lunedì 12 dicembre 2016

La duplicità

 
Il logos è comune, eppure la moltitudine vive
come se ciascuno avesse la propria intelligenza.
(Eraclito, frammento 2.4)

“Una nuova definizione dell’ego potrebbe essere: la menzogna o la duplicità. Una sorta di meccanismo riflesso comincia a creare impercettibilmente una seconda realtà, quella delle apparenze, quella di ciò che dovrebbe essere, quella di ciò che non sono io. Da far credere e lasciar credere a credere, da credere a fare, da fare a far fare…

Tutte maniere di fuggire dalla realtà e di non sapere più ciò che si sente. Il grande mentitore attira attorno a sé nel suo universo doppio, cedevole, manipolato, ingannatore. Per il grande bugiardo la realtà è una materia da lavorare piuttosto che un dato da osservare.

L’ego è per l’essere autentico ciò che il sistema dei media è per la società reale. Vuole far credere che rappresenta il tutto mentre non è altro che un parassita della presenza autentica. Come i media, agita la gloria e la vergogna, la speranza e la paura, e ci vuole far vivere in un magnifico palazzo di immagini dove l’esistenza è miserabile.

Non siamo sulla terra per conformarci a un’immagine - quella che abbiamo di noi stessi o quella che gli altri hanno di noi - ma per dare o ricevere amore. Non utilizziamo dunque il mondo - gli “sguardi esterni”- come uno specchio che ci dimostri la nostra esistenza. Sei come una persona che vorrebbe costantemente imitare l’immagine che gli rimanda il suo specchio. L’ego ti incatena a “un’identità”.

Ma cosa è l’identità? Un’immagine che avvelena la tua vita sdoppiandola. Che distanza tra il disordine e la qualità mutevole del tuo flusso d’esperienza e l’immagine ideale che ti fai di te! L’ego è un segno che non si nutre che di segni, un parassita che obbliga la vita a lavorare solo per produrre segni di piacere, di felicità, di dominio, di potere, di riconoscenza, di guadagno, etc.

Volevo dimostrare (a chi?) di essere coraggioso. Mi sono messo in situazioni molto difficili in cui ero solo contro tutti, al fine di dimostrare che ero coraggioso. Perché? Chi se ne importa? Ho avuto una vita difficile e piena di conflitti. Ho fabbricato questa vita nella quale potevo mostrare di essere coraggioso. Volevo dimostrare (a chi?) di essere buono.

Ho creato situazioni nelle quali “salvavo” gli altri e nelle quali era evidente che ero buono, gentile. In realtà ho lasciato che approfittassero gravemente di me. Tutti gli eventi della mia vita provengono da questo stupido dibattito che ho con me stesso. Perché ho dato tanta importanza all’idea che mi facevo di me?

Non interessa a nessuno e avrei potuto condurre la mia vita in tutt’altro modo. Invece di esistere, semplicemente, naturalmente, gioiosamente, ho recitato sul palcoscenico del mondo il dramma del mio ego e ho sprecato la mia vita. Tutta la sofferenza inutile viene dalle situazioni che le persone fabbricano perché sono prese dall’attività assurda che lo scenario del loro ego detta loro.

Per liberarti dalla schiavitù dell’ego, vivi dunque sul piano del flusso d’esperienza reale, istante dopo istante, e smetti di perderti nelle tue immagini di te. L’attenzione per l’istante, la vigilanza che impedisce alla mente di smarrirsi nei pensieri, la piena coscienza del corpo vivente, una visione di ampio respiro sulle situazioni, la considerazione sincera e aperta dell’esistenza reale degli altri: tanti modi di ridurre l’impero dell’ego

Lascia che le sensazioni si schiudano da sé invece di raddoppiarle, di offuscarle e di ricoprirle di raffiche di pensieri. la duplicità inizia lì. Vivi per raccontarlo, per raccontartelo o piuttosto vivi, molto semplicemente, qui e ora?”

(Pierre Lèvy, Il fuoco liberatore, Luca Sossella ed.)


fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/11/la-duplicita.html

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