“La saggezza non è un prodotto dell’istruzione,
ma del tentativo di acquisirla, che dura tutta la vita.”
(Albert Einstein)
“Un
giorno il Buddha tornò dalla foresta con in mano una manciata di foglie
di simsapa. Sorridendo, guardò i suoi monaci e disse: «Cari amici,
ritenete che le foglie che ho in mano siano numerose quanto le fogli
della foresta?» Naturalmente i monaci risposero: «Caro Maestro, tu hai
in mano dieci o dodici foglie, nella foresta ce ne sono milioni e
milioni!»
Il
Buddha disse: «È vero, amici cari, io ho moltissime idee, ma non ve le
dico tutte, perché avete bisogno di lavorare alla vostra personale
trasformazione e guarigione. Se vi do troppe idee vi bloccate e, a quel
punto, non avrete nessuna possibilità di cogliere le vostre intuizioni
profonde personali.»
In
che modo, dunque, percepire il mondo senza queste idee preconcette?
Come considerarlo alla luce della vera consapevolezza? Ci sono tre
nature che descrivono il nostro modo di percepire il mondo a vari
livelli di consapevolezza: parikalpita, paratantra e parinispanna. La
prima natura è parikalpita, le nostre costruzioni mentali collettive.
Noi
tendiamo a credere in un mondo solido e oggettivo e consideriamo le
cose dotate di un’esistenza autonoma: tu sei al di fuori di me, io sono
al di fuori di te. La luce del sole è esterna alla foglia, la foglia non
è la nuvola. Le cose sono l’una al di fuori dell’altra. È questo il
modo in cui ognuno di noi vede le cose. Ma quel che tocchiamo, vediamo e
sentiamo è soltanto una costruzione mentale collettiva: ciò che la
maggioranza di noi considera essere la natura propria del mondo è solo
la natura di parikalpita.
La
persona che ti sta accanto dice di vedere e sentire la stessa cosa che
vedi e senti tu? Non accade perché quello è l’unico modo, il modo
obiettivo, di vedere il mondo; accade piuttosto perché quella persona è
fatta quasi come te e percepisce sostanzialmente le stesse cose che
percepisci tu. Sappiamo di non vedere solo con gli occhi: gli occhi si
limitano a ricevere l’immagine che poi viene tradotta nel linguaggio
degli impulsi elettrici.
Anche
i suoni che udiamo vengono ricevuti e tradotti in impulsi elettrici.
Suoni, immagini, stimoli tattili e odori sono tradotti tutti in impulsi
elettrici che la mente può ricevere ed elaborare. Nel “Sutra del
Diamante” il Buddha dice: «Tutti i dharma (oggetti, fenomeni)
condizionati sono come un sogno, sono come oggetti magici, sono come
bolle nell’acqua, sono come mere immagini, come una goccia di rugiada,
come la luce improvvisa del lampo…»
Ciò
che riteniamo essere personalità, persone, entità, fenomeni, non sono
altro che costruzioni mentali; si evolvono in molti modi diversi, ma
sono tutte manifestazioni che provengono dalla nostra coscienza. Sapendo
che il mondo in cui viviamo è parikalpita, osserviamo a fondo il mondo
della costruzione mentale ed entriamo in contatto con il secondo tipo di
percezione, paratantra.
Paratantra
significa “reciprocamente dipendenti”, “che si appoggiano gli uni agli
altri per potersi manifestare.” Tu non puoi “essere” ossia esistere per
conto tuo: hai bisogno di inter-essere con tutto il resto. Osservando
una foglia puoi vederci dentro la nuvola e la luce del sole; l’uno
contiene in sé il tutto.
Se
dalla foglia rimuoviamo quegli elementi, non resta più alcuna foglia.
Un fiore non può mai esistere per conto proprio: per potersi manifestare
deve contare su molti “elementi non-fiore.” Se osservando il fiore
vediamo un’entità separata, ci troviamo ancora nella sfera di
parikalpita. Se guardando una persona - nostro padre, nostra madre,
nostra sorella, il nostro partner - la consideriamo dotata di un sé
(atman) separato, vuol dire che ci troviamo ancora nel mondo di
parikalpita.
Per
scoprire la natura “vuota” delle persone e delle cose occorre l’energia
della presenza mentale e della concentrazione. Grazie a esse passi la
giornata in presenza mentale: osservi in profondità tutte le cose con
cui entri in contatto, senza più lasciarti ingannare dalla loro
apparenza. Guardando il figlio vedi il padre, la madre, gli antenati;
vedi che il figlio non è un’entità separata: vedi te stesso come una
continuazione.
In
altre parole, vedi ogni cosa alla luce dell’interdipendenza e
dell’inter-essere, che mostra come ogni cosa, per manifestarsi, si basi
su di un'altra. Il fisico nucleare Davide Bohm ha detto che un elettrone
non è un’entità a sé stante, ma è fatto di tutti gli altri elettroni.
Questa è una manifestazione della natura di paratantra, la natura
dell’inter-essere: non ci sono entità separate, ci sono solo
manifestazioni che per poter esistere si basano le une sulle altre.
Un
giorno, il Buddha disse all’amato discepolo Ananda: «Chiunque veda
l’inter-essere vede il Buddha.» Se entriamo in contatto con la natura
dell’interdipendenza, entriamo in contatto con il Buddha. È un processo
di allenamento: nel corso della giornata, camminando, sedendo, mangiando
o facendo le pulizie, puoi allenarti a vedere le cose così come sono.
Alla
fine, quando l’addestramento è completato, la natura de parinispanna -
la realtà - ti si rivela pienamente, e quello con cui entri in contatto
non è più un mondo illusorio, ma è il mondo delle cose in sé.
Innanzitutto prendiamo consapevolezza che il mondo in cui viviamo è
stato costruito da noi, dalla nostra mente, a livello collettivo.
In
secondo luogo, prendiamo consapevolezza del fatto che, se osserviamo in
profondità, se sappiamo impiegare la consapevolezza e la
concentrazione, possiamo cominciare a entrare in contatto con la natura
dell’inter-essere. Infine, quando la pratica della consapevolezza è
arrivata in profondità, ci si può rivelare la vera natura della realtà
assoluta, spogliata da ogni nozione, concetto e idea, perfino dei
concetti di “inter-essere” e di “non-sé.”
(Tich Nhat Hanh, Camminando con il Buddha, Mondadori ed.)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/12/un-pugno-di-foglie.html
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