E' del tutto normale che quando iniziamo ad aprirci al mondo ne sentiamo il dolore e a gioia perché quelle sensazioni non accadono fuori da noi, ma nel nostro stesso Essere.
Quando eravamo bambini tali sensazioni ci attraversavano in modo totale, senza interruzioni mentali.
Eravamo UNO con il fiume che scorreva, con il profumo di ogni fiore. Ma eravamo anche UNO con la rabbia che attraversava la mamma o con la tristezza di papà. Non c'era nessuno schermo immaginario che permettesse a quella sensibilità infinita di ritrarsi. Se iniziavamo a piangere perché sentivamo quella tristezza o rabbia come una contrazione nel nostro stesso essere spesso ci veniva chiesto di smettere, così l'ordine era quello di NON esprimere quello che sorgeva in modo naturale attraverso il corpo. Ci veniva insegnato in quel momento che quella sensibilità era qualcosa di sbagliato e che quelle sensazioni appartenevano ad un qualcuno all'interno del corpo che le stava esprimendo. Il seme del me era stato piantato.
Quando questa idea, di essere qualcuno dentro il corpo, inizia a radicarsi ecco che si forma come una immaginaria barriera tra te e il mondo: non piu cosi sensibile ma sei anche disconnesso da quello che accade attorno a te. Non senti il dolore del tuo prossimo nel tuo corpo, ma neppure il suo amore.
Questa chiusura che ci è innaturale è la fonte della sofferenza nell'esperienza umana: da bambini non eravamo arrabbiati eravamo rabbia, non eravamo amorevoli eravamo amore. Le emozioni erano solo vissute e poi avevano la possibilità di dissolversi da dove erano venute. Non c'era alcuna storia mentale legata ad essa o alcuna idea che quello che veniva sentito avrebbe dovuto essere diverso. Ora che il senso del "me" di un immaginario centro che sente pensa ed agisce si è radicato invece esiste una mente psicologica che descrive le motivazioni le storie e i drammi di questo "me".
Quando cerchiamo questo punto immaginario nel corpo- mente non lo troviamo mai: quello che troviamo sono solo pensieri o sensazioni, e l'idea forse che tali pensieri o sensazioni appartengano ad un qualcuno chiamato "me". L'ego è dunque solo e sempre un pensiero, un concetto, non un qualcuno che davvero vive nel corpo. Questa è solo un'idea che si è radicata nell'infanzia e che viene continuamente rafforzata come reale.
Quella contrazione di paura che sembra darci un punto di rifermento dentro il corpo è la contrazione del "me" che si è stabilita nell'infanzia. Essa può iniziare a scardinarsi ad un certo punto, attraverso un evento improvviso oppure una serie di circostanze sia positive che negative: sperimenteremo allora una grandissima apertura che ci porterà a essere di nuovo improvvisamente aperti e sensibili.
Se non abbiamo sviluppato una comprensione chiara accanto a questa intuizione di non separazione, tale apertura potrebbe essere vissuta in modo "negativo" nel senso che sentiremo che siamo molto vulnerabili ma ancora confusi su come gestire tale vulnerabilità. Vorremmo tornare indietro a una situazione di chiusura ma non possiamo farlo perché la radica del "me" è stata scardinata ed essendo falsa non può costituire un punto di riferimento a cui tornare.
La stabilizzazione può avvenire solo se troviamo un punto di riferimento reale che è quel Silenzio che vive attraverso ogni forma e che già testimonia ogni pensiero o sensazione.
Non importa quanto sia orribile quello che stiamo vivendo: c'è sempre qualcosa che testimonia questo accadere e che non resta mai davvero coinvolto in nulla. Se è possibile che l'attenzione torni su questo Silenzio che osserva allora potremo essere sia sensibili al mondo - come accadeva nell'infanzia - senza venire trascinati nella sofferenza perché la nostra attenzione resterà sempre sulla pace che fa da sfondo a ogni cosa.
Quella pace è in realtà la nostra vera natura, il nostro vero Io: il corpo mente accade IN questa pace, in questa consapevolezza vuota. Il me immagina invece di essere dentro il corpo, quando invece dentro il corpo non esiste nessun essere soggettivo al suo centro se non come pensiero. Il corpo mente accade dunque nell'Io come tutti gli altri corpo-mente. Tutto il mondo accade in Te e non viceversa. Ecco perché quando torniamo alla nostra vera natura sentiamo ogni cosa, incluso il dolore altrui in modo più acuto: siamo di nuovo sensibili all'interezza del nostro Essere, alla verità che tutto è UNO.
Questa nuova stabilizzazione chiede un poco di pazienza perché si dovrà essere aperti a sentire e percepire quello che sembra un qualcosa di separato da noi come una sofferenza che accade nel nostro essere. Se è possibile restare aperti allora vedremo quella sofferenza che apparentemente è separata da noi dissolversi, in una comprensione d'amore.
In questo modo dunque mediteremo il mondo intero e a quel livello il senso di separazione nel mondo - che non è mai separato da noi - sparirà.
Shakti Caterina Maggi
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