«Preparare
gli alimenti rappresenta sia un gioco da bambini che una gioia da
adulti... e se è fatto con cura, è un atto d’amore».
Craig Claiborne
A un certo punto del mio viaggio spirituale, cominciai a sentir ripetere lo stesso concetto mille volte: se sperimentiamo una sensazione di irrequietezza nella vita, si tratta semplicemente di una percezione errata. Una vasta parte di ciò che stavo apprendendo verteva sul concetto che avrei potuto trasformare qualsiasi situazione apparentemente triste, arrivandoci integra e felice. Se però mi sentivo “meno che” capace di essere all’altezza, avrei potuto provare risentimento, sentendomi piantata in asso dalla vita.
Questo intero concetto dapprima mi disturbava realmente. Ero così poco consapevole di poter essere io a determinare le mie percezioni, causandomi così tanta sofferenza. Davvero mi riusciva difficile accettare quell’idea. Questo forse dipendeva dal fatto che a quell’epoca della mia vita ero molto incline a incolpare gli altri e le situazioni esterne di tutti i miei disagi e della mia sofferenza.
A quell’epoca, nel mio corso di meditazione avevamo appena cominciato a praticare l’arte dell’attenzione consapevole. Il nostro compito in una data settimana fu quello di osservare consciamente noi stessi e il modo in cui vivevamo. Per raggiungere tale scopo, l’insegnante consegnò a ciascuno studente un adesivo a forma di cuore. Ci disse: «Portatelo a casa e mettetelo in un posto che secondo voi è il più adatto a rammentarvi di essere consapevoli».
«Questo è facile», pensai. «So esattamente dove mettere il mio».
Quando arrivai a casa, appiccicai il cuore proprio ad altezza d’occhi, al di sopra dei miei fornelli in cucina. Questo perché spesso la sera mi sedevo a tavola sentendomi più come lo straccio che avevo usato tutto il giorno per togliere le macchie di cibo rovesciato sul pavimento, che non come una gioviale compagna di tavola. Così feci il coraggioso passo di scegliere di essere consapevole e presente proprio nel punto in cui preparavo il pasto serale.
In un primo momento, quel cuore era un ottimo promemoria per ricordarmi di essere presente, e canticchiavo contenta mentre tagliavo le verdure, mettevo a bollire l’acqua e cose del genere; ma non passò molto tempo perché mi ritrovassi prigioniera della mia vecchia disposizione mentale. Semplicemente, non riuscivo a mentire rispetto a tutta quella faccenda della cena, che per me rappresentava il più grande simbolo del mio vittimismo nella vita. Cominciai a sbattere pentole e padelle sui fornelli e mi ritrovai a pensare: «Sono in trappola. Sarò bloccata qui per il resto della mia vita, a fare la schiava a un branco di ingrati. A che scopo mi sono fatta un fondello così per tutti quegli anni cercando di fare carriera?! Per questo!? La mia vita fa schifo. Bla bla bla...». Continuavo a ripetermi le stesse cose, prolungando l’abuso verso me stessa.
Quello non fu un periodo facile della mia vita. Stavo facendo grandi sforzi e sentivo di aver completamente sbagliato tutto quanto. Comunque, non c’era più modo di negare la sofferenza che ciò mi stava causando.
Fu a quel punto che sentii il bisogno di prendere seriamente in considerazione il fatto di cambiare il mio comportamento.
Quando mi capitò nuovamente di meditare, pregai semplicemente così: «Non lo so. Non so come risolvere questa cosa... Per favore, ti prego, dammi una risposta». Fu allora che udii una voce dal profondo di me stessa, dalla mia Anima:
Tu vali. Non sei triste né stupida, colpevole, debole o patetica, semplicemente, tu vali. Secondo la Mia visione, che è l’unica vera esistente, tu rappresenti la Perfezione. Sei una Perfezione talmente meritevole del mio perenne Amore, che piango quando lo rifiuti e resti bloccata in questi dolorosi e contorti pensieri; e mentre li sperimenti, tu credi che rappresentino la verità.
Come puoi essere nient’altro che integra, se sono io a stabilirlo? Tu accetterai il tuo valore, la tua vera Unicità, di questo sono certa. Scegli di accettarli ora, e sentiti a casa in un’oasi di Verità piena di pace, che proclama alle orecchie, un tempo sorde, la tua perfezione, i tuoi meriti, la tua Unicità, in pace con Me.
Dovetti ammettere che l’odio che provavo verso me stessa e la mia poca autostima erano proprio i fattori che mi impedivano di vivere non solo una vita familiare felice e priva di preoccupazioni, ma anche la mia connessione col resto della vita. Avevo dato alla mia famiglia a partire dal sacrificio di me stessa. In qualche modo ero arrivata a credere che elargire me stessa mi avrebbe resa abbastanza meritevole di essere amata.
Ben presto riuscii finalmente a rendermi conto che tutta la mia sofferenza aveva ben poco a che fare con i miei obblighi di moglie e madre, ma piuttosto col modo in cui percepivo il mio ruolo nella vita. Questa rivelazione mi venne dal prendere in esame il comportamento di Madre Teresa. Avevo fatto ricerche sul suo retroterra culturale perché il mio grido interiore più ricorrente ogni volta che mi osservavo fallire miseramente nell’essere presente era: «Non sono certo Madre Teresa!».
La ragione per cui Madre Teresa riusciva a trovare una sconfinata energia per occuparsi quasi senza sosta dei bisogni del prossimo, e ben avanti negli anni, dipendeva dal beneficio che ne riceveva immediatamente. Quando Madre Teresa andava in un reparto ospedaliero pieno di gente che moriva, in tutte quelle persone vedeva Dio, che le dava l’opportunità di Amare e di collegarsi alla sfera del Divino. Quando si Ama in tal modo, nell’istante in cui si dà qualcosa ci torna indietro moltiplicato per dieci. Ci si dà pienamente il permesso di Essere Dio che si prende cura di Dio. Questo è il modo in cui Madre Teresa ha amato ed è vissuta.
Dopo questa realizzazione, preparai la cena in modo del tutto diverso. La mia famiglia fu libera di aiutarmi in cucina, proprio nel luogo che prima era la nostra prigione. Tutti trovarono più facile sentirsi coinvolti, perché la smisi di rimproverarli fanaticamente, tiranneggiando ogni mossa che facevano, o analizzando ogni loro errore. Finalmente sapevo di meritare Amore e felicità, al pari di loro. Dio merita forse niente di meno?
In seguito a quelle rivelazioni, ogni volta che coglievo la vista di quel cuore – che restò sopra i fornelli della cucina fino al giorno in cui abbiamo traslocato – sorridevo.
INFONDERE LUCE E AMORE NEL CIBO
L’antitesi di aggiungere emozioni negative agli alimenti che preparate è saturarli consciamente di amore. Ho praticato il Reiki ed ho molti amici Reiki Master, cioè guaritori che lavorano sui campi energetici sottili del corpo. È prassi comune, nella cerchia reikiana, “attivare” l’energia guaritrice delle mani mentre si è intenti alla preparazione del cibo.
La capacità di aggiungere una carica energetica a un pasto non è un talento riservato ai soli praticanti di Reiki: lo può fare chiunque! Infatti, la maggior parte dei migliori chef del mondo lo fa spontaneamente, è la passione che nutrono per il loro lavoro e il mezzo artistico costituito dagli alimenti ad attivarli. Così il loro amore scorre verso il cibo ogni volta che affrontano la preparazione di un pasto. Se scegliete di preparare le vivande tenendolo a mente, potrete aggiungere quell’ingrediente in più che rende divino il sapore di una portata.
Proprio come una splendida opera d’arte si crea mediante un’interazione costante tra l’artista e la tela, così anche un pasto che soddisfa l’anima è il risultato dell’attenzione, della cura e del contatto col cibo messi in atto dal cuoco. Il vostro stato di coscienza si espanderà. Comincerete a percepire la forza vitale che fluisce da voi verso il cibo, e viceversa.
Quindi risulta chiaro quanto sia importante agire in base a una presenza consapevole mentre siete impegnati nella preparazione degli alimenti, non solo per voi stessi, ma anche per coloro a cui li servite. Il cibo risulta nutriente al massimo per l’Anima se è preparato con cura e amorevolezza, quando è ben pulito e maneggiato attentamente. Cucinare può a ragione essere considerato come un atto di auto-espressione e creatività. Quante volte ci concediamo il lusso di svolgere questo compito quotidiano in quel modo?
L’ARTE DELLA PREPARAZIONE CONSAPEVOLE DEGLI ALIMENTI
In molte culture tradizionali e in alcune altre culture cosiddette meno “avanzate” di oggi, le donne si riuniscono per preparare i pasti insieme come comunità. Si tratta non solo di un atto creativo, dove ogni donna dà il suo contributo al capolavoro finale, ma anche di un momento dedicato all’interazione sociale, alla connessione. Ci siamo allontanati così tanto da tutto ciò.
Oggi non è raro scartare una cena surgelata, metterla nel forno a microonde e poi buttarla in tavola per poterci dedicare subito a qualcos’altro.
Le attività del cucinare e del mangiare costituiscono una enorme fetta della nostra vita. Perdere questi minuti e ore della nostra giornata perché non teniamo in dovuto conto tali attività – vedendole invece come semplici mezzi per raggiungere un fine – sarebbe un peccato. Ci può essere bellezza nella preparazione degli alimenti, specialmente se la concepiamo e la svolgiamo con amorevole attenzione. Assaporare il processo come se costituisse di per sé l’evento principale permette anche a un semplice aroma di elevare la vostra coscienza. Sentire risuonare un ortaggio croccante sotto la lama del coltello è un’operazione che ci fa ritrovare la nostra centratura; si prova euforia nell’inspirare profondamente l’aroma delle spezie appena colte; ed è allettante inalare il profumo di cipolle che sfrigolano mentre si osserva la trasformazione di alcuni semplici ingredienti in un voluttuoso pezzo forte, a prescindere da quanto semplice possa essere.
Il tempo impiegato per cucinare con amore e creatività risulta tutto speso in comunione con l’Anima. Inoltre, come è vigoroso il cibo che si mangia, quando si comincia ad assimilare quel vigore semplicemente notando i gusti, la consistenza e i deliziosi colori che ci presenta.
Maureen Whitehouse
Da “L'alimentazione sana e naturale”, cap. 7
fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/preparate-alimenti-anima.php
Craig Claiborne
A un certo punto del mio viaggio spirituale, cominciai a sentir ripetere lo stesso concetto mille volte: se sperimentiamo una sensazione di irrequietezza nella vita, si tratta semplicemente di una percezione errata. Una vasta parte di ciò che stavo apprendendo verteva sul concetto che avrei potuto trasformare qualsiasi situazione apparentemente triste, arrivandoci integra e felice. Se però mi sentivo “meno che” capace di essere all’altezza, avrei potuto provare risentimento, sentendomi piantata in asso dalla vita.
Questo intero concetto dapprima mi disturbava realmente. Ero così poco consapevole di poter essere io a determinare le mie percezioni, causandomi così tanta sofferenza. Davvero mi riusciva difficile accettare quell’idea. Questo forse dipendeva dal fatto che a quell’epoca della mia vita ero molto incline a incolpare gli altri e le situazioni esterne di tutti i miei disagi e della mia sofferenza.
A quell’epoca, nel mio corso di meditazione avevamo appena cominciato a praticare l’arte dell’attenzione consapevole. Il nostro compito in una data settimana fu quello di osservare consciamente noi stessi e il modo in cui vivevamo. Per raggiungere tale scopo, l’insegnante consegnò a ciascuno studente un adesivo a forma di cuore. Ci disse: «Portatelo a casa e mettetelo in un posto che secondo voi è il più adatto a rammentarvi di essere consapevoli».
«Questo è facile», pensai. «So esattamente dove mettere il mio».
Quando arrivai a casa, appiccicai il cuore proprio ad altezza d’occhi, al di sopra dei miei fornelli in cucina. Questo perché spesso la sera mi sedevo a tavola sentendomi più come lo straccio che avevo usato tutto il giorno per togliere le macchie di cibo rovesciato sul pavimento, che non come una gioviale compagna di tavola. Così feci il coraggioso passo di scegliere di essere consapevole e presente proprio nel punto in cui preparavo il pasto serale.
In un primo momento, quel cuore era un ottimo promemoria per ricordarmi di essere presente, e canticchiavo contenta mentre tagliavo le verdure, mettevo a bollire l’acqua e cose del genere; ma non passò molto tempo perché mi ritrovassi prigioniera della mia vecchia disposizione mentale. Semplicemente, non riuscivo a mentire rispetto a tutta quella faccenda della cena, che per me rappresentava il più grande simbolo del mio vittimismo nella vita. Cominciai a sbattere pentole e padelle sui fornelli e mi ritrovai a pensare: «Sono in trappola. Sarò bloccata qui per il resto della mia vita, a fare la schiava a un branco di ingrati. A che scopo mi sono fatta un fondello così per tutti quegli anni cercando di fare carriera?! Per questo!? La mia vita fa schifo. Bla bla bla...». Continuavo a ripetermi le stesse cose, prolungando l’abuso verso me stessa.
Quello non fu un periodo facile della mia vita. Stavo facendo grandi sforzi e sentivo di aver completamente sbagliato tutto quanto. Comunque, non c’era più modo di negare la sofferenza che ciò mi stava causando.
Fu a quel punto che sentii il bisogno di prendere seriamente in considerazione il fatto di cambiare il mio comportamento.
Quando mi capitò nuovamente di meditare, pregai semplicemente così: «Non lo so. Non so come risolvere questa cosa... Per favore, ti prego, dammi una risposta». Fu allora che udii una voce dal profondo di me stessa, dalla mia Anima:
Tu vali. Non sei triste né stupida, colpevole, debole o patetica, semplicemente, tu vali. Secondo la Mia visione, che è l’unica vera esistente, tu rappresenti la Perfezione. Sei una Perfezione talmente meritevole del mio perenne Amore, che piango quando lo rifiuti e resti bloccata in questi dolorosi e contorti pensieri; e mentre li sperimenti, tu credi che rappresentino la verità.
Come puoi essere nient’altro che integra, se sono io a stabilirlo? Tu accetterai il tuo valore, la tua vera Unicità, di questo sono certa. Scegli di accettarli ora, e sentiti a casa in un’oasi di Verità piena di pace, che proclama alle orecchie, un tempo sorde, la tua perfezione, i tuoi meriti, la tua Unicità, in pace con Me.
Dovetti ammettere che l’odio che provavo verso me stessa e la mia poca autostima erano proprio i fattori che mi impedivano di vivere non solo una vita familiare felice e priva di preoccupazioni, ma anche la mia connessione col resto della vita. Avevo dato alla mia famiglia a partire dal sacrificio di me stessa. In qualche modo ero arrivata a credere che elargire me stessa mi avrebbe resa abbastanza meritevole di essere amata.
Ben presto riuscii finalmente a rendermi conto che tutta la mia sofferenza aveva ben poco a che fare con i miei obblighi di moglie e madre, ma piuttosto col modo in cui percepivo il mio ruolo nella vita. Questa rivelazione mi venne dal prendere in esame il comportamento di Madre Teresa. Avevo fatto ricerche sul suo retroterra culturale perché il mio grido interiore più ricorrente ogni volta che mi osservavo fallire miseramente nell’essere presente era: «Non sono certo Madre Teresa!».
La ragione per cui Madre Teresa riusciva a trovare una sconfinata energia per occuparsi quasi senza sosta dei bisogni del prossimo, e ben avanti negli anni, dipendeva dal beneficio che ne riceveva immediatamente. Quando Madre Teresa andava in un reparto ospedaliero pieno di gente che moriva, in tutte quelle persone vedeva Dio, che le dava l’opportunità di Amare e di collegarsi alla sfera del Divino. Quando si Ama in tal modo, nell’istante in cui si dà qualcosa ci torna indietro moltiplicato per dieci. Ci si dà pienamente il permesso di Essere Dio che si prende cura di Dio. Questo è il modo in cui Madre Teresa ha amato ed è vissuta.
Dopo questa realizzazione, preparai la cena in modo del tutto diverso. La mia famiglia fu libera di aiutarmi in cucina, proprio nel luogo che prima era la nostra prigione. Tutti trovarono più facile sentirsi coinvolti, perché la smisi di rimproverarli fanaticamente, tiranneggiando ogni mossa che facevano, o analizzando ogni loro errore. Finalmente sapevo di meritare Amore e felicità, al pari di loro. Dio merita forse niente di meno?
In seguito a quelle rivelazioni, ogni volta che coglievo la vista di quel cuore – che restò sopra i fornelli della cucina fino al giorno in cui abbiamo traslocato – sorridevo.
INFONDERE LUCE E AMORE NEL CIBO
L’antitesi di aggiungere emozioni negative agli alimenti che preparate è saturarli consciamente di amore. Ho praticato il Reiki ed ho molti amici Reiki Master, cioè guaritori che lavorano sui campi energetici sottili del corpo. È prassi comune, nella cerchia reikiana, “attivare” l’energia guaritrice delle mani mentre si è intenti alla preparazione del cibo.
La capacità di aggiungere una carica energetica a un pasto non è un talento riservato ai soli praticanti di Reiki: lo può fare chiunque! Infatti, la maggior parte dei migliori chef del mondo lo fa spontaneamente, è la passione che nutrono per il loro lavoro e il mezzo artistico costituito dagli alimenti ad attivarli. Così il loro amore scorre verso il cibo ogni volta che affrontano la preparazione di un pasto. Se scegliete di preparare le vivande tenendolo a mente, potrete aggiungere quell’ingrediente in più che rende divino il sapore di una portata.
Proprio come una splendida opera d’arte si crea mediante un’interazione costante tra l’artista e la tela, così anche un pasto che soddisfa l’anima è il risultato dell’attenzione, della cura e del contatto col cibo messi in atto dal cuoco. Il vostro stato di coscienza si espanderà. Comincerete a percepire la forza vitale che fluisce da voi verso il cibo, e viceversa.
Quindi risulta chiaro quanto sia importante agire in base a una presenza consapevole mentre siete impegnati nella preparazione degli alimenti, non solo per voi stessi, ma anche per coloro a cui li servite. Il cibo risulta nutriente al massimo per l’Anima se è preparato con cura e amorevolezza, quando è ben pulito e maneggiato attentamente. Cucinare può a ragione essere considerato come un atto di auto-espressione e creatività. Quante volte ci concediamo il lusso di svolgere questo compito quotidiano in quel modo?
L’ARTE DELLA PREPARAZIONE CONSAPEVOLE DEGLI ALIMENTI
In molte culture tradizionali e in alcune altre culture cosiddette meno “avanzate” di oggi, le donne si riuniscono per preparare i pasti insieme come comunità. Si tratta non solo di un atto creativo, dove ogni donna dà il suo contributo al capolavoro finale, ma anche di un momento dedicato all’interazione sociale, alla connessione. Ci siamo allontanati così tanto da tutto ciò.
Oggi non è raro scartare una cena surgelata, metterla nel forno a microonde e poi buttarla in tavola per poterci dedicare subito a qualcos’altro.
Le attività del cucinare e del mangiare costituiscono una enorme fetta della nostra vita. Perdere questi minuti e ore della nostra giornata perché non teniamo in dovuto conto tali attività – vedendole invece come semplici mezzi per raggiungere un fine – sarebbe un peccato. Ci può essere bellezza nella preparazione degli alimenti, specialmente se la concepiamo e la svolgiamo con amorevole attenzione. Assaporare il processo come se costituisse di per sé l’evento principale permette anche a un semplice aroma di elevare la vostra coscienza. Sentire risuonare un ortaggio croccante sotto la lama del coltello è un’operazione che ci fa ritrovare la nostra centratura; si prova euforia nell’inspirare profondamente l’aroma delle spezie appena colte; ed è allettante inalare il profumo di cipolle che sfrigolano mentre si osserva la trasformazione di alcuni semplici ingredienti in un voluttuoso pezzo forte, a prescindere da quanto semplice possa essere.
Il tempo impiegato per cucinare con amore e creatività risulta tutto speso in comunione con l’Anima. Inoltre, come è vigoroso il cibo che si mangia, quando si comincia ad assimilare quel vigore semplicemente notando i gusti, la consistenza e i deliziosi colori che ci presenta.
Maureen Whitehouse
Da “L'alimentazione sana e naturale”, cap. 7
fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/preparate-alimenti-anima.php
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