La spiegazione ufficiale è che il progetto non è
conforme alle norme europee. Sembra però che la vera causa sia politica.
Lo schema usato per indurre il paese a rinunciare al progetto che ha
per esso un’importanza strategica, è davvero elementare. La Bulgaria
aveva sempre sostenuto il progetto, ma in giugno il Primo Ministro
bulgaro Oresharski annuncia la sospensione dei lavori. E lo fa dopo aver
incontrato una delegazione degli USA, paese che, in questo caso
specifico, non dovrebbe avere nessuna voce in capitolo.
L’interlocutore
di Oresharski è stato il senatore John McCain. È significativo che
durante l’incontro McCain, senza mezzi termini, ha parlato della sua
posizione antirussa. Più volte ha ripetuto che occorre minimizzare la
partecipazione della Russia al progetto South Stream. L’assurdità di
questo approccio è ovvia, perché è stata Mosca a proporre il progetto
per garantire la sicurezza delle forniture verso l’Europa.
Oltre
all’attacco diretto da parte degli USA; contro la Bulgaria è stato usato
anche il Parlamento europeo che ha votato una risoluzione nella quale
ha constatato che la costruzione di South Stream deve essere fermata e
le forniture devono essere diversficate. Tuttavia alcuni paesi hanno
continuato a sostenere il progetto, specie dopo che Kiev ha minacciato
di bloccare il transito di gas a partire dall’autunno o anche in
inverno. Comunque sia, dopo alcuni tentativi di resistere, la Bulgaria
si è arresa, nonostante che la Russia sia il suo unico fornitore di gas.
Altre fonti per Sofia non ci sono. Se l’Ucraina impone l’embargo sul
transito del gas russo, la Bulgaria sarà totalmente privata delle fonti
di approvvigionamento. In più, perderà miliardi di dollari, perché con
la costruzione del nuovo gasdotto già quest’anno il suo PIL sarebbe
cresciuto del 2% e sarebbero stati creati 5 mila nuovi posti di lavoro.
E
ora la domanda più importante: chi paga per tutto questo? In precedenza
la Bulgaria aveva più volte dichiarato: se viene bloccato il progetto,
Sofia chiederà risarcimento all’UE. Ma oltre all’utile mancato e alla
crescita stroncata, ci sono anche degli obblighi contrattuali del paese.
A pagarli sarà sempre Bruxelles.
Ma la storia del
progetto non è finita. Tra un po’ ci sarà l’inverno, forse freddo e con
forniture irregolari.
L’inverno potrebbe bastare per raffreddare certe
teste calde in Europa e il loro desiderio di compiacere gli USA. Allora
le ricette americane non saranno più così efficienti.
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