionale per sorvegliarlo. Uno Stato delle masse modernizzato con un Senato che rappresenti le tribù, una camera e soprattutto una costituzione, assenti con Muammar Gheddafi.
Uno scenario a cui sorride Qashana Rashid,
direttore del Centro del Nord Africa per lo Studio sulla Libia, che
ammette una ripresa solida dell’ideologia verde (il colore della
Jamahiriya):
“Il ritorno del vecchio regime si comprende soprattutto grazie al fallimento della transizione post-rivoluzionaria. Ed è proprio su questo fallimento che puntano gli ideologi gheddafisti per tornare in gioco, non il genuino sostegno popolare. I gheddafisti non potranno mai tornare al potere, ma avranno un peso significativo nelle alleanze strategiche nel futuro della Libia“.
Mattia Toaldo,
specialista dalla Libia del Consiglio europeo sulle relazioni
internazionali, distingue tre tipi di gheddafisti: i sostenitori di Sayf
al-Islam, figlio prediletto di Gheddafi, trattenuto dal 2011 nella
città di Zintan, nell’ovest; i sostenitori del maresciallo Qalifa
Balqasim Haftar, nell’est del Paese; e gli ortodossi della Jamahiriya.
Franck Pucciarelli e Ahmad sono nell’ultima categoria, la più dura.
Coloro che seguono Haftar hanno approfittato dell’amnistia approvata dal
parlamento di Tobruq per i responsabili dei crimini durante la rivolta
del 2011. Un testo che ha lo scopo di riportare gli esuli, tra 1,5 e 3
milioni, in maggioranza gheddafisti rifugiati in Tunisia e in Egitto. Il
clan di Sayf al-Islam è probabilmente meglio strutturato e riunisce
alcuni ortodossi.
Anche se condannato a morte il 28 luglio 2015 in
contumacia, a Tripoli, Sayf al-Islam vive ancora a Zintan. Ufficialmente
prigioniero delle milizie locali, ha condizioni di detenzione molto
tenue: circolerebbe liberamente in città e comunicherebbe molto con
l’applicativo per la telefonia via Internet Viber.
Sayf al-Islam sta meglio del fratello Sadi
Fino a poco prima oscuro, il suo futuro è stato rilanciato indirettamente dai messaggi di posta elettronica di Hillary Clinton, rivelati da Wikileaks, e dal rapporto del parlamentare Crispin Blunt. deputato conservatore, pubblicato a settembre, che ritraggono Sayf el-Islam da moderato possibilmente pronto a partecipare alla transizione democratica dopo suo padre.
Fino a poco prima oscuro, il suo futuro è stato rilanciato indirettamente dai messaggi di posta elettronica di Hillary Clinton, rivelati da Wikileaks, e dal rapporto del parlamentare Crispin Blunt. deputato conservatore, pubblicato a settembre, che ritraggono Sayf el-Islam da moderato possibilmente pronto a partecipare alla transizione democratica dopo suo padre.
“Il coinvolgimento di Sayf Gheddafi avrebbe, forse, permesso a Lord Hague (ministro degli Esteri nel 2010-2014) di sostenere Mahmud Jibril e Jalil Abdul nell’attuazione della riforma in Libia senza dover sostenere i costi politici, militari ed umani del cambio di regime, ma non lo sapremo mai. Tali possibilità, tuttavia, avrebbero dovuto essere prese seriamente in considerazione, allora“,
afferma il rapporto di Londra. I gheddafisti hanno buon
gioco nell’evidenziare il profilo moderato ed istruito di Sayf al-Islam,
laureatosi alla London School of Economics.
Prevale sul fratello Sadi,
imprigionato a Tripoli, divenuto religioso. I fratelli Hanibal, Muhamad e
Aysha e la madre Safia esprimono silenzio dall’Oman, fin dall’ottobre
2012, dopo aver invocato dall’Algeria la contro-rivoluzione violenta,
nei primi mesi dalla morte di Muammar Gheddafi. Non è questione se Sayf
al-Islam prenda il potere apertamente, almeno per il momento, ma di
manovrare nell’ombra per la riconfigurazione politica del Paese.
Molte
tribù nell’ovest temono l’avanzata di Haftar sostenuta dalle tribù
orientali, a cominciare dalla gente di Zintan, anche se ufficialmente
alleata del maresciallo. Ma oggi, la Tripolitania è divisa tra un gruppo
islamisto e un governo di unità nazionale (GNA) debolissimo, nonostante
il riconoscimento della comunità internazionale.
I gheddafisti invitati per la prima volta alle Nazioni Unite
Sayf al-Islam potrebbe essere la figura unitaria contro la Cirenaica, regione orientale della Libia, in piena avanzata grazie alle vittorie di Haftar. Sul terreno, i segnali positivi sono sempre più a vantaggio del figlio dell’ex-guida. Nel settembre 2015, il sedicente Consiglio supremo delle tribù libiche sceglieva Sayf al-Islam come legittimo rappresentante del Paese. Questo consiglio raccoglie essenzialmente le tribù fedeli a Gheddafi e non hanno peso istituzionale, ma il simbolismo è forte.
Sayf al-Islam potrebbe essere la figura unitaria contro la Cirenaica, regione orientale della Libia, in piena avanzata grazie alle vittorie di Haftar. Sul terreno, i segnali positivi sono sempre più a vantaggio del figlio dell’ex-guida. Nel settembre 2015, il sedicente Consiglio supremo delle tribù libiche sceglieva Sayf al-Islam come legittimo rappresentante del Paese. Questo consiglio raccoglie essenzialmente le tribù fedeli a Gheddafi e non hanno peso istituzionale, ma il simbolismo è forte.
Dalla primavera, Ali Qana, l’ex-capo dell’esercito nel sud con
Gheddafi, lavora per la creazione di un esercito del Fizan (regione nel
sud della Libia), i cui dati sono difficili da quantificare al momento.
Ali Qana ha già annunciato che il suo gruppo non si affilierà a Tripoli
o Tobruq, ma solo a un potere che riconoscerà la legittimità della
Jamahiriya. Ad agosto, per la prima volta, l’ONU invitava dei noti
gheddafisti, tra cui un ex-presidente del Congresso del Popolo
(equivalente al parlamento nella Jamahiriya) per discutete sulla
soluzione politica ed economica della crisi.
“Questo Paese è diventato una barzelletta”
La popolazione comincia anche a confrontare presente e passato, favorendo il passato. Nella banca Jamhoriya di Tripoli, Mahmud Abdalaziz aspetta da due ore di prendersi i 500 dinari (327 euro), permessi un paio di giorni a settimana. Le riserve valutarie sono calate da 107,6 miliardi nel 2013 a 43 miliardi a fine 2016.
La popolazione comincia anche a confrontare presente e passato, favorendo il passato. Nella banca Jamhoriya di Tripoli, Mahmud Abdalaziz aspetta da due ore di prendersi i 500 dinari (327 euro), permessi un paio di giorni a settimana. Le riserve valutarie sono calate da 107,6 miliardi nel 2013 a 43 miliardi a fine 2016.
Sul mercato nero, il
dollaro è scambiato a 5,25 dinari. “Questo Paese è diventato una
barzelletta: c’è la guerra civile totale, non ci sono soldi e la
migliore carriera possibile è aderire a una milizia“, denuncia
Mahmud Abdalaziz a MEE, comunque grato alla rivoluzione per la libertà
di critica, che sarebbe stata impossibile con Gheddafi, ammettendo
tuttavia che si stava meglio prima, perché “la sicurezza è meglio della
libertà”. Le milizie più rivoluzionarie di Tripoli hanno capito il
pericolo di permettere che questa nostalgia dilaghi. A giugno uccisero a
Tripoli dodici lealisti libici che avevano appena terminato la
detenzione per crimini commessi nel 2011.
Tunisie Secret 12 novembre 2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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