La battaglia per il dominio del commercio mondiale va a favore della Cina. Di fronte alle minacce di Donald Trump d’imporre barriere tariffarie e liquidare gli accordi di libero scambio, come l’alleanza TPP, Pechino tesse rapporti coi vari partner importanti di Washington. Nel XXIV vertice APEC è apparso chiaro che la fine imminente del TPP sia un’ottima opportunità per la Cina che, sorprendentemente, ha proposto ai Paesi che hanno firmato il TPP a febbraio la costruzione di un grande accordo di libero scambio, senza gli Stati Uniti.
L’influenza degli Stati Uniti nel commercio mondiale svanisce. Poco dopo
la vittoria elettorale di Donald Trump su Hillary Clinton, la squadra
del presidente Barack Obama ha sorpreso amici e nemici abbandonando,
improvvisamente, la pressione intensa sul Congresso per la ratifica
dell’accordo transpacifico di cooperazione economica (TPP). La fine del
TPP è imminente. Secondo le disposizioni, per entrare in vigore è
necessaria l’approvazione legislativa di almeno sei Paesi e, in
parallelo, questi devono totalizzare l’85% del prodotto interno lordo
(PIL) dei 12 membri.
L’economia degli Stati Uniti ne rappresenta da sola
oltre il 60%. Pertanto, una volta che Obama cede il TPP a Trump, è
quasi certo sarà sepolto dal prossimo Congresso degli Stati Uniti.
Michael Froman, rappresentante del commercio degli Stati Uniti, aveva
già avvertito a luglio che se i legislatori del Paese non ratificavano
il TPP, le “chiavi per il castello” della globalizzazione sarebbero
passate alla Cina. Parole profetiche. Le aspirazioni imperiali di Obama
sono fallite e gli USA non detteranno più le regole del gioco.
Attualmente, la maggior parte del commercio si concentra in Asia, Cina
in testa. I leader di Pechino lavorano da tempo su varie iniziative di
libero scambio multilaterali, per consolidare l’influenza regionale e
globale con il Partenariato regionale globale economico (RCEP) e
L’Accordo per il libero commercio in Asia-Pacifico (FTAAP). Al XXIV
vertice della Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), tenutosi a
Lima (Perù),
Il Presidente della Cina Xi Jinping ha proposto ai Paesi
firmatari del TPP diAmerica (Cile, Messico e Perù) e Oceania (Australia e
Nuova Zelanda), l’adesione agli accordi di libero scambio promossi dal
suo governo e all’Associazione delle Nazioni del Sudest asiatico
(ASEAN). Ma quale delle due iniziative di libero scambio promosse dalla
Cina davvero soppianterà il TPP?
Per Pechino sarà difficile attuare il FTAAP, che comprende gli Stati Uniti; perché se Donald Trump finora s’è categoricamente opposto al TPP, è chiaro che non sosterrà un’iniziativa sul libero scambio guidata dalla Cina. Si ricordi anche che Trump ha promesso agli elettori di abbandonare, o nel migliore dei casi rinegoziare, gli accordi di libero scambio che gli Stati Uniti hanno firmato negli ultimi decenni.
A suo
avviso, gli accordi come il North American Free Trade Agreement (NAFTA,
per il suo acronimo in inglese) sono un disastro. In questo scenario, la
Cina cerca di far aderire alla sua causa i principali partner
commerciali degli Stati Uniti, con l’impegno a continuare a favorire la
libera circolazione delle merci.
Dal mio punto di vista, il RCEP è
l’iniziativa di libero scambio che dà alla Cina la possibilità di
colmare il vuoto che Washington lascia col TPP. “La Cina dovrebbe
redigere un nuovo accordo che soddisfi le aspettative del settore e
continuare lo slancio per la creazione di una zona di libero scambio”,
dichiarava ai primi di novembre Li Baodong, Viceministro degli Esteri
della Cina. Il RCEP comprende i Paesi membri del TPP meno Canada, Cile,
Messico, Perù e ovviamente Stati Uniti. Con oltre 3 miliardi di
abitanti, il RCEP comprende gli altri Paesi asiatici dal grande
dinamismo economico: Cambogia, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia,
Filippine, Laos, Myanmar e Thailandia.
Sorge allora la domanda se la
RCEP sia una sorta di espansione del TPP, con la Cina che sostituisce
gli Stati Uniti. Non esattamente. La portata della RCEP non è la stessa
del TPP. Finora gli obiettivi della RCEP si limitano all’eliminazione
delle barriere tariffarie. Il TPP, tuttavia, è molto più di un accordo
di libero scambio, perché tra le altre cose, mette a disposizione delle
grandi aziende i diritti di proprietà intellettuale, minaccia la
protezione dell’ambiente, viola i diritti dei lavoratori e, per quanto
poco, consegna ai tribunali internazionali la risoluzione delle
controversie tra governi e aziende.
Pertanto, diversi leader guardano
favorevolmente al ‘piano B’ suggerito dai cinesi, tra cui il presidente
del Perù Pedro Pablo Kuczynski, che crede che un accordo di libero
scambio alternativo al TPP sia necessario. Sebbene i Paesi dell’Alleanza
del Pacifico (composta da tre membri latino-americani del TPP, più la
Colombia) sono interessati a continuare a mantenere ottimi rapporti con
gli Stati Uniti, allo stesso tempo vogliono avere accordi con Cina e
Russia.
Senza dubbio, l’incertezza politica che affligge gli Stati Uniti dopo le elezioni dell’8 novembre viene magistralmente sfruttata dal drago cinese. Di fronte alle minacce di Trump di aprire una nuova era protezionistica, la risposta di Xi è potente: la globalizzazione del commercio guidato da Pechino continuerà, con o senza appoggio di Washington.
*Economista laureato presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM).
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
https://aurorasito.wordpress.com/2016/11/23/la-cina-prevale-sugli-usa-con-la-fine-imminente-del-tpp/
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