Le dimissioni dell’ex-Generale Michael Flynn sono un duro colpo per Erdogan, di cui era un lobbista a Washington.
Quest’aspetto viene convenientemente ignorato, sebbene dimostri la
realtà della frattura nella dirigenza militar-spionistica-strategica, che va amplificandosi. La Russia non perde nulla dalle sue dimissioni, poiché Flynn è un radicale oppositore dell’Iran.
Tutto ciò è solo l’ulteriore chiarimento e dimostrazione che Mosca deve
continuare a consolidare i rapporti con i suoi veri alleati: Cina,
India, Iran, Vietnam, Iraq, Siria.
La Turchia erdoganista invece esce assai indebolita, nella sua rivolta contro Gladio-B (alias Stato islamico), con le dimissioni del suo referente nell’amministrazione Trump. E, di riflesso, ne esce distrutta anche la delirante posizione dei duginisti. Infatti, a fine gennaio, Dugin aveva invocato un’alleanza con l’America di Trump per procedere allo smembramento della Cina popolare.
Quindi, non solo la pretesa di Washington verso Mosca, di
consegnare la Crimea al regime di Kiev (espressione di Gladio-A, ovvero
sempre della NATO), scredita l’attrattiva dei pericolosi deliri
anti-eurasiatici del ‘geofiloso’ russo innamorato di Himmler e Crowley,
ma svela la trama intessuta da Erdogan che si estende fin negli USA,
dove Flynn era un suo referente, connettendo in modo occulto il
‘geofilosofo’ e la sua cerchia, presente anche in Italia, ai servizi
segreti neo-ottomani, che hanno stabilito proprie filiazioni ideologiche
ed operative anche in Italia, fazioni della CIA e del Pentagono, alla
junta di Kiev e alle bande nazislamiste collegate a Kiev e Ankara,
ramificate dal Donbas alla Siria, sempre passando per le aree
geografiche, mediatiche e sociali dominate dal PD in Italia.
Il gigantesco apparato mediatico-spionistico, costruito in oltre 25 anni di guerra neo-imperialista perpetua da Washington e accoliti (UE, Regno Unito, petromonarchie), si è anche posto delle salde radici nelle società occidentali, allevandone una esigua frazione, ma ponendola al centro dell’“egemonia culturale” di tutta la società capitalistica occidentale.
Riunendo varie forme di minoritarismo, ideologico, sociale,
economico o culturale; associando le frattaglie del settarismo
ideologico di sinistra, anarchismo e neonazismo, coltivati da sempre
dalle intelligence della NATO, alle microfrazioni sociali costruitesi
nei 50 anni successivi al ’68: minoratismo sessuale, ecologismo fringe,
veganismo, genderismo, devianze varie; collegando e connettendo
ideologicamente il tutto tramite le centrali culturali occidentali: la
rete accademica occidentale, prima, negli anni ’60-’90, e poi, negli
ultimi 20 anni, i mass media oramai apertamente schierati nel supportare
l’ideologia dell’imperialismo ultraliberale: una sorta di
condiscendenza violenta globale, le cui armi vanno applicate contro
tutti i refrattari, che siano dentro la società occidentale (aperta
imposizione del silenzio o sfacciata aggressione mediatica), o esterne
al mondo occidentale (sanzioni, sovversione colorata eterodiretta,
guerre interventiste).
Davanti a un tale complesso bellico-mediatico-terroristico (Pentagono,
Gladio, Massmedia), vitalmente alleato al suo unico vero referente, la
finanza internazionale e la sua ideologia, il “finanziarismo” (con le
sue varie declinazioni, non ultimo l”europeismo’ della sinistra liberale
e della destra massonica), anche un presidente degli USA relativamente
autonomo avrà gravi difficoltà, tanto più se le sue fila sono composte
da frammenti e derivazioni del complesso ideologico-operativo avverso. I
presidenti ‘pro-attivi’ degli USA soffrono del complesso di inferiorità
verso la figura di Franklin Roosevelt, ma lui, all’epoca, nel
1932-1945, poté contare su potenti forze: un’industria metalmeccanica
che guardava avanti e non temeva i patti sociali con la massa della
società, composta dai lavoratori organizzati, la classe operaia
industriale, all’epoca guidata sul serio dal Partito Comunista degli
USA.
Un movimento supportato da un ceto intellettuale di prim’ordine,
che fosse un Upton Sinclair o un Nicholas Spykman, sui vari fronti
ideologico-culturali dell’epoca. Non a caso, furono le sette trotskiste
ad organizzare il sabotaggio di questo ampio fronte di rinnovamento
sociale, aizzandovi contro una frazione semiautonoma dei lavoratori
statunitensi, i camionisti.
Furono al solito l’avanguardia; pochi anni
dopo, subito dopo l’assassinio di Roosevelt (avvelenato), le forze
neoliberiste avviarono la lunga revanche culminata nel ventennale
monopolarismo mondiale degli USA, e questo grazie all’epurazione nella
società statunitense e occidentale, contro la solidità delle
organizzazioni operaie, inoculando il virus della frammentazione
socio-culturale (settarismo politico, cultismi, tossicodipendenze,
mafie, promozione delle devianze e della confusione) e costruendo una
potente macchina propagandistica, che vede lo stretto connubio tra mass
media (disinformazione), intelligence (propaganda) e accademie
(settarismo culturale).
Tutto ciò ha distrutto quel tessuto
socio-culturale ed economico che permise agli USA di Roosevelt di
vincere la Seconda guerra mondiale e di avviare la corsa al nucleare,
allo spazio, all’informatica e il 30ennio di crescita economica
(1945-75), conclusosi con l’ascesa al potere del neoliberismo settario.
Perciò, tutti i presidenti che hanno tentato di scimmiottare il
rooseveltismo, come Kenendy, Johnson (comunque il migliore), Clinton,
Obama e forse Trump, hanno fallito e falliranno perché la macchina di
cui o sono espressione o che pretendono di combattere, ha inghiottito
quelle forze con cui potevano permettersi di riformare e sanare gli USA.
Difatti, davanti alle promesse avanzate, costoro non hanno mai concluso
di fatto nulla. Perché?
Perché le forze sociali capaci di tanto sono
state distrutte, poiché avrebbero anche ostacolato i deliri monopolari
del “finanziarismo” occidentale e del suo complesso bellico-mediatico.
Tanto più che tale Idra è capace solo di produrre devastazioni, ma mai di risolverle,
lampante dimostrazione di come il coagulo economico-sociale liberista, e
la sua promanazione ideologica, il liberalismo anarcoide, oggi
dominanti in occidente, siano difatti un fallimento storico, epocale,
esistenziale.
Riassumendo: le dimissioni di Flynn ridimensionano una fazione interventista (atlantista-fratellanzamussulmana) rispetto a un’altra (atlantista-wahhabita). E il riflesso operativo, sul campo, di tali scontri di vertice nel centro dell’imperialismo, Washington, sono gli scontri armati tra le varie bande terroristiche che appestano la Siria. Lotte intestine che solo il 14 febbraio hanno visto almeno 70 terroristi eliminarsi amorevolmente a vicenda.
La Russia ha un’ulteriore conferma in tutto ciò: proseguire nel consolidamento dei rapporti con i veri alleati, neutralizzando od abbandonando ai loro deliri i sabotatori infiltrati tra le file amiche.
Alessandro Lattanzio, 15/2/2017
Riferimenti:
FNA
Daily Caller
Haaretz
South Front
The Hill
fonte: https://aurorasito.wordpress.com/2017/02/15/flynn-mette-trump-al-passo-con-la-storia-degli-usa/
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