mercoledì 20 agosto 2014

L'oppressione dell'opinione

Il filosofo Parmenide distinse tra verità (alétheia) ed opinione (dòxa). Non ci occuperemo qui della prima, perché è tema abissale e bisognerebbe, in primo luogo, discernere fra verità empirica ed ontologica, per dedicarci, invece ad una riabilitazione della dòxa che è, letteralmente, ciò che appare. Anche l’apparenza, però, ha la sua sostanza.

Nella nostra società omologata del non pensiero unico, chi manifesta un’idea è subito stigmatizzato: si ripete che ogni interpretazione deve essere ancorata ai fatti, inclusa in una teoria “scientifica”, altrimenti non vale alcunché. E’ un modo, uno dei tanti, per reprimere la libertà di pensare.

Gli aggettivi – non per le ragioni addotte da Filippo Tommaso Marinetti – sono vietati: qualsiasi aggettivo si trasforma ipso facto in diffamazione.

Non è un caso se oggigiorno i “delitti” che i giudici perseguono con maggiore solerzia sono i “reati” d’opinione: con il pretesto della calunnia e dell’ingiuria, ci si accanisce contro chi dimostra di possedere uno spirito critico. I tribunali sono ingolfati da cause inerenti a presunte diffamazioni, mentre i veri misfatti restano impuniti. Lo “psicoreato” è l’incubo che aleggia nelle tetre aule di una “giustizia” iniqua e nella necropoli dell’establishment. In maniera moralistica oltre che oppressiva, certe toghe si impancano a divinità che credono di poter giudicare il bene ed il male, di dover assegnare premi agli eletti e punizioni ai reprobi.

Sono poi meri pareri quelli palesati dai pochi intellettuali e ricercatori ancora degni di questi nomi o qualcosa di differente, di più sostanzioso? Non saranno valutazioni argomentate, analisi, persino moniti e denunce? Li si liquida come esternazioni prive di oggettività: si invocano i fatti (sull’idolatria dei fatti ha scritto pagine memorabili Nietzsche, ma i censori sono per natura ignoranti e confondono Nietzsche con un famigerato marchio di calzature); si pretende un’assoluta aderenza alle cose, mentre si elargisce un imbarazzante pressappochismo.

E’ bene ripeterlo: nell’ipocrita società odierna non è ammessa alcuna libertà. Quanto più i diritti del cittadino sono celebrati, tanto più essi sono distrutti. Così si culmina con il paradosso per cui è soprattutto la scuola, che dovrebbe essere palestra di idee, luogo di elaborazione culturale attraverso la dialettica, ad essere l’istituzione in cui, malgrado tante belle parole, la possibilità di esprimere la propria Weltanschauung è ferocemente negata. La scuola non è la tomba della cultura, poiché un sepolcro è comunque un monumento a ciò che fu. Il sistema “educativo” è televisione senza schermo: come la televisione intrattiene, indottrina e plagia in maniera irreparabile.

Attualmente l’unico pensiero consentito è quello dell’opinione pubblica ed è indubbio che essa si caratterizza per il fatto di non avere alcuna opinione.


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