“Nella coscienza ordinaria,
pensiamo di essere creature mortali,
ma quando ci liberiamo dall'ego,
ci accorgiamo di essere Spirito.”
(Paramahansa Yogananda)
“Se
in questo momento riusciste a calmare completamente il corpo, i
pensieri e le emozioni, diventereste immediatamente consapevoli del
vostro vero Sé (L'anima), e dell'universo, il vostro immenso corpo che
palpita della gioia di Dio. L'anima si "stabilirebbe nella condizione
che le è propria". Non è strano che voi non riusciate a percepire la
gioia di Dio che è sempre a vostra disposizione? La ragione per cui non
conoscete la beatitudine di Dio è che siete intossicati dai sentimenti
dell'ego (citta).
Se
mi nascondo dietro uno schermo, sarò sempre qui, ma voi non mi vedrete.
Se allontanate lo schermo, mi vedrete di nuovo. Ugualmente, la gioia di
Dio è nascosta dallo schermo dei sentimenti che hanno origine dall'ego
(ahamkara o coscienza del corpo). Allontanate lo schermo per mezzo della
meditazione e contemplerete questa gioia. La vostra vera natura è la
calma. Avete indossato una maschera di irrequietezza, ossia
l'inquietudine della vostra coscienza, che trae origine dagli stimoli
dei sentimenti.
Voi
non siete la maschera, siete il puro e calmo Spirito. È arrivato il
momento di ricordare chi siete: l'anima beata, un riflesso dello
Spirito. Toglietevi la maschera dei sentimenti e contemplate il vostro
Sé. Quando vi arrabbiate o siete travolti dall'odio, indossate la
maschera del male. L'essere umano può arrabbiarsi talmente da essere
capace di uccidere. Non vuole farlo veramente - ossia la sua anima non
vuole - ma, poiché l'anima si è identificata con l'ira, questo
sentimento può suscitare in lui il pensiero di uccidere.
Perciò
non è opportuno rimanere nello stato dell'ordinaria coscienza umana,
soggetto a emozioni così violente. Voi diventate schiavi dei vari stati
d'animo, e questa è la causa di tutti i vostri dispiaceri. Per salvarvi,
dovete eliminare i sentimenti e le emozioni legati alla coscienza del
corpo. La meditazione è l'unica via di Salvezza.
Per
molto tempo avete creduto di possedere alcune qualità, caratterizzate
da sentimenti e da emozioni particolari. Patanjali dice che vi
identificate con queste passioni e questi desideri perché l'avete già
fatto nel corso di numerosissime incarnazioni e, di conseguenza, avete
completamente dimenticato la vostra vera natura. Quando vi renderete
conto che ogni giorno recitate una parte diversa a seconda dei vostri
mutevoli sentimenti, non sarete più la stessa persona, e riuscirete a
liberarvi di questi stati illusori.
Quando
comprenderete che la passione e la collera non fanno parte della vostra
vera natura, questi stati d'animo non avranno più alcun potere su di
voi. Ogni persona è per sua natura meravigliosa; deve soltanto togliersi
la maschera della coscienza dell'ego. Non lo dimenticate. Se avvicinate
un diamante a un gatto nero, il diamante assumerà una sfumatura nera.
Potete allora affermare che il diamante è nero?
No.
Appena allontanate il gatto e lasciate che la luce illumini il
diamante, il suo naturale splendore si sprigionerà completamente. Il
gatto nero è la vostra irrequietezza, che offusca la coscienza con le
emozioni e oscura la luce e la gioia dell'anima. La natura
dell'irrequietezza è tale che nel momento stesso in cui traete piacere
da una cosa, ne state già cercando un'altra; in sostanza suscita in voi
una perenne insoddisfazione che, a sua volta, è provocata dai
sentimenti.
Ma
la beatitudine - la gioia di Dio nascosta nell'anima - è sempre nuova e
sempre presente nella vostra coscienza. Poiché questa gioia appaga ogni
desiderio, l'irrequietezza non avrà più ragione di esistere. Spero che
comprendiate l'importanza di ciò che vi dico oggi. Sto parlando della
via che porta alla liberazione da ogni dolore. Il perfetto dominio dei
sensi vi rende padroni di voi stessi. Non abituatevi mai a niente, e non
lasciatevi mai condizionare dalle abitudini.
Bere
il caffè non significa necessariamente esserne diventati schiavi, ma se
non potete farne a meno, allora vuol dire che l'abitudine vi ha resi
schiavi. Non appena dite: "No, non ne ho bisogno", fate che questa
affermazione ponga fine alla vostra schiavitù. Io non mi lascio mai
condizionare da niente e da nessuno. Ad esempio, posso bere o mangiare
qualcosa di buono, e poi eliminarne il desiderio; il ricordo sparisce in
quello stesso istante.
Per
prima cosa, evitate di soddisfare le simpatie e antipatie alimentari e
insegnate la stessa cosa ai vostri bambini. Li viziate quando dite: "Che
cosa vorresti mangiare? Vuoi gli spinaci? Non mangiarli se non ti
piacciono". Se vi dimostrate così accondiscendenti renderete vostro
figlio schiavo del gusto. Potreste domandarmi: "Ma se eliminiamo i
sentimenti, le simpatie e le antipatie non diventeremo inerti come la
materia e completamente inutili? Patanjali insegna queste cose?".
No,
egli afferma che la vostra vera natura si manifesterà non appena
riuscirete a dominare i sentimenti. Il vero stato del Sé, l'anima, è
beatitudine, saggezza, amore, pace. Vi sentirete allora così felici da
apprezzare qualsiasi cosa facciate. E tutto questo non vi sembra molto
più conveniente che brancolare nel mondo, simili a demoni inquieti e
sempre insoddisfatti?
Quando
siete concentrati sul vostro vero Sé, riuscite a compiere ogni vostro
dovere e a godere di tutte le cose buone del mondo pervasi dalla gioia
di Dio. Permeati della sua inebriante beatitudine eseguirete ogni azione
gioiosamente. Molti pensano che gli induisti insegnino una sorta di
annichilimento mentale, il presunto risultato cui porterebbe l'assenza
del desiderio. Invece, l'obiettivo della filosofia induista è la
felicità permanente.
Non
c'è libertà né felicità nel cessare di esistere. Il solo pensiero di
questa eventualità è doloroso. Voi desiderate una felicità senza fine e
questo è ciò che potrete avere, come afferma Patanjali, se dimorerete
nella vera natura della vostra anima. Come possiamo essere veramente
interessati a qualcosa se annulliamo i desideri e i sentimenti?
Avrete
visto coloro che lavorano senza provare nessun interesse per quello che
fanno; il loro lavoro e il loro comportamento lo dimostrano
chiaramente. Non si curano dei risultati fino a quando possono dire che,
comunque, lavorano. Ma l'innamorato lavora con impegno e scrupolo per
la persona amata; farà molto di più per lei, che per se stesso. Questo è
il modo di servire Dio e questo è il sentimento che proviamo quando
amiamo Dio. Lavoreremo per lui con gioia.
Ad
un estremo troviamo persone convinte che per farsi strada nella vita si
debba lavorare senza sosta, come automi. Ma all'estremo opposto,
ugualmente errato, troviamo persone che non appena provano un interesse
per la spiritualità, diventano indifferenti a tutte le altre cose.
Questo modo di pensare è sbagliato. È una delle ragioni per cui l'India
ha perduto la libertà in quanto ha male interpretato la dottrina del
distacco.
Ad
esempio: "Che cosa importa se nell'eremitaggio si accumula la
sporcizia? Non fa niente. Perché preoccuparsene? Darsi da fare richiede
troppa concentrazione sugli aspetti materiali della vita. Siate
distaccati. Rinunciate il più possibile alle attività pratiche". In
questo modo di pensare si nasconde, ammantata di falsa spiritualità, la
pigrizia mentale.
Mi
sono reso conto che i maestri veramente grandi si interessano molto al
mondo, ma senza provare nessun senso di attaccamento. Quando il mio
maestro, lo Swami Sri Yukteswar, riceveva un bel regalo, se ne prendeva
scrupolosamente cura. Ma se si rompeva si limitava a ridere: "La mia
responsabilità è finita. Mi è costata molta attenzione".
Era
veramente distaccato dalle cose. Anche io la penso allo stesso modo.
Apprezzo tutto ciò che Dio mi dà, ma non ne sento la mancanza quando
scompare. Una volta mi regalarono un cappotto e un cappello
elegantissimi, un completo molto costoso. A quel punto iniziarono le mie
preoccupazioni. Dovevo stare attento a non strapparlo e a non sporcarlo
e la cosa mi metteva a disagio. Così pensai: "Signore, perché mi hai
dato questa seccatura?".
Un
giorno dovevo tenere una conferenza alla Trinity Hall qui, a Los
Angeles. Quando raggiunsi la sala e stavo per togliermi il cappotto, il
Signore mi disse: "Togli dalle tasche tutte le tue cose". Ubbidii.
Quando tornai al guardaroba dopo la conferenza il cappotto non c'era
più. Mi irritai, e qualcuno disse: "Non importa, faremo in modo di
procurargliene un altro". Risposi: "Non sono arrabbiato perché ho perso
il cappotto, ma perché chiunque lo abbia preso non ha portato via anche
il cappello che lo accompagna!"
Non
fatevi dominare dai sentimenti. Come potete essere felici se vi
preoccupate continuamente dei vestiti o di tutte le altre cose che vi
appartengono? Indossate abiti semplici e ordinati e poi non pensateci
più; pulite la casa e poi dimenticatela. Una volta sono stato invitato a
un ricevimento molto elegante. Il pranzo era ottimo, ma i nostri ospiti
erano talmente innervositi dalla paura che qualcosa non andasse bene,
da rovinare tutto.
Le
persone sensibili avvertono il vostro nervosismo. Perché vi
preoccupate? Fate del vostro meglio e poi rilassatevi. Lasciate che le
cose si svolgano naturalmente, senza sforzo. Allora, anche coloro che vi
stanno accanto si rilasseranno. Attività non è la vita, è l'espressione
della vita. Ma alcune persone sono sempre talmente indaffarate da
rendersi insopportabile l'esistenza perché sono sempre sull'orlo di una
crisi emotiva.
In
genere, l'essere umano è simile al pendolo, e oscilla da un estremo
all'altro, sempre in movimento, sempre inquieto. Questo comportamento è
di poco superiore a quello degli animali. Invece lo yogi è sempre calmo,
concentrato sulla propria vera natura, simile a un pendolo immobile.
Quando
è attivo può essere molto veloce, ma quando si ferma è nuovamente
concentrato sulla calma interiore ed esteriore. Dobbiamo imparare a
lavorare con interesse, mantenendoci tuttavia rilassati e distaccati.
Non so come potrei lavorare senza provare un entusiasmo gioioso. È
naturale sentirsi interessati perché diversamente le nostre motivazioni
non avrebbero alcun incentivo.
Fate
ogni cosa per Dio, con il massimo interesse. Amatelo al punto tale che
il vostro piacere più grande sia quello di lavorare e di fare progetti
per lui. Lavorare per Dio è un'esperienza molto personale, molto
appagante. Io provo una grande gioia nel restaurare per lui questo
edificio. Ma quando qualcosa non va per il suo verso, non me ne
preoccupo minimamente. Perché dovrei?
Ho
fatto del mio meglio. Certo, proverò a fare ancora meglio, ma non
permetterò che un contrattempo turbi la mia tranquillità. Non è un
pensiero meraviglioso? Perché no? Non siete stati voi a creare il mondo.
È stato Dio. Perché dovreste pensare di vivere in questo mondo soltanto
per soddisfare voi stessi? Vivere per se stessi è la fonte di ogni
infelicità.
Ci fu un tempo
In cui guardando il fiore,
Ne godevo il profumo,
Per me e i miei cari.
Udivo il richiamo del ruscello,
Rivolto a me e ai miei cari.
Mi sono risvegliato da quel sogno
E ora sento: Era solo per te e i tuoi cari.
Lo
yogi pensa costantemente: "Per te e per i tuoi cari". Egli dice: " Sono
qui in questo mondo solo per poco tempo. Perché dovrei crearmi forti
attaccamenti? Non so perché mi trovo qui, ma Dio lo sa. Lavorerò per
lui. Cercherò di fare la volontà di Dio e non la mia". È stato questo
completo abbandono alla più sublime saggezza a dare a Gesù la forza di
dire: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però sia fatta non
la mia, ma la tua volontà."
Per
questo motivo molti credono che l'essere umano non debba servirsi della
propria volontà. Ma se non usaste la vostra volontà morireste, perché è
il potere della volontà a mettere in moto ogni processo fisico e
mentale. È giusto servirsi della volontà, ma lasciandosi consigliare
dalla saggezza e dai suggerimenti di Dio; altrimenti, commetterete degli
errori e ne pagherete le conseguenze.
Krishna
ha detto: "Coloro che hanno dominato la mente dimorano nella saggezza
infinita. Rinunciano al desiderio di concentrarsi sul frutto delle
azioni. Ciò assicura la liberazione... e permette loro di raggiungere
quello stato che è al di là del male, causa di ogni infelicità."
Esaminate
il movente di ogni vostra azione. Sia l'ingordo sia lo yogi mangiano,
ma direste che mangiare è un peccato perché il cibo viene spesso
associato all'idea dell'ingordigia? No. Il peccato sta nel pensiero, nel
movente. Il materialista mangia per soddisfare la propria avidità,
mentre lo yogi per mantenere il corpo in buona salute. C'è una bella
differenza.
Analogamente,
un uomo commette un assassinio e viene impiccato; un altro, invece,
uccide molti uomini sul campo di battaglia per difendere il suo paese e
riceve una medaglia al valore. Anche in questo caso è il movente a
creare la differenza. I moralisti stabiliscono regole indiscutibili,
mentre io vi faccio degli esempi per mostrarvi come potete vivere in
questo mondo di relatività controllando i sentimenti senza trasformarvi
in un automa.
Il
mio maestro faceva, di solito, questo esempio: "Supponete che una
persona mi chieda in prestito il mio bel binocolo, assicurandomi che lo
riporterà entro quindici giorni. Ma alla fine del periodo stabilito non
lo restituisce. E quando chiedo notizie del binocolo mi risponda: 'Lei è
un maestro, eppure è molto attaccato al suo binocolo!'; ebbene non
glielo presterei una seconda volta.
Supponete
ancora che un'altra persona mi chieda di darle in prestito il binocolo
promettendo che me lo restituirà in perfetto ordine. È gentile,
premurosa e attenta, e lo riporta puntualmente. A questa persona
presterei di nuovo il binocolo in qualsiasi momento. Non mi importa
molto del binocolo in se stesso, ma, se una cosa mi appartiene, devo
prendermene cura per mantenerla in perfetto ordine.
La
seconda persona ha capito che volevo riavere il binocolo perché potesse
servire anche ad altri oltre che a lei. La prima non ha capito il mio
movente, così, non solo privava me del binocolo, ma anche tutti gli
altri che avrebbero potuto servirsene. Io non volevo il binocolo per me;
pensavo a tutti gli altri".
Il
distacco dalle cose suscita un senso di grande libertà interiore e di
felicità. Io ho regalato tutte le cose che mi erano più care. Ne ho
goduto attraverso la gioia degli altri. La felicità che provo in tutto
ciò che faccio è impersonale e disinteressata perché nasce dalla gioia
di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.
Quando
vivevo in India avevo una motocicletta che usavo per scorrazzare
dovunque, ma soprattutto per andare a trovare il mio maestro nel suo
eremitaggio di Serampore. Mi piaceva moltissimo. Così, un giorno chiesi
al Maestro: "Sono attaccato alla motocicletta?" Egli conosceva ogni più
piccola sfumatura dei miei pensieri e della mia coscienza.
"Certamente
no", rispose. Poco tempo dopo, regalai la motocicletta a un amico che
la desiderava molto, e non ne ho mai sentito la mancanza. Questo è il
genere di libertà che Patanjali vi insegna a conquistare, affinché
possiate sempre essere, come un dio, sovrani assoluti del regno della
vostra coscienza. Non lasciate che le forze oscure penetrino nel vostro
paradiso portatile. "Tra le sbarre di ferro della mia mente, il male non
osa penetrare."
Quando
raggiungerete la libertà dalla schiavitù dei sentimenti diventerete
spiritualmente sensibili, ma non sarete più ipersensibili alla materia.
Sentirete il dolore, ma rimarrete imperturbabili. Vedrete questo mondo,
ma saprete che non è la realtà ultima. Vivrete al di sopra di ogni
limitazione fisica e mentale, concentrati nella tranquilla natura della
vostra anima.
Ma
potete ben vedere quale scarsa educazione ci offre il mondo! Forse il
padre è arrabbiato e si sfoga con i figli o la madre li rimprovera senza
motivo. Che esempio per i giovani! È meglio non mettere al mondo figli,
se non siete disposti a educarli correttamente. Se negate loro la
disciplina giusta ne fate degli infelici per tutta la vita. Prendono
delle abitudini che impediscono loro di essere se stessi, di essere il
vero Sé.
Naturalmente
le buone abitudini sono amici che ci aiutano, mentre quelle cattive ci
spingono a diventare dei diavoli. Nella stessa famiglia potete trovare
una persona che sopporta tutto con calma, e un'altra che freme sempre di
rabbia, di gelosia e di altre emozioni sgradevoli. Non è forse meglio
riuscire a rimanere sempre calmi?
Pensate
che fine farebbe il mondo se Dio perdesse la pazienza! Fortunatamente
per noi, Dio è sempre calmo e controlla perfettamente le emozioni. Una
parte di lui, la sua natura assoluta, non è mai irrequieta, anche se,
come Creatore, Dio sa tutto ciò che accade sulla terra perché è in tutte
le cose. Perciò dovremmo rimanere sempre calmi, concentrati nella
nostra natura spirituale, anche se siamo circondati da una grande
confusione.
Quando
qualcuno viene da me in uno stato d'animo aggressivo, tremante di
rabbia, mi rendo conto che sta soffrendo. Qualunque cosa gli dicessi non
capirebbe perché è agitato. Ma se mi mantengo tranquillo, posso
assecondarlo finché non riesco a calmarlo e indurlo a ragionare. Io non
ho mai perduto la calma della mia anima. Se fosse successo, a
prescindere dalle giustificazioni che la mente avrebbe potuto addurre,
avrei perduto di fronte a Dio.
È
il favore di Dio che dovete conquistare. Interiormente dovreste essere
sempre immersi nella calma perfetta. Quando qualcuno viene da voi
stravolto dall'ira, mantenete la calma. "Non voglio perdere la pazienza.
Voglio continuare a rimanere calmo finché il suo stato d'animo non
cambierà". Allora dimostrate di saper dominare perfettamente citta.
Mantenersi
calmi non significa sorridere sempre e andare d'accordo con tutti
qualsiasi cosa dicano, pur conoscendo la verità e non volendo imporla a
nessuno. Questo è eccessivo. Coloro che cercano di compiacere il
prossimo solo perché desiderano essere lodati per il buon carattere non
hanno necessariamente il dominio dei propri sentimenti.
È
giusto mostrarsi simpatici e piacevoli se il vostro comportamento è
sincero, ma essere sempre d'accordo con gli altri perché avete paura di
dire la verità, per non rendervi antipatici, non significa avere il
dominio dei sentimenti. Chiunque sappia controllare i propri sentimenti
segue la verità, condivide la verità quando è possibile ed evita di
irritare senza necessità chi non sarebbe ricettivo comunque.
Sa
quando parlare e quando tacere, ma non transige sui propri ideali e non
compromette la pace interiore. Un uomo di tale levatura rappresenta un
grande aiuto per il bene del mondo. In verità rassomigliamo tutti al
proverbiale figliol prodigo. Ci siamo perduti nei vicoli bui delle
cattive abitudini e non sappiamo più conservare nel cuore la gioia di
Dio. Quando l'anima non è nella sua condizione naturale, si identifica
con gli stati d'animo suscitati dai sentimenti umani.
Ma
se impariamo a rimanere in comunione con il Divino, vivremo e
lavoreremo nello stato beato della nostra vera natura. Nella coscienza
ordinaria, pensiamo di essere creature mortali, ma quando ci liberiamo
dall'ego, ci accorgiamo di essere Spirito. L'illusione ci costringe a
pensare alle malattie, alle paure, e a tutte le altre limitanti
condizioni del corpo e della mente.
Riuscite
a immaginare di non essere un uomo o una donna? Eppure questa è la
verità. Nella divina gioia dell'anima la coscienza del proprio sesso si
perde completamente. Anche da bambino mi vedevo spesso separato dal
corpo. Ricordo che un giorno ero in questo stato di estasi e uscii
dall'acqua completamente nudo. Quando mi vide la zia, mi dette uno
schiaffo. Non capii perché mi picchiasse, finché non mi fece notare
aspramente che avevo dimenticato di mettermi il dhoti.
Nessuna
delle cose che Dio ha creato è peccaminosa. L'uomo ha inventato il
peccato con il suo modo sbagliato di pensare e perché ha abusato delle
potenzialità di cui Dio lo ha dotato. Generalmente l'essere umano pensa:
"Io e il mio corpo siamo una cosa sola. Io sono un corpo, cui si
aggiungono le sensazioni e i sentimenti". Invece l'uomo divino pensa:
"Io e il Padre mio siamo una cosa sola."
Egli
vede il suo corpo come se fosse un'immagine cinematografica. Il
fotogramma è proiettato sullo schermo da un raggio di luce che passa
attraverso una pellicola. Così l'uomo divino vede il proprio corpo come
una proiezione della luce creatrice di Dio che passa attraverso la
pellicola di maya o illusione. Egli sa di non essere il corpo, sa di
essere una cosa sola con la luce di Dio.
Un
attore dimentica che sta recitando e comincia a immedesimarsi nella
parte. Anche noi abbiamo dimenticato chi siamo e che stiamo solo
recitando una parte sulla terra. Quando l'essere umano dimentica il suo
beato Sé onnipresente, si identifica con i sentimenti e pensa di essere
una creatura umana, circoscritta al corpo e soggetta alle sue sofferenze
e alla morte. Vedete che terribile trasformazione!
E
per tutta la vita continua a cercare la felicità di quel Sé beato che
già gli appartiene. L'uomo materialista è talmente inquieto che non
cerca mai di meditare, di analizzare i propri sentimenti e di conoscere
se stesso. È molto meglio coltivare la mente che limitarsi a lavorare,
mangiare e dormire, come fanno gli animali.
Ma
rimanere per sempre sul piano intellettuale è un peccato contro il
vostro vero Sé; infatti, benché possiate raggiungere la porta della
realizzazione del Sé tramite l'intelletto, non fate però il passo
successivo per aprirla. Lo sviluppo spirituale va oltre l'intelletto.
Potete aprire la porta della realizzazione solo attraverso la profonda
meditazione quotidiana. Dovete conservare per sempre ciò che percepite
durante la meditazione.
Troppo
spesso si medita senza molto entusiasmo, per abitudine; e appena la
meditazione è finita, si torna allo stato d'animo consueto. Dovete
immergervi nella pace e nella gioia della meditazione, e poi conservare
la calma che ne deriva. Soltanto allora riuscirete a cambiare voi
stessi. Il corpo reagisce ai quattro periodi di transizione del giorno:
mattina (verso l'alba), mezzogiorno, sera (verso il tramonto), e notte
(tra le nove e le ventiquattro). Questi periodi sono molto favorevoli
alla meditazione.
La
meditazione profonda e il perfetto dominio dei sentimenti, raggiunto
mantenendo la calma che deriva dalla meditazione, portano al samadhi,
l'estasi della realizzazione del Sé e dell'identità con Dio. Tuttavia,
l'estasi del savikalpa samadhi, in cui godete la beatitudine interiore,
ma perdete la consapevolezza del corpo e del mondo esterno, non è
sufficiente.
Ciò
che desiderate è il nirvikalpa samadhi, o estasi cosciente. Questo è lo
stato più alto, lo stato in cui siete esternamente coscienti e attivi e
internamente consapevoli della vostra completa unione con Dio. Io ho
impiegato molto tempo per raggiungere questo supremo stato di coscienza
nel quale Lahiri Mahasaya e il Maestro dimoravano costantemente.
(Paramahansa Yogananda, Lezione sugli Yoga Sutra di Patanjali, 22 marzo 1942)
fonte: http://lacompagniadeglierranti.blogspot.it/2016/12/la-vera-natura-dellanima.html
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