Ieri è stata una giornata molto strana. Per qualche ora, su molte testate giornalistiche, a nome del presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, è girata la notizia secondo la quale è stato registrato un caso di difterite in Italia. E lui non poteva dire dov’era localizzato questo segretissimo caso.
Tuttavia, col passare delle ore, si è poi compreso che in Italia non c’è alcun caso di difterite causata da Corynebacterium diphtheriae,
ma ormai la frittata era stata servita in pasto alla popolazione con
tutto il suo condimento allarmante in caso di mancata vaccinazione. A chi giova tutto ciò?
Orbene, in realtà, la notizia della difterite in Italia nasce a seguito di quanto riportato dalla Professoressa Maria Paola Landini,
direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia del Policlinico
S.Orsola-Malpighi, in data 22 settembre 2016, in sede di Assemblea
Legislativa Regione Emilia-Romagna dov’era in atto un confronto in
merito alla discussa legge che dovrebbe attivare, in modo
anti-costituzionale, l’obbligatorietà vaccinale per l’accesso agli asili
nido di quella regione. La Professoressa Landini ha affermato
che qualche mese prima, nel suo laboratorio, dove ogni mattina arrivano
dai 4000 ai 5000 barattoli di campioni da analizzare, da un’ulcera
aperta di un paziente adulto (qui al minuto 46:55) è stato isolato un Corynebacterium difterico che non vedevano da trent’anni.
In pratica, per i non addetti ai lavori, trattasi di una localizzazione cutanea della difterite
che si verifica in persone con scarsa igiene personale o entrati in
contatto con bovini che albergano il batterio nel loro naso e nella loro
gola, oppure in persone che hanno bevuto latte non pastorizzato, oppure
in persone che hanno mangiato latticini prodotti con latte non
pastorizzato. In questi caso si parla di Corynebacterium ulcerans, ovvero un nodulo difterico non tossigenico che,
al massimo, porterebbe a una banale faringite curabile anche con i
rimedi della nonna e non necessariamente con l’uso di antibiotici mirati
[eritromicina e penicillina G].
Dal 3 novembre 2016, il Prof. Ricciardi
non ha fatto altro che utilizzare questo episodio per diffondere
terrore, ma, secondo lui, la stampa ha travisato il messaggio e l’ha
immediatamente trasformato in “un caso di difterite” che ha scatenato il panico. Tuttavia, crediamo che il Prof. Ricciardi
sia sceso a più miti consigli nel momento in cui ha iniziato a girare
la notizia corretta e si è ricordato di avere a che fare con un pesante esposto nei suoi confronti per ”procurato allarme”
a seguito delle sue reiterate affermazioni relative al fatto che il
calo delle vaccinazioni potrebbe provocare chissà quali pestilenze.
Se
da un lato è paradossale la tempistica con cui si è diffuso il panico,
ancor più paradossale è che nessuno abbia corretto il tiro nei
precedenti 15 giorni, così come è ampiamente esecrabile il comportamento
di taluni promotori vaccinali che si sono dichiarati “dispiaciuti per il mancato caso di difterite” e nessuno si è sognato di scrivere che la mortalità per difterite in Italia è stata, anche alcuni decenni fa, molto bassa: sono decedute per difterite 131 persone nel 1965, solo 4 nel 1980 e mai più nessuno dal 1990.
La mortalità per difterite in Italia è sempre stata molto bassa non certo per merito delle campagne vaccinali.
Infatti, la malattia, prima della diffusione della vaccinazione, era
più frequente nei bambini di età inferiore ai 15 anni, ma con la
diffusione della prevenzione attiva la difterite è diventata più
frequente nelle classi d’età più avanzate, anche se vaccinate, se si
pensa che la legge per la vaccinazione obbligatoria risale al 1939.
La difterite è una
malattia a patogenesi esotossica e la vaccinazione in ultima analisi
protegge ipoteticamente soltanto dagli effetti dannosi [o meglio letali]
dell’esotossina, senza essere in grado di difendere direttamente
dall’infezione. E tutto ciò è inficiato anche da molti altri fattori che
modificano il decorso della malattia, come la virulenza dell’agente
infettivo, la grandezza del sito di inoculum e le condizioni immunitarie del soggetto colpito.
Per meglio intenderci, il caso di Bologna
rientra in quella casistica di persone che, dopo aver superato la
faringite difterica, possono ammalarsi di nuovo di difterite a localizzazione cutanea.
Da tutto ciò deriva che è possibile la presenza di uno stato di portatore anche dopo estese campagne vaccinali, soprattutto negli adulti che si presentano più spesso come asintomatici.
Infatti, malgrado le più intense campagne vaccinali, il Corynebacterium diphtheriae
è sempre circolante in molte parti del mondo e difficilmente potrà
essere debellato, proprio per la sua caratteristica a divenire un comune
abitante, quando sprovvisto della capacità di sintetizzare la tossina.
La vaccinazione antidifterica non
conferisce immunità permanente, così come questo caso di Bologna non
rappresenta affatto una novità ….. E l’Istituto Superiore di Sanità lo
sa molto bene.
Pertanto, anziché fare terrorismo in
merito a un risibile calo delle vaccinazioni, sarebbe meglio poter
leggere informazioni corrette. E’ solo colpa dei giornalisti oppure
qualcuno ha dimenticato i dati nel cassetto?
Infine, la cosa che deve preoccupare seriamente il nostro sedicente espertone dell’Istituto Superiore di Sanità
è comprendere perché l’Italia [come molti Paesi europei] è sprovvista
di uno dei pilastri terapeutici più efficaci che dev’essere
somministrato precocemente, anche in attesa della conferma diagnostica
di difterite, ovvero la singola dose di antitossina di cavallo
[un’antitossina umana], unico e vero motivo per il quale è morto il
bambino spagnolo che tanto viene assunto ad emblema contro i cattivoni
che criticano [a ragione] gli attuali calendari vaccinali suggeriti
dalle aziende del farmaco.
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