Secondo le parole del diplomatico, le azioni del gruppo
“Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIL) non solo minacciano
Baghdad e Damasco, ma possono distruggere definitivamente il fragile
equilibrio esistente nel Medio Oriente.
I terroristi
hanno proclamato la creazione nel territorio iracheno del cosiddetto
“califfato” con a capo il califfo Abubakar al-Baghdadi. Mikhail Bogdanov
sottolinea che nella storia e nei libri religiosi il califfo è un
leader sia statale che spirituale dei musulmani. Risulta quindi che
l’ISIL pretende troppo. È poco probabile che tali dichiarazioni possano
piacere agli esponenti religiosi autorevoli e ai teologi, rileva il
diplomatico russo:
Persino il nome del gruppo – “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” – allude ad una via diretto verso la divisione dell’Iraq. E non solo dell’Iraq, visto che il “califfato” è stato proclamato anche sul territorio della Siria. A quanto risulta, gli appetiti delle persone che stanno dietro questo progetto vanno oltre i confini dell’Iraq e della Siria. Ed infatti, storicamente del Levante fanno parte i territori occupati adesso da paesi come il Libano, la Giordania e la Palestina.
È
vasto il territorio al quale mirano i radicali ed è chiaro a quali
conseguenze possa portare lo sviluppo degli avvenimenti secondo questo
scenario. Bisogna porre al più presto fine a questo processo, dice il
viceministro. Mosca si pronuncia per la conservazione dell’unità
territoriale e dell’indipendenza dell’Iraq, Siria ed altri paesi della
regione. Per una lotta efficace contro il terrorismo – in particolare,
contro l’ISIL – è necessario unire gli sforzi:
Deve unirsi anche la società irachena, ci vuole la comprensione reciproca tra i leader delle principali comunità, ossia sciita, sunnita e curda. A ciò devono contribuire gli amici degli iracheni nell’arena internazionale. La Russia mantiene contatti con tutti i nostri amici iracheni. Contiamo che anche i partner occidentali, i paesi del Golfo, la Turchia, tutti noi ci uniremo nel nostro desiderio comune di aiutare gli iracheni a difendere l’integrità territoriale e la sovranità dell’Iraq, come anche della Siria.
Per quanto
riguarda la Siria, ultimamente il processo di regolazione della
situazione è stato congelato. Una delle cause dell’impasse è l’assenza
del rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU per la
Siria. Il precedente rappresentante speciale, Lakhdar Brahimi, ha
rassegnato le dimissioni. Secondo l’opinione di Bogdanov, la persona del
nuovo rappresentante speciale svolgerà un importante ruolo. Brahimi
era, infatti, una persona politica seria e rispettata, si è occupato
della regolazione di molte crisi: in Libano, in Afghanistan. Molto
dipende quindi dal calibro del successore, da come conosce la
problematica e la gente, da come è conosciuto egli stesso. A Mosca sono
convinti che il potenziale del processo negoziale avviato a Ginevra e
continuato a Montreux non sia esaurito, fa notare Mikhail Bodganov:
I due round sono durati, in sostanza, solo tre settimne, è passsato troppo poco tempo. Tanto più che uno dei problemi era il carattere poco rappresentativo della delegazione dell’opposizione. Ma, in ogni caso, ci voleva più tempo. I siriani dovevano essere adattati reciprocamente, visto che esiste una crisi di fiducia. In questa sede le parti hanno per la prima volta visto l’una l’altra, hanno cominciato a chiarire le interazioni, poi hanno detto: no, questo non riesce, bisogna chiudere tutto. Ci dicono che il processo non avrebbe prospettive. Ma esiste invece l’idea di armare e finanziare l’opposizione affinché cambi il rapporto di forze. Ciò significa il proseguimento della guerra e persino la sua stimolazione.
Mosca è pronta alle
trattative di qualsiasi formato. In particolare, la Russia ha già messo
in campo la proposta di creare una “pista parallela”, ossia coinvolgere
tutti i paesi capaci di influire positivamente sia sulla Damasco
ufficiale che sull’opposizione. Oltre alla Russia e agli USA al processo
potrebbero aderire l’Arabia Saudita, Iran, Turchia ed Egitto.
A
suo tempo Bashar Assad ha accettato le richieste della comunità
mondiale in merito alla distruzione delle armi chimiche. Secondo i dati
forniti dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche
(OPAC), che controlla il trasporto fuori della Siria degli aggressivi
chimici e delle relative attrezzature, Damasco ha realizzato le
condizioni dell’accordo. Tuttavia politici occidentali dichiarano
periodicamente che non sarebbe così. Recentemente la Francia ha
affermato che il governo siriano avrebbe nascosto una parte degli
aggressivi chimici. Conformemente alla Convenzione sulla proibizione
delle armi chimiche ogni paese può rivolgersi all’OPAC con la richiesta
di “delucidare una situazionde che susciti preoccupazione”. Ma finora né
la Francia, né un altro paese si è rivolto all’OPAC con tale richiesta.
Vi si sono rivolte le stesse autorità siriane che hanno chiesto agli
esperti dell’organizzazione di svolgere ispezioni per togliere tutti i
sospetti.
La minaccia terroristica generale divide
adesso la società araba e la regione in complesso e può oltrepassare i
confini mediorientali. Stando a Bodganov, vediamo un vero attacco
dell’“internazionale terrorista”. Nelle file dell’ISIL e di altri gruppi
radicali ci sono migliaia di mercenari stranieri. Dopo aver passato la
scuola della guerra e del terrore queste persone ritorneranno nei propri
paesi e, molto probabilmente, proseguiranno questo loro mestiere. Il
Ministero degli Esteri della Russia rileva la serietà della minaccia e
ritiene che la situazione vada discussa in un ambito largo, ossia ad un
incontro internazionale sotto l’egida dell’ONU.
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