Gli Usa
hanno organizzato il caos in Medio Oriente creando il Califfato
Islamico, cioè l’ultima versione di Al-Qaeda: un pretesto perfetto per
riprendere i bombardamenti. Obiettivo: destabilizzare Russia e Cina,
agitando le loro popolazioni musulmane. Grande obiettivo americano:
imporre il dollaro come moneta unica sul mercato del gas, la fonte
energetica del XXI secolo, così come fu per il petrolio. Di qui la
doppia offensiva in corso da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e
Israele: attacco simultaneo in Iraq, Siria, Libano e Palestina, e
offensiva nell’Est Europa per separare Mosca dall’Ue, attraverso la crisi promossa in Ucraina, di cui i media non raccontano le reali proporzioni (entità dei combattimenti, vittime, presenza di militari Usa,
mezzo milione di profughi già accolti da Mosca). Nel mirino, scrive
Thierry Meyssan, c’è la Russia, ovvero «la principale potenza in grado
di guidare la resistenza all’imperialismo anglosassone». Con la Russia
si schierano i Brics, protagonisti di una spettacolare contromossa: la
creazione di una loro banca in alternativa al Fmi e alla Banca Mondiale,
cioè al sistema basato sul dollaro.
«Già prima di questo annuncio – rileva Meyssan in un’analisi tradotta da “Megachip” – gli anglosassoni avevano messo in atto la loro risposta: la trasformazione della rete terroristica di Al-Qa’ida in un califfato». Per questo, gli Usa
e i loro alleati hanno proseguito la loro offensiva in Siria,
espandendola poi contemporaneamente sia in Iraq che in Libano, mentre
hanno fallito nell’espulsione di una parte dei palestinesi verso
l’Egitto e nel destabilizzare la regione ancor più profondamente.
«Infine, si tengono lontani dall’Iran per dare la possibilità al
presidente Hassan Rohani di indebolire la corrente anti-imperialista dei
Khomeinisti». Due giorni dopo l’annuncio dei Brics, gli Stati Uniti
hanno accusato la Russia di aver abbattuto il volo Mh17 della Malaysia
Airlines nel Donbass, uccidendo 298 persone. «Su questa base, puramente
arbitraria, hanno imposto agli europei di intraprendere una guerra
economica contro la Russia». Come fosse un tribunale, l’Ue ha
processato e condannato Mosca, «senza alcuna prova e senza darle la
possibilità di difendersi», promulgando “sanzioni” contro il sistema
finanziario russo.
«Consapevole del fatto che i governanti europei non lavorano
nell’interesse dei propri popoli, ma di quello degli anglosassoni –
prosegue Meyssan – la Russia ha morso il freno e si è trattenuta fino ad
ora dall’entrare in guerra
in Ucraina. Sostiene con armi e intelligence gli insorti, e accoglie
più di 500.000 rifugiati, ma si astiene dall’inviare truppe e
dall’entrare nell’ingranaggio. È probabile che non interverrà prima che
la grande maggioranza degli ucraini si ribelli al presidente Poroshenko,
a costo di entrare nel paese soltanto dopo la la caduta della
Repubblica popolare di Donetsk». Di fronte alla guerra economica, aggiunge Meyssan, Mosca ha scelto di rispondere con misure analoghe, ma riguardanti l’agricoltura e non la finanza.
«A breve termine, gli altri paesi Brics possono mitigare le conseguenze
delle cosiddette “sanzioni”». Poi, a medio e lungo termine, «la Russia si prepara alla guerra e intende ricostruire completamente la sua agricoltura per poter vivere in autarchia».
Intanto, Mosca dovrà vedersela con le trame Usa per destabilizzare il Cremlino, a cominciare dalla contestazione mediatica in occasione delle elezioni
municipali del 14 settembre. «Considerevoli somme di denaro sono state
fornite a tutti i candidati di opposizione nelle circa 30 grandi città
interessate, mentre almeno 50.000 agitatori ucraini, mescolati ai
rifugiati, si stanno raggruppando a San Pietroburgo». La maggior parte
di loro ha doppia cittadinanza, ucraina e russa. «Si tratta chiaramente
di replicare nella provincia le proteste che erano seguite alle elezioni
a Mosca nel dicembre 2011 – aggiungendoci la violenza – e di impegnare
il paese in un processo di “rivoluzione colorata”, al quale una parte
dei funzionari e della classe dirigente è favorevole». Per fare questo,
spiega Meyssan, Washington ha nominato un nuovo ambasciatore in Russia:
John Tefft, lo stesso che aveva preparato la “rivoluzione delle rose” in
Georgia e il colpo di stato in Ucraina. Per Putin sarà quindi
fondamentale poter contare sul suo primo ministro, Dmitry Medvedev, «che Washington sperava di reclutare per rovesciarlo».
Considerando l’imminenza del pericolo, sostiene Meyssan, Mosca
sarebbe riuscita a convincere Pechino ad accettare l’adesione dell’India
in cambio di quella dell’Iran (ma anche quelle di Pakistan e Mongolia)
all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Mossa che «dovrebbe
porre fine al conflitto che oppone da secoli India e Cina e impegnarle
in una cooperazione militare». Un cambiamento che «metterebbe ugualmente
fine alla luna di miele tra Nuova Delhi e Washington, che sperava di
allontanare l’India dalla Russia dandole, com’è noto, accesso alle
tecnologie nucleari». L’adesione di Nuova Delhi è anche una scommessa
sulla sincerità del suo nuovo primo ministro, Narendra Modi. Inoltre,
l’adesione dell’Iran – che per Washington è una provocazione – dovrebbe
portare russi e cinesi a controllare finalmente i movimenti jihadisti,
togliendo agli Usa
una decisiva pedina terroristica. L’Iran di Rohani rinncerà dunque a
«negoziare una tregua con il “Grande Satana”»? Sarebbe una scommessa
sull’autorità del capo supremo della Rivoluzione Islamica, l’ayatollah
Ali Khamenei. Di fatto, dice Meyssan, queste gigantesche evoluzioni
geopolitiche segnerebbero l’inizio di una spettacolare inversione di
rotta, spostando verso Oriente il baricentro del mondo.
fonte: http://www.libreidee.org/2014/08/meyssan-il-califfato-usa-le-trame-per-rovesciare-putin/
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