Il 22 maggio 1949, il primo Segretario della Difesa degli Stati Uniti James Forrestal, che promuoveva ardentemente la russofobia e l’isteria anti-russa nella società americana, si gettò dalla finestra, e le ultime parole pronunciate dalla sua bocca furono: “I Russi stanno arrivando”.

Oggi, a quasi trent’anni dalla fine della Guerra Fredda, la russofobia resta una componente chiave della politica estera statunitense, portata avanti in modo fervido dai sostenitori del cosiddetto partito della guerra a Washington.

Sembra che l’America sia incapace di venire a patti con il fatto che gli anni ‘90 sono finiti. Oggi, la Russia non è più in macerie, e gli USA non sono più così potenti ed egemonici come lo erano dopo la caduta del Muro di Berlino. Washington non riesce proprio ad adattarsi alla nuove realtà al fine di regolare di conseguenza i propri rapporti con la Russia, e in questo modo non riesce a fare di Mosca un proprio alleato. Oggi la Russia mostra di essere ancora una volta una grande potenza, sia in termini militari che politici – è di nuovo una superpotenza, che non tollererà gli abusi e le provocazioni che gli USA regolarmente esercitano nei confronti dei paesi in via di sviluppo.

Con il pretesto di assistere l’Ucraina, gli Stati Uniti hanno attivamente rafforzato la propria presenza militare nell’Europa dell’Est, schierando un gran numero di soldati negli stati che sono entrati nella NATO dopo il 2000. Nel 2015 sono stati installati sei nuovi centri avanzati di comando e controllo in Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania ed Estonia. I soldati americani adesso stazionano ai confini russi nei territori degli Stati Baltici. In Ucraina, gli istruttori del Pentagono hanno addestrato i militanti di un’organizzazione nazista nota come Settore Destro, che ha giocato un ruolo chiave nel rinfocolare il conflitto ucraino e le crescenti tensioni tra Kiev e la Russia.

In modo analogo in Siria, il conflitto è causato dalla volontà degli Americani di ridisegnare la mappa del Medio Oriente, rovesciando i governi sgraditi nella regione, per consentire agli Stati Uniti di ottenere il controllo delle fonti energetiche di idrocarburi nella regione e non solo. Quando la Russia, per richiesta dell’unico governo legittimo e riconosciuto in Siria, è stata coinvolta nelle crisi, Washington era furiosa. 

Alla fine, gli USA non hanno trovato nulla di meglio da fare che colpire le posizioni delle unità del governo siriano in prossimità della città di Deir ez-Zorom il 17 settembre. Gli USA hanno da allora dato prova di mancanza di volontà nel tener fede ai propri obblighi [in inglese] di separare i terroristi e la cosiddetta opposizione moderata in Siria, e a dispetto dei successivi annunci secondo cui la Casa Bianca si rifiutava di cooperare ulteriormente con la Russa per tentare di porre fine al conflitto in Siria, gli USA hanno cercato di addossare a Mosca la colpa di questo fallimento.

Nel tentativo di compromettere la Russia e le sue posizioni nel mondo, Washington ha adoperato una vasta collezione di strumenti, tra cui la più grande campagna di propaganda nella storia moderna. Le corporation mediatiche occidentali hanno lavorato duramente per spargere la russofobia, sfruttando i cosiddetti Panama Papers, il tragico incidente dell’aereo MH17 della Malaysian Airline che è stato abbattuto sul Donbass, il cosiddetto “scandalo del doping” nelle ultime Olimpiadi e la situazione in Siria, per diffondere bugie.

Questa politica apertamente russofoba si accompagna alle sanzioni di Washington contro la Russia, iniziate con il cosiddetto Magnitsky Act [in italiano], e successivamente estese ulteriormente in connessione con gli eventi in Ucraina, costringendo la UE e altri attori ad assumere la stessa posizione aggressiva nei confronti di Mosca. Poi Washington ha fatto un passo di troppo  dichiarando virtualmente guerra [in inglese] alla Russia.

Nel corso degli anni, vari analisti politici, di diversa importanza [in inglese] hanno tentato di far ragionare [in inglese] Washington, esortando la Casa Bianca a dare una regolata al proprio approccio nelle relazioni USA-Russia, ma queste esortazioni hanno incontrato orecchie da mercante.

Alla fine, a fronte del continuo stillicidio del deteriorarsi delle relazioni russo-americane, e come reazione nei confronti delle azioni aggressive di Washington, Mosca ha recentemente annunciato che sospenderà l’accordo di smaltimento delle quantità di plutonio in eccesso. Il New York Times sottolinea [in inglese]:
Il trattato sullo smaltimento del plutonio, il materiale utilizzato in alcune armi nucleari, era stato stipulato nel 2000 come parte del quadro generale di accordi di disarmo del primo periodo post Guerra Fredda.
Richiedeva che Russia e Stati Uniti distruggessero le proprie scorte di plutonio per impiego militare, un patto che rappresentava un altro passo incoraggiante per allontanarsi dal giorno del giudizio di un olocausto nucleare e un’assicurazione contro il rischio che questo materiale potesse finire nelle mani di terroristi o di stati canaglia.
Questo patto non ha conseguenze sul numero di armi nucleari schierate dalla Russia o dagli Stati Uniti. Riguarda invece 34 tonnellate di plutonio immagazzinate in ciascuno dei due paesi, che potrebbero finire un un futuro arsenale, mai interessate da un processo di smaltimento verificabile.
Un sempre maggior numero di convincenti analisti e di politici chiedono [in inglese] di sapere perché il partito delle guerra negli USA si oppone in modo così inflessibile a qualunque cooperazione con la Russia in qualsiasi parte nel mondo, mentre invece sarebbe interesse degli USA farlo. La richiesta di fermare la demonizzazione della Russia diventa sempre più forte, perché sbarra la strada ad un’autentica e produttiva cooperazione bilaterale che consentirebbe alla comunità internazionale di risolvere i più pressanti problemi globali. 

Perché altrimenti, affascinati dalle proprie idee paranoiche di russofobia, i più adamantini sostenitori di questo partito della guerra potrebbero incorrere nella triste sorte di James Forrestal, che mise fine alla propria carriera e alla propria vita al grido folle: “I Russi stanno arrivando”.


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Articolo di Martin Berger pubblicato su New Eastern Outlook il 05/10/2016
Traduzione in italiano a cura di Mario B. per SakerItalia,it
[le note in questo formato sono del traduttore]