“Matrix è ovunque. è intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. è quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai a lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. è il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.”Questa frase, tratta dal famosissimo film dei fratelli Andy e Larry Wachowsky, Matrix appunto, mi aiuta a introdurre il tema di questo articolo: l’illusoria percezione della realtà.
In realtà il tema affrontato dal film non è certo una novità seppur trattata nell’opera cinematografica con una riconosciuta originalità; già Platone, nel celebre mito della caverna, racconta che la ricerca della verità debba passare da un risveglio dal mondo delle illusioni verso un viaggio di rinascita ed emersione alla contemplazione della realtà.
Filosofi posteriori a Cartesio dal secolo XVII si ponevano il dubbio se la realtà percepita potesse essere reale e persino il Gran Khan chiese a Marco Polo se fosse l'imperatore cinese a sognare di essere una farfalla o l'insetto a sognare di essere un imperatore cinese; metafora quest’ultima che efficacemente ribalta il concetto di sogno e di realtà.
Ma è Arthur Schopenhauer, uno dei maggiori pensatori del XIX secolo, con il concetto del velo di maya (mediato dalle dottrine orientali induiste in primo luogo) proposto nel suo “Il mondo come volontà e rappresentazione” a sancire l’idea di separazione tra mondo reale e mondo illusorio nel mondo moderno.
Arthur Schopenhauer
Questo «velo», di natura metafisica e illusoria, separando gli esseri individuali dalla conoscenza/percezione della realtà (se non sfocata e alterata), impedisce loro di ottenere moksha (cioè la liberazione spirituale) tenendoli così imprigionati nel samsara ovverosia il continuo ciclo delle morti e delle rinascite. Similmente alla metafora della caverna di Platone, l'uomo (e quindi l'intera umanità) è presentato come un individuo i cui occhi sono coperti dalla nascita da un velo, liberandosi dal quale l'anima si risveglierà dal letargo conoscitivo (o avidyã, ignoranza metafisica) e potrà contemplare finalmente la vera essenza della realtà.
La sua filosofia, articolata in precisi ragionamenti e aforismi caustici, recupera alcuni elementi dell'illuminismo, di Platone, del romanticismo e del kantismo, fondendoli con la suggestione esercitata dalle dottrine orientali, specialmente quella buddhista e induista, creando una sua originale concezione basata su un radicale pessimismo, la quale ebbe una straordinaria influenza, a volte anche rielaborata completamente, sui filosofi successivi, ad esempio su Friedrich Nietzsche e, in generale sulla cultura europea contemporanea e successiva, inserendosi nella corrente della filosofia della vita.
Figlio di un ricco mercante e di una scrittrice, dopo il suicidio del padre, si stabilì a Weimar con la madre dove conobbe Wieland e Hegel.
Al di là delle pur importanti considerazioni sul piano filosofico dei concetti di realtà e illusione che aprono infinite domande sulla nostra percezione del reale fino a interrogarsi se effettivamente esistiamo fisicamente come corpo o se tutto il creato universale non si tratti invece di pura illusione, sogno di una coscienza insondabile o di esistenti su altre dimensioni, in une eterno dualismo tra essere e non essere noi, comuni mortali (reali o illusori poco ci importa), possiamo osservare l’esistenza del “velo di maya” nella nostra quotidianità.
Prendendo quanto scritto da Andrea di Furia nell’articolo dal titolo “Una cittadina si domanda: sogno o son desta?” comparso su “Economia Italiana”, testata online indipendente relativamente al concetto di Stato moderno secondo la visione occidentale “… "Quello" Stato non esiste più da un pezzo. Oggi è una pericolosa illusione, un sogno virtuale: mortale, per noi cittadini. Per questo non ci s'intende più tra noi, perché si scambia il sogno per la realtà e si va in confusione quando la realtà ci colpisce e vediamo che non corrisponde al sogno sognato da noi.
Dal punto di vista sociale lo Stato non è più quello hegeliano, lo Stato etico: "morale" per partito preso, rispetto all'immorale Cittadino. è proprio vero: più sei grande e più il tuo errore, se lo fai, è grande. La topica sociale del pensatore tedesco dell'800, che ha fatto della triplicità di tesi-antìtesi-sintesi il segreto del suo approccio dialettico alla realtà, è stato quello di aver sognato lo Stato moderno solo dal punto di vista unitario e non come terza parte (ossia quella solo giuridica) del triplice àmbito sociale complessivo: comprendente, oltre che questa, anche l'area culturale e l'area economica.
Ebbene il gigantesco Hegel non ha capito che lo Stato non è sintesi bensì antitesi del Singolo Individuo e che, appartenendo all'area giuridico-politica, non può mai essere "etico": dal momento che "etica" può solo essere la Persona, ovvero il soggetto-oggetto dell'area culturale. Un diritto o un dovere (area giuridica) può essere giusto o meno, mai etico; un'esigenza (area economica) può essere necessaria o meno, mai etica. E poiché Hegel sognava la realtà statale, ed era un grande, tanti piccoli sognatori gli si sono accodati per simpatia o antipatia. E tutti insieme hanno fatto sì che al sogno del grande filosofo si è contrapposta la realtà degli Stati etici del primo '900: quello comunista, quello fascista e quello nazista. Tutti disastri annunciati: perché tutti Stati ad una dimensione sociale "prevalente" sulle altre due…”
E aggiunge, in una delle più lucide interpretazioni della realtà sociale attuale:
“…A chi sogna la realtà, appare sogno... la realtà vera! E perciò sogna soluzioni illusorie. Viceversa, quando gli si propongono soluzioni reali... le rifiuta!”Questa continua confusione tra sogno (percepito come realtà concreta) e realtà (creduta sogno improbabile) è il pane quotidiano con cui i nostri amorevoli bari sociali mondiali ci nutrono da più di due secoli. Ci fanno sognare sempre. La democrazia del Cittadino, la libertà dei popoli e della Persona, il benessere economico del libero mercato, l'alfabetizzazione della popolazione, l'aiuto ai bambini del terzo mondo, la lotta contro la fame nel mondo, la giustizia (percepiti viceversa come realtà concreta)... sono purtroppo sogni. Bellissimi e illusori, come dimostra fin troppo bene il fallimento continuo dei tentativi effettuati fino ad ora. Grazie ai quali, paradossalmente, la fame del mondo... sfama la speculazione mondiale!
Viceversa la realtà (creduta sogno) è: l'Oligarchia dei banco-speculatori privati mondiali, la superfluità delle Nazioni, la soggezione del Suddito, l'analfabetismo sociale di ritorno della popolazione, la riduzione controllata maltusiana di quella che (pelosamente e a torto!) è ritenuta l'imminente esplosione demografica [n.b: da fine '700 (!) è ritenuta imminente], la promozione della fame nel mondo con l'agricoltura ingegnerizzata e brevettata, l'ingiustizia costantemente esercitata sul Singolo Individuo inerme mentre tutela i gruppi organizzati.
Questa realtà però fa paura e non la si vuole affrontare. Si preferisce dire a se stessi: "Sto sognando: non può essere vero che si voglia coscientemente tutto questo, è un incubo da cui mi devo svegliare".
Meglio non rovinarsi la giornata anche con questo, ci si dice. Ma assumendo l'atteggiamento da "struzzo sociale" si continua a dormire e, come ben sanno quei "medium" anti-umani dei bari sociali, chi dorme non piglia pesci ma precariato e disoccupazione. Il caos sociale allora aumenta e non riesci a spiegarti come mai. La realtà, però, poi ti raggiunge e ti sorprende quando meno te l'aspetti…”
Matrix esiste. Ovviamente non si tratta del mostro tecnologico ipotizzato dai fratelli Wachowsky, ma di una realtà illusoria creata ad arte per mantenere l’uomo in uno stato di finta libertà, propedeutico e fondamenta stessa di quella grande opera edificata dagli “architetti” del nuovo ordine mondiale.
“…Pillola blu ti svegli domani e non ricordi nulla, pillola rossa scopri quant'è profonda la tana del bianconiglio..." – Tratto da Matrix, 1999E tu, caro amico lettore, alla domanda di Morpheus, quale pillola saresti disposto ad inghiottire sapendo che certamente finiresti in una di questi tre condizioni filosofiche?
- Felicità senza consapevolezza è un puro stato di beota ovatta... però se sposi la consapevolezza, questa te lo toglie, e te ne toglie il potere rasserenante...
- Felicità con consapevolezza è una bomba che devasta l'uomo, ubriaca il dio, innalza lo stupido.. non si può non averne paura perché è una bomba atomica che ti stravolge i sensi e l'animo e non ti lascia più uguale.
- Consapevolezza senza felicità è un'esistere filosofico... conosci la strada, provi a percorrerla, sapendo che cammini cercando qualcosa che comunque non raggiungi... cerchi la felicità, sai dove sta, ti adoperi nel viver pratico per inseguirla, ma fondamentalmente è come la tartaruga di Zenone, che non si fa mai raggiungere da Achille, per quanto corra veloce... perché se la raggiungi dura un attimo prima di perderla nella paura di perderla.
Articolo di Paolo Brega
Fonti:
Giuseppe Invernizzi, “Invito al pensiero di Schopenhauer”
http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php?LT=PUNTO&ID=1639
http://it.wikipedia.org/wiki/Matrix
http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php?LT=PUNTO&ID=1639
“Una Cittadina si domanda: "Sogno o son desta?"” - di Andrea di Furia
Infine ricordo il sito dell'autore:
http://progettoatlanticus.blogspot.it/
tratto da :http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/articolo_view.asp?ARTICOLO_ID=9693
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