Recentemente l’attenzione dei media si è
concentrata sulla crisi del Golfo Persico, dove l’amministrazione
statunitense ha provocato un conflitto tra Arabia Saudita, EAU, Egitto
ed alleati con il Qatar, ricevendo ampi ordini di armamenti da entrambe
le parti e poi divenendo arbitro neutro. I media inoltre seguivano Siria
e Iraq, l’imminente cambio di potere in Algeria e il confronto tra i
Paesi del Corno d’Africa.
Di conseguenza, i media erano completamente
distratti sugli eventi in Libia. Nel frattempo, la situazione in Libia
muta, colpendo non solo gli attori regionali, ma anche Stati Uniti e UE.
Questo articolo descrive gli attuali eventi nel Paese basandosi
sull’analisi dell’esperto dell’Istituto per il Medio Oriente A. Bystrov.
Denaro al barile
La Camera dei rappresentanti della Libia, il parlamento che si trova
nell’est del Paese, annunciava recentemente la decisione di ritirarsi
dall’accordo sulla formazione di una compagnia nazionale unificata (NOC)
e il trasferimento dei porti petroliferi a tale ente.
La decisione è
stata presa dal comitato parlamentare per l’energia. In precedenza, una
decisione simile fu presa dal governo temporaneo di A. Abdurahman
al-Tani. I parlamentari sollecitano l’esercito a trasferire il controllo
dei terminali alle istituzioni che obbediscono alle autorità dell’est.
Ricordiamo che il 3 marzo la “mezzaluna” (la costa del Golfo di Sirte)
subiva l’attacco massiccio dalle “Brigate di difesa di Bengasi” (BDB).
Tale formazione fu creata nell’estate 2016. Il suo scopo era affrontare
le autorità orientali fedeli all’Esercito Nazionale Libico (LNA),
attualmente sotto il comando del Maresciallo Q. Haftar. I militanti
delle BDB riuscivano ad occupare i maggiori terminali petroliferi del
Paese, situati sulle coste mediterranee, Ras Lanuf e Sidra. Alla vigilia
della decisione della Camera, l’LNA lanciava il contrattacco per
scacciare gli islamisti dai porti. L’esercito acquisiva il controllo dei
porti, senza prima stabilire a chi trasferirli. Il NOC è guidato da M.
Sanala da Tripoli.
L’esercito trasferì il controllo sui terminali
acquisiti nel settembre 2016 alla NOC, che ha una struttura parallela a
Bengasi, subordinata alle autorità orientali anche se fa parte del NOC.
Così, Tobruq agiva contro i clan di Tripoli e Misurata, dove gli scontri
tribali sono volti a controllare i campi petroliferi e l’esportazione
dell’oro nero. Le BDB furono create con denaro del Qatar e supporto
logistico di Misurata. Il loro scopo era respingere le forze di Haftar,
dato che Misurata non voleva combattere contro l’esercito di Tobruq.
Le
loro azioni non furono respinte dal primo ministro del Governo
dell’Accordo Nazionale (GNA) F. Saraj, impedendo di monopolizzare
l’industria petrolifera sotto il controllo di Haftar. Ciò spiega anche
l’accordo di Saraj per lo scontro armato delle tribù locali leali,
volontari di Tuba e Misurata, contro l’espansione di Haftar nel Fizan.
Questa è la lotta tra Parigi e Roma per assicurare il commercio
dell’industria petrolifera della Libia alle società francesi o italiane.
Un altro passo adottato da Saraj contro il monopolio di Haftar sui
campi petroliferi era il concentramento delle operazioni d’esportazione
nella NOC guidata da Sanala.
I tentativi di Tobruq di lanciare le
esportazioni attraverso la NOC di “Bengasi” non hanno avuto successo:
nei siti internazionali la NOC Tripolitana è ufficialmente accreditata.
Tobruq ha cercato di porvi fine, ma finora il risultato non è chiaro.
Passato il periodo di riconciliazione tra Sanala e Saraj, ognuno ha
iniziato a giocare al proprio gioco. Il premier cerca di concentrare il
flusso delle esportazioni nelle proprie mani. Il decreto di Tobruq lo
prova su questa controversia. Va ricordato che il 13 giugno la NOC della
Libia stipulò un accordo temporaneo per riprendere le esportazioni con
la società tedesca Wintershall. Ciò rafforzerebbe la posizione
di Saraj.
A maggio, la Libia produsse 160000 barili al giorno. Ora
questa cifra è aumentata a 830000 barili. La disposizione consente
l’immediata ripresa della produzione nelle aree concesse a Wintershall,
NC 96 e NC 97, nella Libia orientale. Ciò consente inoltre di aumentare
la produzione nei campi della stessa infrastruttura, in primo luogo Abu
Afital, gestito da Malitah Oil & Gas, che produce
attualmente 70000 barili.
Queste azioni consentiranno alla Libia di
raggiungere i livelli produttivi giornalieri di un milione di barili di
petrolio nei prossimi mesi. Wintershall, che opera sul mercato
libico dal 1956, è in disaccordo con la NOC sulle tariffe. NOC si
riferisce all’accordo del 2010 con Wintershall, che cercava di aumentare
le tariffe chiedendo a Wintershall un miliardo di dollari di arretrati.
I tedeschi citano la decisione del governo libico sulla tariffa
preferenziale, prevista dal vecchio accordo di concessione, che annullò
le regole dell’ex-regime libico. Saraj qui affiancò i tedeschi, firmando
un accordo per abbandonare le pretese della NOC. Perciò emise una
risoluzione dal consiglio presidenziale a marzo, sciogliendo i poteri
del ministero dei Carburanti e dell’Energia della Libia e trasferendo
l’autorità dell’agenzia a compagnie libiche ed estere. Ciò causava la
forte reazione di Sanala, secondo cui Saraj ha creato le condizioni
affinché lui e il suo gabinetto entrassero negli accordi azionari sulle
singole produzioni con tutti i principali attori del mercato.
Dopo che
Sanaj adottava la risoluzione, Sanala escluse Wintershall dall’oleodotto
per l’esportazione, costringendola a chiudere la produzione. Riteneva
che la prerogativa di creare relazioni contrattuali appartenga a un
organismo indipendente, il che significa che la produzione di petrolio
rientra nella sfera economica e non politica. Tutto ciò complica i piani
del governo per aumentare la produzione e l’esportazione di petrolio.
Gli esperti ritengono che tale accordo interinale obbligherà i capi di
GNA e NOC al compromesso. Ma sembra che Tobruq lavori attivamente alla
creazione di strumenti alternativi per estrazione ed esportazione degli
idrocarburi.
Cigno, cancro e picco libici
L’LNA combatte gli estremisti di Bengasi, tra cui i militanti dello
Stato islamico (SIIL) e le formazioni associate ad al-Qaida (entrambe le
organizzazioni sono vietate in Russia). Da metà novembre 2016,
l’esercito ha attaccato le regioni occidentali e si concentra sulla
rimozione degli estremisti dalle fortezze del nord. Ufficialmente
Bengasi è stata liberata dagli islamisti sei mesi fa, secondo le
dichiarazioni di Haftar che, come risulta, non sono vere.
Lo stesso vale
per il resto della Libia. I discorsi dei politici locali si basano
sulla speranza di ricevere ulteriori finanziamenti da sponsor esteri e,
di regola, si basano anche sugli accordi con le tribù locali. Nel
frattempo, gli sceicchi di queste tribù cambiano spesso parere, a
seconda di chi paga di più la loro lealtà.
L’unico fattore che influenza
tale lealtà a lungo termine è la minaccia di distruggergli la tribù.
Questo è il caso del Fizan, che ha subito pesanti incursioni aeree
dall’aeronautica di Haftar (più precisamente dagli aerei militari degli
EAU pilotati da mercenari statunitensi) sulle tribù Tuba. Ciò spinse i
loro sceicchi a riflettere se fosse corretto sostenere il piano italiano
dell’accordo di Roma e se fosse corretto opporsi a Tobruq. Tuttavia, ci
sono pochi aerei e molte tribù.
Ciò significa che la prima causa
dell’instabilità in Libia è l’incapacità di una qualsiasi forza
d’infliggere una sconfitta militare decisiva agli avversari. Sembra che
combattano su una trapunta fatta di varie pezze, le varie tribù con
sempre nuove preferenze politiche dai loro sceicchi. La seconda ragione,
i deboli sponsor delle forze politiche e dei clan in Libia. Oggi
esistono diversi operatori esteri attivi in Libia che tirano il Paese in
direzioni diverse. L’alleanza tra Emirati Arabi Uniti, Egitto e fino a
poco prima Francia, puntava sulle forze armate di Tobruq, cioè Haftar.
Il sostegno finanziario e tecnico di queste formazioni (“Blackwater”,
forze aeree degli EAU, forze speciali egiziane e francesi,
sponsorizzazione degli EAU nell’acquisto di armi e munizioni in
Bielorussia) s’è rivelato insufficiente per dare potere e il monopolio
politico ad Haftar, non solo in Libia ma anche nell’est del Paese
(l'”oasi islamista” di Derna) e nella regione della “mezzaluna”. Le
conseguenze imprevedibili sono la debolezza militare di Haftar e la
riluttanza dei suoi sostenitori esteri a partecipare apertamente ai
combattimenti. Le forze speciali francesi ed egiziane conducono
operazioni molto limitate.
Per controllare gli sceicchi, gli sponsor di
Haftar devono fare pressioni armate di continuo. Tali pressioni
irriterebbero la comunità internazionale e danneggiano la reputazione di
Tobruq, facendola sembrare l’agente di fazioni estere. Ciò pregiudica
la legittimità di Haftar agli occhi della popolazione. Tuttavia, le
forze dell’opposizione in Libia sono armate dai loro sponsor. Lo slogan
“La Libia non tollererà interferenze straniere”, fu lanciato dal Qatar
per proteggere i suoi alleati, i clan di Misurata e Tripoli,
dall’intervento estero su larga scala. Questo è il secondo centro di
potere in Libia, abbastanza chiaro. Ma né Qatar né i suoi alleati hanno
la forza o la capacità di partecipare apertamente alle operazioni
militari per sostenere i gruppi fedeli.
Il terzo centro di potere è il
governo di accordo nazionale di Saraj. Non ha capacità militari, ma è
riconosciuto internazionalmente e gode del sostegno di Roma. Ciò fu
dimostrato a metà giugno quando Saraj e il “secondo uomo” del suo
consiglio presidenziale, A. Maytigi, si recarono a Bruxelles
incontrandosi con A. Alfano, ministro degli Esteri italiano e,
attraverso i lobbisti di Roma a Bruxelles, con F. Mogherini,
coordinatrice delle attività internazionali dell’UE, e con il presidente
del Parlamento europeo A. Tajani.
Furono organizzati anche incontri con
il segretario generale della NATO J. Stoltenberg e il presidente della
Commissione europea J. C. Junker. Questo viaggio fu la dimostrazione del
sostegno di Bruxelles a Saraj e alle sue strutture, opponendosi a
Tobruq e Haftar. La mancanza di coordinamento tra i soggetti esteri
(nell’UE fra italiani e francesi) è una delle ragioni principali per cui
in Libia rimane un vuoto di potere.
La “roadmap” esclusiva
A metà luglio, Saraj propose una nuova “roadmap” per superare la crisi.
Il piano prevede elezioni presidenziali e parlamentari generali nel
marzo 2018, la cessazione di tutte le operazioni militari tranne la
lotta al terrorismo e un progetto per costituire comitati congiunti
della Camera dei Rappresentanti (Parlamento unicamerale) e del Consiglio
di Stato per iniziare l’integrazione delle istituzioni statali
separate, ed ha l’intenzione di creare il Consiglio Superiore della
Riconciliazione Nazionale, d’istituire comitati di riconciliazione tra
le città e studiare i meccanismi che introducano giustizia di
transizione, riparazioni e amnistia generale.
Si ricordi che dopo i
colloqui del 2 maggio a Abu Dhabi tra Saraj e il comandante
dell’Esercito nazionale libico, Haftar, fu raggiunto un accordo per
creare l’autorità nazionale e le agenzie nazionali di polizia. Per
garantirne la formazione, saranno creati gruppi di lavoro e dopo la
firma dell’accordo, le elezioni presidenziali e parlamentari si terranno
entro sei mesi. Nel frattempo, Saraj cerca di posizionarsi con il
Gabinetto dei Ministri come organismo neutrale intermediario, al di
fuori del conflitto.
I distaccamenti, che con alcune riserve vengono
ridenominati “forze armate del governo di accordo nazionale” (le brigate
di Misurata e della fratellanza musulmana tripolitane) sono dichiarate
da Saraj “fronte” con cui non ha alcuna affiliazione. Allo stesso tempo,
afferma di poter organizzare negoziati con essi. Questo accordo
allarmava i capi di Misurata, che si vedevano esclusi dalla struttura di
potere emergente, temendo l’isolamento al formarsi dell’alleanza tra
Haftar e Saraj. L’alleanza sembra inquieta considerando il declino del
sostegno a Misurata da Turchia e Qatar, Paesi che hanno rivolto
l’attenzione all’attuale crisi nel GCC. Non esiste un fronte unito a
Misurata.
Alcuni capi cercano il compromesso con Haftar, gli altri sono
decisi a combattere. Sono preoccupati dai contratti di Haftar con gli
statunitensi: il 2 luglio fu ricevuto dall’ambasciatore statunitense in
Libia P. Bodde e dal comandante di Africom T. Waldhaus. Ciò implica che
Washington appoggia Haftar. Nel frattempo, i misuratini sperano nella
neutralità statunitense, dato che le loro brigate, guidate da istruttori
militari e col sostegno della forza aerea statunitensi, combatterono
per liberare Sirte dallo SIIL.
Il 2 luglio, il capo di Stato Maggiore
delle forze armate della repubblica araba, M. Hagasy, incontrò una
delegazione di Misurata per discutere come condurre le consultazioni
dirette tra Misurata e Haftar. Gli egiziani cercano di erodere il fronte
qatariota-turco nella Libia orientale per rafforzare la posizione di
Haftar. Usano la parte delle élite di Misurata pronte al compromesso.
Molto dipende dalla loro posizione negli scontri tra le forze di Haftar e
l’opposizione. Se Misurata supporterà l’opposizione con l’aviazione,
vincerà chi si oppone al dialogo con Tobruq.
L’eredità di Gheddafi
Il
figlio di Gheddafi, Sayf al-Islam, fu liberato all’inizio di giugno dai
soldati del clan Zintan in Tripolitania e Cirenaica. Ciò stimolava la
rivalità tra i competitori per il potere nell’ottenere la simpatia delle
tribù considerate filo-Gheddafi.
Sul lato opposto, chi cerca il potere
non dovrà permettere a Sayf al-Islam l’opportunità di diventare il
centro del potere, sostenendo l’unione di tutti i libici. La liberazione
di Sayf al-Islam è la premessa alla creazione di un sistema di
collegamento con le forze filo-Gheddafi e persuaderle ad aderire ad
un’alleanza. È anche un mezzo per acquisire finanziamenti dai Gheddafi,
attualmente detenuti all’estero.
Questo può essere difficile, il ritorno
del capitale finanziario è una prospettiva lontana. Il coinvolgimento
delle forze tribali d’altra parte è un’urgente questione di principio.
Il figlio del colonnello viveva agli arresti domiciliari a Zintan, o
protetto dallo zio ad al-Bayda in Cirenaica, dove si trova la madre, a
casa di S. Farqas. Fu all’avanguardia del programma dell’ex-leader
libico (2007-2010) per la liberazione, riabilitazione e il ritorno nella
società dei capi e militanti di al-Qaida.
I capi del gruppo combattente
libico A. Bilhadj, S. al-Sadi e H. al-Sharif hanno oggi diverse
centinaia di sostenitori. Bilhadj fuggì in Turchia dopo le ultime
battaglie a Tripoli, ma ha ancora influenza nella capitale. È un grosso
affarista nella logistica e nelle banche ed è pronto a compromessi con
il capo del clan Zintan attraverso Sayf al-Islam. Bilhadj si libererebbe
dell’influenza del Qatar se ci sono vere e proprie prospettive di
dialogo. Un altro partner probabile per i negoziati è il capo dei
“liberali” in Libia, M. Jibril, un protetto di Sayf al-Islam e
attualmente legato a Tobruq. Il figlio di Gheddafi ha un vantaggio: è
pienamente consapevole dei vari segreti detenuti da questi uomini.
D’altra parte, è impopolare presso i Tuba nel Fizan. Il suo rapporto con
i Tuareg è migliore, ma Sayf al-Islam non può dimenticare che lo
consegnarono al clan di Zintan nel 2011. Inoltre, la maggior parte degli
islamisti è riluttante a credere al figlio dell’ex-leader libico. In
quanto tale, non tornerà al potere, ma è necessario per le conoscenze e i
collegamenti. Saraj e Haftar hanno rafforzato la presa nella sfera
della diplomazia tribale. Il primo ha iniziato a nominare rappresentanti
di varie tribù nel blocco militare del proprio governo, garantendosi
così la fedeltà delle tribù.
Nel frattempo, il capo del governo perde il
controllo su Tuba e Fizan, che minacciano di abbandonare il trattato
romano che richiede la creazione di “guardie di frontiera” con le tribù
Tuareg e Aulyad Sulayman. Se accadesse, non sarà tanto una sconfitta di
Saraj quanto di Roma. Haftar ha iniziato, oltre a gestire i Tuba, a
consultare le élite tribali di Tarhuna, principali fornitori del
personale per l’esercito e le forze di sicurezza prima della rottura con
Gheddafi. L’altro figlio di Gheddafi, Qamis, pensava di trasferirsi a
Tarhuna con la 32.ma Brigata. Così poteva organizzare la resistenza.
Tarhuna controlla diverse aree e regioni di Tripoli, facendone degli
alleati indispensabili per controllare la capitale. Se i Tarhuna
riconoscono il dominio di Haftar, avrà una forte base. Il capo
tripolitano H. Tajuri, la cui forza è il sostegno militare principale di
Saraj a Tripoli, comincia a mostrarsi attivo contattando gli “ex”.
Durante gli scontri, le sue truppe liberarono la prigione della
capitale, custodita dagli islamisti di H. al-Sharif. Questa prigione
deteneva numerosi quadri dell’ex regime. Furono trasferiti nelle ville
nell’area controllata da Tajuri a Tripoli.
Il 12 giugno, durante una
pausa del Ramadan, Iftar Tajuri invitò a una cena al Radisson Blu Hotel.
Tra i suoi ospiti figuravano tra gli altri: S. Gheddafi, l’ex-primo
ministro A. Zayd Durda e l’ex-capo dei servizi di segreteria A. Sanusi.
Il capo cerca contatti con i rappresentanti delle tribù Gheddafi,
Sharian e Migrahi, a cui questi individui appartengono. Tali manovre
accelerarono dopo che Haftar e Saraj s’erano incontrati, il che indica
che Tajura, le cui truppe svolsero un ruolo importante nella liberazione
di Tripoli dalle forze dell’islamista al-Guala, avvia il suo gioco di
potere.
Evgenij Satanovskij, VPK, 01.08.2017 – SouthFront
Evgenij Satanovskij, Presidente dell’Istituto sul Medio Oriente
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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