«Tutte le convinzioni, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano il nostro tempo sono stati in realtà programmati al solo fine di sostenere la mistica del Partito e impedire che venga colta la vera natura della società contemporanea».
(George Orwell, 1984)
«Un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che, con mezzi non violenti, manipola l’ambiente e i pensieri e i sentimenti
dei singoli, uomini, donne e bambini».
(Aldous Huxley, Ritorno al Mondo Nuovo)
Chi controlla le menti, controlla il potere. Quale dominio, infatti, potrà mai essere più forte, capillare e apparentemente inattaccabile di quello esercitato non sulle cose o sui corpi, ma sull’immaginario che
guida e ispira la volontà di ognuno di noi?
Del resto, da che mondo è mondo, nessun tipo di potere ha mai potuto rinunciare del tutto a esercitare un qualche dominio sull’immaginario dei suoi sottoposti: quella magica mistura di fascino e timore, di cura e paura, che suggestiona le menti e rende improbabile o persino indesiderabile qualsivoglia tentativo di ribellione.
Con l’avvento della moderna “società di massa”, tuttavia, il potere ha dovuto agire su un numero indefinito di persone, molte delle quali spesso affettivamente sole e prive di punti di riferimento. L’arte del controllo, pertanto, ha finito per divenire “scienza”; una “scienza della manipolazione” di sconcertante raffinatezza, che non si limita più a esercitare una mera suggestione o una superficiale “induzione al timore”, ma riesce efficacemente a influenzare comportamenti e modi di essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica.
Un potere nascosto è inattaccabile
È un dato di fatto che la nostra coscienza, in genere, “rifugge” dal pensiero che un potere esterno possa avere un tale ascendente sulle nostre scelte da condizionarle sensibilmente. Infatti, anche se molti di noi potranno forse accettare l’idea che un potere intrappoli i corpi con la violenza o al limite possa condizionare certe scelte superficiali inerenti alla sfera economica o a quella dei “gusti”, a chiunque di noi appare istintivamente impossibile – nella misura in cui ci ripugna – ammettere che “qualcuno” possa indirizzare il modo di pensare di interi gruppi umani, modificare il “sentire” di intere generazioni o arrivare persino a generare modelli di pensiero e a influenzare le scelte morali o etiche.
Eppure, al contrario di quello che non riusciamo, o vogliamo, ammettere, si può dire che oggi, specie in Occidente, gli sforzi del potere sono diretti al controllo della “mentalità di massa”, con un livello di priorità identico, se non maggiore, a quello del controllo sulla macchina militare o sulle risorse economiche. Un potere, quello presente nelle moderne società “democratiche”, che, a differenza di quanto avveniva dei secoli passati, risulta veramente efficace, soprattutto se rimane “nell’ombra”, palesandosi il meno possibile, come dichiarava già nel XIX secolo il primo ministro britannico Benjamin Disraeli:
«Il mondo è governato da tutt’altri personaggi, che neppure immaginano coloro il cui occhio non giunge dietro le quinte»1.
Un potere nascosto, infatti, ha l’indubbio “pregio” di essere praticamente inattaccabile: dal suo “rifugio segreto” può serenamente contemplare l’alternarsi dei vari rappresentanti “eletti dal popolo” senza mescolarsi ad essi e, pertanto, senza dovere subire il fatale tramonto che prima o poi accompagna la storia di ogni leader o partito; può inoltre, se vuole, favorire ora l’uno ora l’altro dei “poteri visibili” o anche, se lo ritiene necessario, contemporaneamente due schieramenti apparentemente opposti, che potranno così, più o meno incoscientemente, perseguire in maniera diversa l’unico fine cui mira tale potere. Soprattutto, però, un potere nascosto – o comunque non immediatamente identificabile dai più – ha la straordinaria possibilità di fare quello che a nessun governo o potere visibile è dato compiere fino in fondo, ovvero manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la mentalità di massa senza dare l’impressione di farlo: può controllare i popoli entrando nel loro immaginario.
La fabbrica della manipolazione
Quando le persone si imbattono nell’espressione “manipolazione di massa”, la prima immagine che in genere viene loro in mente è quella di una TV (o in generale di un mass media) che veicola idee, suggestioni e contenuti nei cervelli dei suoi fruitori. Questa immagine è parzialmente giusta, perché se “nell’immediato” sono soprattutto i mass media a veicolare direttamente determinati contenuti a livello di massa, tuttavia la fase del “bombardamento massmediatico” è molto spesso l’ultimo anello di una catena invisibile, dietro la quale si nasconde quella che potremmo definire “la filiera” o “fabbrica” della manipolazione; in effetti i mass media, in ultima analisi, non fanno altro che far rimbalzare nell’etere (e nelle menti degli individui) idee e contenuti, che hanno già alle spalle una loro fase di elaborazione; cioè, per dirla con le parole dello studioso americano Ben Shapiro,
«la televisione riflette quelli che la creano e trasforma tutti gli altri».
Il primo e decisivo passaggio della manipolazione di massa, infatti, avviene in realtà manipolando i manipolatori; ovvero, secondo un certo tipo di linguaggio, “creando le élite” destinate a loro volta a diffondere un certo tipo di messaggi. Stiamo parlando di quei personaggi definiti nel mondo anglosassone bright & best, i “migliori e più brillanti” – artisti, scrittori, musicisti, star, opinion makers e persino studiosi e scienziati – i quali, per interesse o per personale convinzione, inducono con la loro opera uno “stato d’animo” nelle masse.
Ma cos’è, esattamente, uno stato d’animo?
L’espressione risale all’esoterista francese René Guénon, straordinario studioso delle grandi tradizioni spirituali dell’umanità, edotto anche, per esperienza e conoscenza personale, sul labirintico e occulto mondo dei “fabbricanti di opinioni”. Con état d’esprit, lo studioso francese indicava un “clima” culturale e spirituale fabbricabile dalle élites, attraverso influssi da utilizzare allo scopo di creare una certa “tendenza” nelle masse. Uno “stato d’animo” lo si può generare, ad esempio, attraverso la diffusione di una cultura orientata, di spettacoli, momenti d’aggregazione, letteratura o mode; tuttavia, secondo Guénon, i creatori di “stati d’animo” ottengono risultati davvero efficaci soprattutto nella misura in cui prescindono da qualsivoglia scrupolo di tipo “etico” e considerano ogni “influsso” veicolato verso le masse solo in un’ottica strumentale. Un vero creatore di états d’esprit, infatti, sa anche che una menzogna da lui stesso riconosciuta come tale può essere utile e lecita, se serve a un certo scopo, ritenendo come principio che solo “una certa élite” possa conoscere le vere finalità verso cui indirizzare i più.
Scriveva Guènon:
«È noto l’adagio Vulgus vult decipi , che alcuni commentano: “Ergo decipiatur!”.
[…] Si può così tenere per sé la verità e diffondere nello stesso tempo errori che si sanno essere tali, ma che si ritengono opportuni»2 .
Al tempo stesso, un vero “manipolatore occulto” non si lascerà trascinare nel gioco degli “apparenti opposti”, né in campo politico né in campo culturale, ma saprà utilizzare e persino incoraggiare tendenze apparentemente divergenti per i suoi scopi. Destra e sinistra, progresso e conservazione, e tutti gli altri “dualismi” a cui i “profani” sono abituati avranno, in sostanza, un valore relativo nelle vere stanze del
potere.
Non solo: il potere, se è davvero tale, potrà persino permettersi il lusso di tollerare o addirittura di generare una “pseudo-opposizione”, da usare come “specchio per le allodole” verso cui dirottare ogni possibile dissenso.
tratto da; La fabbrica della manipolazione
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