giovedì 9 maggio 2013

Procede a grandi passi il bavaglio sul Web


Censura-TwitterGrazie al personale interessamento del nuovo presidente della Camera, Laura Boldrini, con l’approvazione in Senato di un emendamento ad una apposita proposta di legge (decreto sicurezza n. 733), si palesa il tentativo di mettere il bavaglio di fatto al web ed in particolare alla dissidenza politica contro il partito unico della finanza e dell’euro ed ai siti di controinformazione. 

La nuova legge infatti prevede l’intervento diretto del Ministero per oscurare i siti dove vengano commessi reati ideologici e lo stesso Ministero potrà chiedere che vengano collocati appositi filtri sui server, in caso di procedimento giudiziario operato dal magistrato contro gli autori di contenuti che vengono considerati oggetto di reato. Gli internet provider “disobbedienti” dovranno pagare una sanzione dai 50mila a 250mila euro. 

Facile prevedere che dietro il pretesto dei “delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato…….” descritti nel provvedimento, si procederà contro tutti i siti di controinformazione ed i Blog non omologati al “pensiero unico” e politicamente corretto. Questo provvedimento è la classica misura adottata dai regimi oppressivi che negano la libertà di informazione ed è in palese violazione dell’art. 21 della Costituzione.
 

In sostanza il governo si arroga di un potere che in altri paesi è demandato alla magistratura, anche se si enuncia che, in questo caso, il ministero procederà «in seguito a comunicazione dell’autorità giudiziaria». Il governo agirà «per decreto», incaricando la polizia postale di eseguire accertamenti e verifiche sui contenuti.
 

L’articolo 50-bis della proposta di legge, sembra che sia stato presentato in conseguenza delle segnalazioni causate dalla presenza su Facebook di gruppi in favore di mafia e stupro, come dichiarato dal proponente Giampiero D’Alia negli scorsi giorni. Il senatore si è immediatamente opposto all’adozione del ddl per altre ragioni politiche, sostenendo invece che l’emendamento concerne il «contrasto all’uso distorto e criminogeno di alcuni social network su internet».
 

Il sospetto più che fondato sta nel fatto che la nuova normativa sarà lo strumento che consentirà di oscurare i siti considerati scomodi prima ancora dell’accertamento fatto da parte dell’autorità giudiziaria.
 

In particolare, per quanto riguarda il decreto che dispone l’oscuramento, nella legge non viene menzionato l’obbligo di motivazione, che invece è sempre necessario per gli atti della magistratura, e coinvolge soggetti sostanzialmente estranei ai reati, gli Isp appunto. Oltre a tutto questo, introduce l’intervento del governo in un procedimento penale, sinora di competenza esclusiva della magistratura.
 

Questa nuova legge prevede di fatto l’intervento dell’autorità esecutiva (il Ministero) che deve procedere all’oscuramento dei siti dove viene contestato il reato ed il l coinvolgimento del provider di servizi che deve provvedere alla soluzione tecnica necessaria per assicurare l’oscuramento.
 

Tenendo conto di come attualmente si realizza l’oscuramento, riferito ai siti incriminati, viene realizzato tramite un filtro a livello di Dns. Si impedisce, cioè, all’utente finale di accedere al contenuto redirezionando l’indirizzo Ip pubblico dal server su cui è ospitato il contenuto ritenuto illegittimo a un altro server che avverte che la pagina è irraggiungibile.
 

Questa norma in realtà non tiene conto del fatto che risulta facilmente aggirabile utilizzando i Dns di provider non italiani e quindi non soggetti alla legislazione italiana e permettono facilmente di navigare e visualizzare ogni contenuto nonostante i filtri. La norma in realtà si presta ad essere di fatto inefficace Il provvedimento rischia anche di essere completamente inutile. I contenuti, soprattutto in questo momento storico, possono essere ripresi e integrati all’interno di più piattaforme dai diversi utenti che decidono di condividerli. Un testo (o un’immagine o un video), per esempio, può essere citato o ripreso integralmente da uno o più blog e da uno o più social network, con l’effetto pratico che il contenuto non si trova più solamente sul server di origine ma su diversi altri, spesso commerciali e pertanto non sotto il diretto controllo tecnico dell’utente.
 

Queste norme servono però a qualificare chi le propone, singoli o gruppi, come esponenti del partito della “censura” di lunga memoria che è sempre stato vigile ed attivo nella prima come nella seconda Repubblica.
 

Le opinioni sgradite al potere dominante fino ad oggi venivano emarginate ed a chi le esprimeva non veniva dato modo di essere in TV o sulle pagine dei giornali del sistema, al massimo poteva esprimersi attraverso un Blog su internet o nei commenti liberi sui “social network.”
 

Da ora in avanti, con l’approvazione di questa legge non sarà più così: inizia il “giro di vite” sulla dissidenza e sulle opinioni non “politicamente corrette”, ci sarà un giudice supremo che potrà suggerire quali sono i siti o i blog da far chiudere e quelli che avranno “graziosamente” la facoltà di rimanere aperti. Chi vorrà potrà adeguarsi , per chi non si adegua si preannunciano tempi difficili. 

di Luciano Lago

http://www.giornalettismo.com/archives/901345/gianpiero-dalia-ministro-pubblica-amministrazione/
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emend&leg=16&id=392701&idoggetto=413875
http://www.stampalibera.com/?p=62848 

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