Quasi due settimane fa, Peter Pomerantsev, scrivendo per Foreign Affairs, ha pubblicato un articolo su “Come Putin reinventa la guerra“.
Sostiene che la Russia è impegnata in una “guerra non-lineare”,
alludendo al fatto che ciò costituisca una minaccia per l’occidente. Se
si legge tra le righe del suo approccio parziale e soggettivo, in realtà
descrive il vero obiettivo del processo, la restaurazione del potere e
la resistenza globale della Russia. La sua ira è probabilmente dovuta a
una Russia che ora reagisce alla disinformazione e agli assalti dei
media internazionali contro di essa e le sue politiche, infine
promuovendo la verità. Pomerantsev poi si getta su una speciosa tiritera
farneticante, dove sostiene la metafora contorta di una Russia che
cospira per divenire un “razziatore”; una dimostrazione
dell’esasperazione che probabilmente raggiungerà solo dei convinti
russofobi.
È alla fine del suo articolo, tuttavia, che pone la base
della risposta a ciò. Pomerantsev utilizza l’analogia del “villaggio
globale” occidentale contro “la guerra non lineare” della Russia per
farne il punto finale da cui infangare la Russia. In realtà, non c’è un
“villaggio globale”, ma piuttosto i molti villaggi delle civiltà
regionali che subiscono le incursioni e la “guerra non-lineare”
occidentali e che finalmente iniziano a riunirsi per fermare i predoni.
Il fine liberale della storia (ossia il “villaggio globale”) non esiste
al di fuori di una fantasia ideologica, il mondo è invece diviso in
civiltà (villaggi regionali) riunite intorno ad alcuni attori (Russia,
Cina, pilastri islamici, occidente). Ciò costituisce la base della
metafora utilizzata poi per avanzare la pretesa occidentale per condurre
la guerra non lineare contro il resto del mondo.
La ripetute incursioni di predoni e banditi occidentali, il cui paese è l’unico che cerca di espandersi e di saccheggiare, hanno incendiato gli altri villaggi. Negli ultimi dieci anni, il paese islamico ne ha sofferto più di tutti con conflagrazioni che ne decimano i quartieri afghano, iracheno, libico e siriano. Attualmente, il paese eurasiatico ha a che fare con l’incendio in Ucraina, volutamente appiccato per diffondersi nel nucleo russo. Tuttavia, conseguenza di tali ripetute incursioni, i villaggi regionali formano le forze di autodifesa e collaborano per spegnere gli incendi e fermare i raid. L’esperienza gli ha insegnato come resistere con successo e sfidare il paese occidentale.
Nel mondo reale, il successo delle compagnie mediatiche internazionali
(RT, PressTV, TVCC, Telesur) Dimostra che gli assalti
mediatici nell’informazione, infatti, possono essere respinti e che la
gestione di percezione ed iniziative di pubbliche relazioni nazionali
non sono più monopolio dell’occidente. Le affermazioni di Pomerantsev
che “l’interconnessione (economica) significa anche che la Russia può avviare un’aggressione”
non possono reggere alla verità. Il villaggio occidentale in realtà è
diviso in due, Stati Uniti e Unione europea, e il villaggio statunitense
è nato dall’UE e ora controlla il suo creatore. In questo caso, la
periferia controlla il centro, per così dire. E’ l’interconnessione tra
il villaggio eurasiatico (russo) e quello dell’Unione europea che funge
da vero e proprio controllo di ulteriori aggressioni degli Stati Uniti
contro il primo. Quando non saccheggia, il villaggio occidentale cerca
anche d’infiltrarsi presso gli altri tramite ONG e rivoluzioni colorate.
Una volta rovesciati alcuni membri del villaggio e/o installato un capo
del villaggio di sua scelta, tali voltagabbana possono “aprire le porte
dall’interno” promuovendo ammutinamenti e trascinando il paese
nell’annessione all’espansionismo occidentale.
Fuor di metafora, la dottrina Brzezinski (“I Balcani eurasiatici“) è la definizione di guerra non-lineare e destabilizzazione eversiva, utilizzando le ONG come elementi destabilizzanti negli Stati presi di mira, e per questo motivo le ONG finanziate dall’estero sono tenute a registrarsi come “agenti stranieri” nella Federazione russa. Gli scritti di Gene Sharp inoltre forniscono i consigli tattici fondamentali per sostenere la strategia della guerra non-lineare occidentale. Usando sempre più attori non statali, l’occidente ha una lunga tradizione nel promuovere gruppi di ascari militarizzati per attuare le sue politiche. Ciò s’è stato assai chiaro in Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libia e Siria, anche in altri Paesi vittime di tale subdola guerra. D’altra parte, l’occidente s’impegna ovviamente anche nelle guerre convenzionali. Ciò è stato più evidente nella guerra all’Iraq del 2003. Mescolando i due metodi si ha la nuova tendenza della politica estera statunitense. Una campagna non lineare di destabilizzazione militarizzata per delega culminata nel bombardamento tradizionale della NATO in Libia. Dopo tale “successo”, l’occidente ha puntato alla Siria, ma grazie alle abili manovre della politica estera russa, la guerra non lineare è stata ostacolata nella sua mutazione nella forma convenzionale.
L’articolo di Pomerantsev sfrutta anche isteria e una greve propaganda per spaventare il pubblico e fargli credere che la Russia stia attivamente formando una sorta di coalizione interna immaginaria contro l’occidente. Se vi capita di notare una sovrapposizione di interessi e obiettivi tra la Russia e attori nazionali occidentali, ciò accade perché entrambe le parti sono arrivate alle stesse conclusioni, dopo aver seguito lo stesso processo sperimentando il dominio unipolare e la discriminazione occidentale per vent’anni. Ad esempio, l’”euro-scetticismo” si vede anche nel sud-est asiatico, nella riluttanza dei membri dell’ASEAN di formare un’unione tipo UE. Il meglio della nuova sinistra e dell’ideologia della resistenza del Sud America iniziò organicamente a fiorire negli anni 2000, grazie a Hugo Chavez.
Similmente, le società tradizionalmente conservatrici di India, Cina e
Africa sono disgustate quanto la Russia da certi valori
occidentocentrici, come la “donna barbuta” di Eurovision. In condizioni
di laboratorio, la causa (il dominio occidentale) ha così dimostrato di
provocare ripetutamente effetti simili in tutto il mondo, confermando
così l’ipotesi che la Russia e gli altri arrivano alle loro conclusioni
per conto proprio. Non c’è un “caleidoscopio di messaggi
contraddittori”, essendo la resistenza e la sfida di ogni attore verso
l’occidente, per vari motivi e in forme diverse, conseguenza naturale.
Per concludere, vi sono attualmente diverse lotte di liberazione di civiltà nell’ambiento del vaso di Pandora del post-modernismo occidentale. Non si tratta della nuova pagina di un vecchio racconto storico, ma assolutamente di una nuova edizione ancora in stesura. Il resto del mondo, nelle assolutamente diverse identità e missioni globali, si unisce per fermare il rullo compressore occidentale. Devono collaborare per respingerne l’aggressione e salvaguardare il diritto alla propria identità e a procedere nella missione storica che individualmente si sono scelti. È la scelta democratica e sovrana di ogni civiltà nel procedere come vuole, ma per arrivarci devono liberarsi dal terrore della minaccia occidentale.
Questi villaggi non vogliono
radere al suolo quello occidentale, per così dire, ma sanno che
l’occidente raderà al suolo essi se non si faranno annettere. Così sono
impegnati in una lotta mortale e mai prima, nella loro storia, la
situazione è stata più terribile. Il resto del mondo va lentamente
coalizzandosi per creare un fronte unito contro la minaccia occidentale,
sperando di neutralizzarne raid e incursioni in modo che possa ancora
una volta sviluppare la propria civiltà costruendo e consolidando le
proprie società. Se, come crede Pomerantsev, Russia e resto del mondo
sono “incursori” antioccidentali, allora sì il futuro sicuramente
appartiene agli attori che resistono e reagiscono.
Andrew Korybko (USA) Oriental Review
Andrew Korybko, master americano presso l’Università Statale per le Relazioni Internazionali di Mosca (MGIMO).
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/05/19/la-guerra-non-lineare-delloccidente-e-il-diritto-degli-altri-a-resistere/
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