“Dal sattva nasce la saggezza;
dal rajas la cupidigia e dal tamas
la negligenza, l’illusione e l’ignoranza.”
(Bhagavad Gita 14, 17)
I
vedantini insegnano che il campo della conoscenza è diviso in due
parti: il soggetto che osserva e lo spettacolo. Le cose che formano lo
spettacolo cosmico rappresentano il divenire e il divenire implica che
nulla è stabile, per questo sorge il Samsara che corrisponde al mutare
incessante dei fenomeni. L’osservatore coinvolto nel Samsara cerca di
fermare la trasformazione e tenta di cristallizzare una realtà che, per
sua natura, non può essere fermata.
Il
Samsara è la causa dell’illusione dualistica di soggetto e oggetto, e
l’ignoranza (avidya) è la causa del desiderio, della sete di possesso e
dominio, della spinta alla conservazione e la tendenza alla
cristallizzazione. Solo lo yogi perfetto comprende che il mondo dei
fenomeni e delle attività è soltanto una danza di luci e di ombre che
esprime la relatività, perché è l’espressione dei tre guna che vengono
illuminati dalla Luce Suprema.
Solo
lo yogi che ha superato la coscienza del corpo e il divenire del mondo
comprende che l’identità personale è continuamente condizionata da tre
qualità che fanno fluire il film della vita. Secondo i maestri del
vedanta, la mente del soggetto coinvolto nel divenire costruisce delle
realtà illusorie e distorte perché viene sottomessa dalle qualità della
Natura Cosmica, dette “guna.”
La
Natura Cosmica (Prakriti) è composta da tre qualità o attributi
fondamentali ossia da: sattva, purezza; rajas, passione, e da tamas cioè
d’inerzia. Poiché anche l’uomo fa parte dell’ordine naturale, anch'egli
mostra i tre attributi fondamentali e viene condizionato dalle tre
qualità fondamentali che creano il gioco cosmico dei fenomeni multeplici
che intessono la dimensione del tempo-spazio.
Shankara
dice che la coscienza viene proiettata nello spazio-tempo a causa della
sua ignoranza perché, altrimenti, la coscienza resterebbe immutabile
non avendo necessità di cambiare il suo stato di originaria beatitudine,
esistenza e quiete. Tamas è l’inerzia, rajas è l’attività e sattva è la
sintesi dell'inerzia e dell'attività.
I
guna sono i fattori mentali che sono alla base dei processi psicologici
e costituiscono i fattori che condizionano l’attività della mente. Essi
sono alla base del senso dell’identità e del comportamento personale,
perciò la loro purificazione è fondamentale per la guarigione della
mente malata e per avere la retta percezione.
Secondo
il Vivekacudamani che viene attribuito a Shankara, il tamas ha gli
attributi dell’ignoranza, della rilassatezza, della pigrizia, del
torpore, della negligenza e dell’ottusità. Chi vi soggiace non capisce
nulla ed è insensibile come una pietra. La persona piena di tamas, dice
Yogananda, si riconosce per le sue idee sbagliate sulla vita che sono
profondamente radicate in lei a causa del suo comportamento insensato,
della sua mancanza di autocontrollo, del suo orgoglio, della sua
arroganza e del suo disprezzo per i buoni consigli altrui.
La
mente dell’uomo tamasico è confinata nei centri più bassi: lombare,
sacrale e coccigeo. La sua coscienza è spesso confusa e sempre più
ignorante perché è discesa molto lontano dalla regione delle percezioni
divine del cervello. Essa è anche molto al di sotto del livello
intermedio del piano rajasico o piano di mezzo. Il centro coccigeo o
inferiore è quello che stimola le attività sessuali, e chi dimora
stabilmente in questo chakra è un prigioniero incatenato da maya al
mondo della dualità, all’inerzia e alla sofferenza.
Le
persone tamasiche fanno sprofondare la loro mente nel chakra più basso
perciò restano intrappolate nel male cioè nell’identificazione dell’io
con il corpo, nelle relazioni sessuali illecite, nei rapporti disonesti e
così via. Il guna rajas ha la natura dell’attività e possiede un potere
proiettivo. I suoi attributi, secondo Shankara, sono il desiderio, la
collera, l’avidità, l’arroganza, l’odio, l’egoismo, l’invidia, la
gelosia da cui nascono degli atteggiamenti estrovertiti perciò lui
stesso è l’autore della sua schiavitù.
Rajas
è la sete di emozioni egoistiche e acquisitive che spinge le persone
alla lotta per il potere. La pressione di rajas assoggetta la volontà ai
fini utilitaristici, perciò il rajasico è sempre competitivo mentre il
tamasico è passivo. L’uomo rajasico si riconosce perché coltiva solo
desideri materiali, fa continui sforzi per acquisire sempre più
ricchezze, possessi, prestigio e potere. La mente del rajasico dimora
nel centro dorsale e nel cuore, cioè nel mezzo, ed è equidistante dai
chakra più alti e da quelli più bassi.
La
mente totalmente impregnata di rajas vivendo nel piano dorsale è piena
di simpatie e di antipatie, di attaccamenti e di avversioni. Essendo nel
mezzo, la sua coscienza ha il potere di salire nei centri elevati della
testa per ottenere saggezza e fissare la sua attenzione sull’occhio
spirituale, oppure di volgersi verso il basso cioè verso le sfere
inferiori dell’illusione.
Nella
mente dominata da tamas o da rajas non si sviluppano mai qualità
etiche, perciò la sofferenza è sempre presente come conseguenza di una
mente separata e ignorante. La correlazione tra il corpo e la mente
predispone le personalità tamasiche a disturbi vagali come le coliche,
invece i tamasici sono predisposti a disturbi del sistema simpatico come
la gastrite e le ulcere.
Il
guna sattva è la sintesi dell’inerzia e dell’attività e possiede il
potere di armonizzare. Le qualità sattviche sono l’assenza
dell’orgoglio, la non violenza, la non falsità, la non appropriazione,
la non ossessività, la purezza, la continenza e la profonda avversione
per il non-reale.
La
percezione sattvica vede l’interezza dietro l’apparente frantumazione,
la causa oltre l’effetto perché è sattvica la conoscenza in cui ogni
essere riconosce l’Unico Essere imperituro e immutabile all’interno di
tutte le esistenze divise. Secondo la tradizione vedantina, solo le
qualità sattviche permettono la percezione della verità. La condizione
di questa mente pacificata e colma di valori spirituali riesce a
realizzare in pieno le potenzialità delle funzioni mentali.
I
sensi dei sattvici riescono a penetrare nel mondo materiale,
l’intelligenza è analitica perciò penetrano nelle sue organizzazioni e
l’intuizione supercosciente può farli accedere all’esperienza archetipa
dell’anima. I sattvici vedono, sentono e parlano in armonia con quello
che si vede perciò emanano l’amore e il bello, e vibrano nel buono
perciò esprimono l’accordo nello spazio che illuminano intorno a loro.
Non
attaccata a nulla e libera da ogni condizionamento del desiderio, la
mente sattvica, non viene limitata dalla separatezza dell’io perciò
contempla l’Unità del creato. Sattva è l’unico guna che permette una
percezione realistica perciò è evidente che, per accedere alle verità
superiori, dobbiamo sviluppare le virtù etiche. Il rapporto tra etica e
consapevolezza ha un ruolo centrale in questo approccio spirituale, ma
queste virtù andrebbero sviluppate anche oggi per il bene del nostro
pianeta.
Le
qualità morali influenzano la percezione, e il possesso dei giusti
valori etici è la condizione primaria per una perfetta visione e per
l’acquisizione della retta consapevolezza, sia nell’induismo che nel
buddismo. L’illusione o ignoranza rappresenta una nebulosità di
percezioni che causano la mistificazione degli oggetti della
consapevolezza, perciò è considerata la sorgente degli stati mentali
patologici.
Gli
aspetti dell’egoismo, del dubbio e dell’assenza di rimorso e vergogna
per il male che si è fatto sono considerati i principali fattori di
illusione percettiva. Le virtù e i vizi agiscono accanto ai conflitti e
ai complessi definendo il modo in cui un soggetto vede il mondo, e
condizionano il modo con cui reagisce ad esso: i comportamenti
conflittuali o unitivi decidono il destino del singolo e quello del
mondo. Nei rajasici e nei tamasici prevalgono i comportamenti passivi e
conflittuali, invece nei sattvici prevalgono i comportamenti unitivi e
armoniosi tipici dell’amorevole discriminazione.
Buona erranza
Sharatan
Nessun commento:
Posta un commento