La schizofrenia è un grave disturbo psichiatrico, espressione di una grande alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo con compromissione delle percezioni e dell’esame di “realtà”.
Il concetto di “realtà”
Il concetto di realtà è intrinsecamente
legato all’ontologia, cioè alla disciplina filosofica che si occupa di
ciò che esiste, ed è molto diverso se esaminato da un fisico (tanto più
se è un fisico quantistico), da un matematico (tanto più se è un logico e
ancor di più se non è un logico classico) o da uno psichiatra che fa
una diagnosi.
Per un fisico è reale ciò che è misurabile. In meccanica
quantistica una grandezza fisica misurabile è descritta matematicamente
da un operatore autoaggiunto, detto osservabile. Per un logico classico
la verità logica e la realtà sono sinonimi mentre per un logico
costruttivista è vero ciò che è dimostrabile.
Nella logica quantistica
standard una proposizione, entità logica portatrice di valore di verità,
è in corrispondenza biunivoca con un osservabile (un proiettore). Un
proiettore esegue una misura. Il contenuto semantico in questo caso è
l’evento (il risultato della misura). Ma il contenuto semantico di una
proposizione può essere individuato anche dall’informazione codificata
in un certo stato del sistema. Questo è un altro punto di vista delle
logiche dette “quanto-computazionali” (Dalla Chiara et al, 2003).
John Archibald Wheeler
Per John Archibald Wheeler, grande
fisico teorico, padre della gravità quantistica, la concezione della
realtà è “It from bit” (Digital Physics). Successivamente Paola Zizzi ha
proposto un’estensione quantistica della fisica digitale: la
Computational Loop Quantum Gravity (CLQG), dalla quale si deduce che il
concetto di realtà è esprimibile come “It from qubit”1 (Zizzi, 2004,
2005), ovvero la realtà è informazione, I, possibilmente quantistica.
Come si possono conciliare i concetti di
realtà come verità logica dimostrabile, osservabile quantistica, e “It
from (Qu)-bit”? E come si può riportare tutto ciò alla concezione della
realtà in una diagnosi psichiatrica?
A questo riguardo va osservato che i
sintomi della schizofrenia acuta sono per loro natura delle aberrazioni
delle esperienze consce. Come riportato in un recente Ciba Foundation
Symposium ( Bock, 2007) le attuali teorie sui meccanismi che sottostanno
alle manifestazioni schizofreniche si distinguono tra loro
relativamente a quattro livelli di descrizione: quello neuroanatomico,
quello neurochimico, quello cognitivo, e quello sintomatologico.
Tuttavia ciò che emerge è l’attuale mancanza di una teoria di base
condivisa sui legami tra la manifestazione di eventi coscienti e le basi
neurali del cervello (problema formulato da David Chalmers e noto come
“The hard problem”) (Chalmers 1995). Questo problema rende a tutt’oggi
arduo se non impossibile pensare a teorie che tocchino le basi e le
cause di tale sintomatologia. In questo lavoro introdurremo alcune
considerazioni che mostrano come la Teoria Quantistica possa fornire
utili suggerimenti in proposito e che potrebbero aiutarci ad avvicinarci
alla costruzione di tali teorie.
2. La mente quantistica.
Esistono numerose teorie quantistiche
basate sulla comune premessa che la Meccanica Quantistica possa aiutarci
ad ottenere quella comprensione della mente (soprattutto della
coscienza) che la Meccanica Classica non riesce a fornire (Vannini
2008).
Tra le teorie quantistiche più discusse
ricordiamo la teoria di Hameroff-Penrose: “Orchestrated Objective
Reduction” (Orch-OR) (Hameroff and Penrose, 1995, Hameroff, 2007) .
[BOX-1] A questo proposito dobbiamo tenere presente che il cervello
umano è costituito da 10^10-11 neuroni (il neurone è la cellula
fondamentale del sistema nervoso), ciascuno dei quali a sua volta
contiene 10^4 microtubuli (MTs). Questi ultimi, poi, sono composti da
costituenti ancor più piccoli di natura proteica chiamati tubuline
(10^7-8 per neurone).
Secondo Penrose, l’evento cosciente
nell’uomo, ovvero il passaggio dallo stato di pre-coscienza allo stato
di coscienza, avviene in corrispondenza al raggiungimento, all’interno
dei MTs, dello stato di massima “eccitazione coerente”. Come gli
elettroni nella superconduttività (i quali muovendosi all’unisono
permettono alla corrente di fluire senza ostacoli) così gli stati
quantici presenti nei MTs cerebrali raggiungerebbero un valore soglia di
coerenza che a seguito di effetti gravitazionali collasserebbero in
modo orchestrato ogni 500 ms. La perdita di coerenza orchestrata
(Objective Reduction) ciclica e ripetuta si tradurrebbe nella
generazione di eventi fisici classici a cui sarebbero imputabili gli
eventi di coscienza definiti in modo folkloristico “BING” da Stuart
Hameroff (Hameroff at Google, 2008).
I fenomeni di coerenza quantistica,
oltre a spiegare razionalmente le dinamiche dei processi, darebbero
conto anche di quello che Penrose chiama aspetto olistico della mente.
Il processo cosciente non può mai essere frutto dell’attivazione di una
singola area del cervello ma deve scaturire dall’azione concertata in un
gran numero di zone. L’oscillazione coerente dei MTs, la quale
interessa la maggior parte del cervello, provvederebbe a quel
collegamento globale essenziale per l’estrinsecazione dell’atto mentale,
che per sua natura è classico ed euclideo. Tuttavia l’elaborazione di
informazione associata ai processi coscienti necessita di una
descrizione della logica sottostante ai processi stessi in termini di un
certo linguaggio formale, ma quale?
Per un fisico classico, è sufficiente la
logica classica. Per un fisico quantistico, si pensava fosse
sufficiente la logica quantistica ortodossa (Birkhoff and Von Neumann,
1936). Ma l’informazione quantistica è elaborata da un computer
quantistico, che non è un sistema quantistico “tout court” ma un sistema
quantistico che computa ed ha delle caratteristiche “extra” che devono
essere tenute in conto dalla logica che lo descrive. Serve, pertanto,
una nuova logica per il calcolo quantistico (le logiche
quanto-computazionali, finora non hanno fornito un calcolo di deduzione
logica, dei sequenti, ma principalmente la semantica).
3. Metalinguaggio e controllo quantistico
Lo studio della “logica naturale” dei
processi mentali è molto importante per lo sviluppo di un approccio
costruttivista alla logica, secondo il quale la logica è un prodotto
della mente e non è data di fatto come già esistente in un opportuno
“mondo delle idee” di stampo platonico. A questo riguardo ci sono due
possibili punti di vista, quello microscopico e quello macroscopico. Il
secondo ci dice che si può partire dalla fenomenologia dei “processi di
pensiero”, così come studiati nell’ambito della Scienza Cognitiva che,
comunque, manca tuttora di una teoria unificata in proposito.
Anche gli
studiosi di filosofia della mente assumono in generale il punto di vista
macroscopico (Kim, 2006; Braddon-Mitchell e Jackson, 2007; McLaughlin
et al., 2009). Lo stesso si verifica per gli approcci costruttivisti,
come il costruttivismo dinamico (Sambin, 2002), che sembrano poggiare su
una interpretazione cognitiva e/o sociale dei processi mentali.
Invece il primo punto di vista, quello
microscopico, si concentra sui processi quantistici che avvengono nel
cervello e può essere formalizzato dalla Teoria Quantistica. I due punti
di vista, comunque, non sono incompatibili, ma riguardano solo contesti
diversi. In ogni caso il punto di vista microscopico, che può
appoggiarsi su un formalismo matematico, è più adeguato allo studio di
un sistema logico che sottende i processi mentali.
Se ora si adotta un punto di vista
microscopico è più facile focalizzarsi su un metalinguaggio quantistico,
che noi riteniamo essere un aspetto emergente dei processi quantistici
che avvengono nel cervello. In generale il termine “metalinguaggio”, qui
brevemente denotato con M, sta ad indicare un linguaggio che “parla” di
un altro linguaggio L, detto “linguaggio-oggetto”. Si può vedere il
metalinguaggio M come una caratteristica emergente del pensiero umano,
pur di adottare un approccio costruttivista alla logica. Tuttavia il
ruolo di M è assai importante nell’ambito dell’informatica, dove assume
il ruolo di descrittore del sistema di controllo di un opportuno
dispositivo o software (Van Harmelen, 1991).
Si può tuttavia notare che, nell’ambito
di un sistema quantistico, il controllo (D’Alessandro, 2008) e quindi
l’azione esercitata da M – non può essere esercitato servendosi di
normali azioni di misura (tecnicamente si parla di “misure proiettive”,
in quanto “proiettano” le molteplici potenzialità di un generico stato
quantistico su una particolare specifica implementazione) in quanto esse
distruggerebbero le caratteristiche tipiche del sistema quantistico
stesso, derivanti dal fatto che le sue potenzialità sono legate dal
fatto di essere una sovrapposizione lineare di più stati di base
differenti.
Occorre dunque ricorrere alle cosiddette “misure deboli”
(Aharonov and Vaidman, 1988) che, pur non perturbando apprezzabilmente
il sistema, consentono di conoscere le caratteristiche dei suoi stati
quantistici. Il problema sollevato dall’utilizzo delle misure deboli è
che esse danno luogo a stati quantistici di nuovo tipo, che
generalizzano gli “stati coerenti” di tipo tradizionale, usati per
esempio per descrivere la luce laser.
Questi nuovi stati coerenti
generalizzati rappresenterebbero la più profonda essenza dei processi
mentali e, soprattutto, delle azioni di controllo sul pensiero, sul
linguaggio e sull’azione esercitate dalla mente umana. Tuttavia la loro
descrizione richiede una logica che, pur ispirata ad alcuni tipi di
logica costruttivista, come la Basic Logic (Sambin et al., 2000),
introduce concetti del tutto nuovi, come quello di “gradi di asserzione”
delle proposizioni dati, in generale, da numeri complessi. Noi
riteniamo che essa possa essere utile anche per affrontare il problema
del linguaggio logico di un paziente schizofrenico, come cercheremo di
delineare nei paragrafi che seguono.
4. Una nuova logica per l’informazione quantistica: una nuova logica per l’“It from qubit”.
Cos’è la computazione quantistica?
Mentre nella computazione classica l’informazione binaria è comunemente
rappresentata in termini di bits (che assumono valori 0 e 1) nella
computazione quantistica l’informazione può esistere sotto forma di
sovrapposizioni di valori 0 e 1 chiamati quantum bits o qubits. I qubits
interagiscono o computano mediante un intreccio chiamato entanglement.
Il collasso o riduzione degli stati fornisce, poi, la produzione di un
risultato del calcolo espresso tramite i bits classici.
Nel modello Orch-OR la computazione
quantistica avviene nei MTs. L’input classico ai MTs avverrebbe
attraverso la connessione con le proteine associate ai MTs (MAP-2), che
sintonizzano (orchestrando) il calcolo quantistico. L’output classico è
dato dagli stati conformazionali che ciascuna tubulina assume nel
momento del collasso della sovrapposizione quantistica, tradotta
successivamente in eventi classici secondo opportune leggi che fungono
da base per i successivi controlli neuronali come, ad esempio,
l’insorgenza di spikes, i rapporti complessi tra le proteine
citoplasmatiche e la modulazione di MAP-2 e della gap-junctions per
preparare il successivo input classico. Questi eventi ciclici sono anche
definibili come “esperienze fenomenali soggettive” (che non possono
essere comunicate a nessuno) che in filosofia sono note come “qualia”.
Nel modello di Penrose la sovrapposizione quantistica è vista come una
separazione fondamentale della geometria spazio-temporale. Secondo una
visione filosofica pan-protopsichica, i qualia sono inclusi nella
geometria spazio-temporale fondamentale (alla scala di Planck) ed il
processo Orch-OR permetterebbe di avere accesso e di selezionare
specifici sets di qualia per ogni singolo evento conscio.
Se l’inconscio computa veramente secondo
modalità quantistiche significa che esso “prepara” ad incredibile
velocità ciò che noi riconosciamo come pensiero conscio, che è
“classico” e deriva in effetti da una misura (una scelta). Non abbiamo
molto tempo per rielaborare gli outputs dell’inconscio (solo mezzo
secondo). Per questo il nostro pensiero classico è più che altro un
flusso di prese di coscienza e non veramente un computer classico.
Usiamo l’informazione (parziale) ottenuta da un gran numero di misure
(collassi OR, secondo Penrose), ma in effetti non calcoliamo niente di
nuovo.
Penrose sostiene a ragione che molti dei
nostri processi cognitivi coscienti non sono algoritmici. Quando
“dimostriamo un teorema” traduciamo soltanto, in termini di logica
classica, ciò che abbiamo veramente calcolato durante lo stato inconscio
in cui agivamo come computers quantistici. Il teorema di Gödel ha
dimostrato, nell’ambito della teoria dei numeri e di quella degli
insiemi, nonché nell’analisi matematica, che non è mai possibile
giungere a definire la lista completa degli assiomi che permetta di
dimostrare tutte le verità di una teoria sufficientemente complessa.
Per
queste ragioni è chiamato anche teorema di incompletezza. Rivedendo
questo teorema in chiave quantistica, si deduce che noi “sappiamo” che
esso è “vero” perché è dimostrabile nella fase inconscia. Tuttavia, noi
non siamo in grado di ripercorrere tutti gli steps computazionali
quantistici, non siamo in grado cioè di “tradurre” il calcolo
quantistico in un calcolo classico. Quindi il teorema di Gödel ci appare
vero ma non dimostrabile.
Ma per il nostro inconscio il teorema è
simultaneamente vero e falso (sovrapposizione quantistica) ed è
dimostrato. Alla fine del calcolo, il valore risulterà vero con una
certa probabilità. Quindi durante il calcolo quantistico, il sistema
formale è (classicamente) inconsistente (si usa chiamarlo
“paraconsistente”) e completo. Alla fine della computazione quantistica,
il sistema formale ci appare consistente e incompleto. Ma è solo un
problema della nostra coscienza, non un vero “no-go theorem”.
5. La logica dell’inconscio
Questo curioso e paradossale modo di
descrivere i processi di dimostrazione quantistica suggerisce un
parallelo con la logica apparentemente paradossale che caratterizza
patologie mentali come la schizofrenia. La domanda fondamentale è
dunque: come si può interpretare in termini di Meccanica
Quantistica (e
logicamente) una psicosi, ovvero la difficoltà del paziente
nell’interagire con il mondo esterno?
Pensiamo all’inconscio come ad un
computer quantistico. Nel computer quantistico agiscono cancelli logici
quantistici che sono descritti matematicamente da operatori unitari U
che operano trasformazioni reversibili e soddisfano una regola del tipo:
Tra questi, i più importanti sono
l’Hadamard, che su un input classico agisce creando sovrapposizione
quantistica e lo XOR, che, dati due qubits, crea l’entanglement.
Se per qualche motivo questi cancelli
logici si bloccano (non si riesce a fare l’operazione inversa di
decoerenza e disentanglement), la coscienza resta bloccata in uno stato
quanto-computazionale.
Questi cancelli logici quantistici sono di natura
materiale, formati da atomi, ioni, ecc. È possibile quindi che un
“reset” dei cancelli logici, apportato da psicofarmaci mirati o da altre
tecniche, riesca a sbloccare la situazione. Va ora tenuto presente che
il pre-conscio è lo strato psichico a cui si può accedere più
facilmente, in quanto interposto tra conscio e inconscio (Kircher,
2003). Quando il passaggio dall’inconscio al conscio non trova sbocco
nel pre-conscio, la comunicazione classica diventa impossibile (nei casi
di psicosi tipo borderline e schizofrenia).
Questo è dovuto al fatto
che normalmente noi usiamo, quando interagiamo con gli altri e con lo
stesso paziente, un metalinguaggio classico, che non è riconosciuto
affatto dal linguaggio logico del paziente, che è quantistico
(descritto, come abbiamo visto nel paragrafo 3, da una logica
sub-strutturale, paraconsistente, e di tipo simmetrico, che generalizza
quelle proposte dagli intuizionisti). [Box-2]. La comunicazione tra
paziente e mondo esterno potrebbe, quindi, basarsi solo sull’aspetto
logicoformale
6. La relazione tra la verità osservabile e la verità matematica di Penrose alla scala di Planck.
Solo un osservatore interno – al
computer quantistico (CQ)– (Internal Observer, “I.O.”) sarebbe in grado
di accedere alla verità globale nella sua interezza eseguendo un’unica
misura interna (U).
L’I.O. è un’astrazione matematica: è l’abitante di
uno spazio quantistico dove si pensa immerso il
CQ. Ogni cella elementare dello spazio quantistico racchiude, per il principio olografico quantistico2 (Zizzi, 2000), un qubit di informazione “It-from-qubit”. Se lo spazio quantistico ha un numero di celle uguale al numero di qubits del CQ, lo spazio e il sistema, entrambi quantistici, sono in corrispondenza uno-a-uno. Un esempio è il caso di un sistema a due livelli; il primo livello è il qubit (il cui spazio degli stati è la sfera di Bloch), il secondo livello è lo spazio quantistico in cui si pensa immerso (la sfera fuzzy a due celle).
CQ. Ogni cella elementare dello spazio quantistico racchiude, per il principio olografico quantistico2 (Zizzi, 2000), un qubit di informazione “It-from-qubit”. Se lo spazio quantistico ha un numero di celle uguale al numero di qubits del CQ, lo spazio e il sistema, entrambi quantistici, sono in corrispondenza uno-a-uno. Un esempio è il caso di un sistema a due livelli; il primo livello è il qubit (il cui spazio degli stati è la sfera di Bloch), il secondo livello è lo spazio quantistico in cui si pensa immerso (la sfera fuzzy a due celle).
La teoria della gravità quantistica
assume che lo spazio-tempo quantistico sia di natura discreta. Ciò
significa che esso non è continuo ma esiste solo come insieme di
specifiche unità quantistiche discrete di area e volume misurabili
mediante un’unità fondamentale nota come lunghezza di Planck
(1,61·10^-35 m). L’I.O. vivrebbe, dunque, alla scala della lunghezza di
Planck; sarebbe anch’egli parte della gravità quantistica mentre
“osserva” il processo quanto-computazionale.
La verità-osservabile che l’I.O. osserva è la verità matematica di Penrose che risiede appunto alla scala di Planck.
L’interpretazione logica dell’I.O.
consiste in effetti in un osservatore classico (esterno) che adotta un
metalinguaggio quantistico per controllare il linguaggio-oggetto del
computer quantistico. In pratica, il finto I.O. imbroglia la macchina.
D’altra parte, l’I.O. deve considerare che alla scala di Planck si
origina la teoria quantistica della mente di Penrose. L’I.O. fittizio
può infiltrarsi, dunque, tramite il metalinguaggio quantistico,
nell’inconscio quantistico.
Se uno psicoterapeuta riuscisse ad
adottare un metalinguaggio quantistico in modo da inserire un I.O.
fittizio in grado di controllare il calcolo quantistico si potrebbe
prospettare un ripristino della comunicazione tra il paziente ed il
mondo esterno. Anche se questo processo è possibile, tuttavia la sua
implementazione concreta richiede un gran numero di ulteriori conoscenze
che ancora non possediamo. Vi è comunque il sospetto che, pur non
conoscendo una “tecnologia” d’uso del metalinguaggio quantistico, già in
passato, e anche attualmente, molti terapeuti abbiano di fatto
utilizzato, senza saperlo, un metalinguaggio quantistico per comunicare
con successo con i propri pazienti (Zizzi, 2009).
7. Conclusione
Anche se ancora non sappiamo come
adottare un metalinguaggio quantistico, tuttavia va sottolineato come le
acquisizioni della Meccanica Quantistica forniscano un quadro di
riferimento concettuale che potrebbe aiutare nel facilitare la
comunicazione terapeuta-paziente nel caso di patologie mentali come la
schizofrenia. Quindi la ricerca dovrà puntare su domini come lo studio
del cervello, delle teorie quantistiche e delle fenomenologie
comportamentali di soggetti afflitti da problemi mentali con lo scopo di
ottenere progressi nella direzione di individuare una “tecnologia”
quantistica di interazione con questo tipo di soggetti.
[a] Dipartimento di
Matematica Pura ed Applicata – Via Belzoni 7, Università di Padova –
35131 Padova – Italy zizzi@math.unipd.it
[b]QuantumBiolab-
Dipartimento di Chimica Farmaceutica – Viale Taramelli 12, Università
degli Studi di Pavia, 27100 Pavia – Italy – maxp@quantumbionet.org
Ringraziamenti:
Si ringraziano il Prof. Eliano Pessa per i preziosi suggerimenti forniti durante la stesura del testo e Valeria Pappalardo per il supporto tecnico.
Si ringraziano il Prof. Eliano Pessa per i preziosi suggerimenti forniti durante la stesura del testo e Valeria Pappalardo per il supporto tecnico.
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