Le forze armate irachene si stanno impantanando nella battaglia di Mosul. Le truppe d’elite e le divisioni corazzate si stanno battendo per mantenere il possesso dei quartieri alla periferia est della città, opponendosi ai contrattacchi dei guerriglieri dell’ISIS, che usano tutta una rete di gallerie per muoversi senza essere visti.

In un giorno abbiamo avuto 37 morti e 70 feriti”, dice un ex ufficiale iracheno, aggiungendo che le forze armate irachene sono state colte di sorpresa dall’estensione del sistema di gallerie scavate dall’ISIS, che pare sia lungo 45 miglia.

Il Servizio Antiterrorismo Iracheno (CTS) e la 9° Divisione Corazzata, hanno cercato per due settimane di penetrare nella parte della città di Mosul ad est del fiume Tigri.

L’ISIS manda avanti ondate di attentatori suicidi, che si fanno saltare in aria individualmente o in veicoli riempiti di esplosivo, e fa uso di cecchini e di mortai per riprendere i combattimenti in una decina di quartieri che l’esercito iracheno diceva di aver già catturato.

In principio ero ottimista e pensavo che avremmo potuto prendere Mosul in due o tre settimane, ma ora credo che ci vorranno dei mesi”, ha dichiarato Khasro Goran, un anziano leader curdo che conosce bene la condizione di Aleppo, in un’intervista esclusiva a The Independent.

Ha detto di aver cambiato idea sulla probabile durata dell’assedio dopo aver visto con i propri occhi la ferocia dei combattimenti nella difesa della periferia di Mosul. Ha aggiunto che “se (l’ISIS) continua a combattere così, una buona parte di Mosul verrà distrutta. Spero che non finisca come ad Aleppo”.

Un assedio prolungato di Mosul, con forti perdite fra i civili e la possibilità di un intervento militare turco, potrebbe essere la prima crisi internazionale che si troverà di fronte la futura amministrazione del presidente eletto Donald Trump. Il fatto che l’avanzata delle forze armate irachene all’interno della città sia così lenta ed irta di ostacoli potrebbe far sì che, per la sua proclamazione a Washington il 20 gennaio, l’offensiva sia ancora in corso.

Il Sig. Trump dovrebbe allora decidere se avallare un’escalation degli attacchi aerei americani per distruggere le difese dell’ISIS, anche se questo porterebbe inevitabilmente a pesanti perdite umane fra i civili di Mosul, che si stima siano circa 1,5 milioni.

Diventerebbe anche più probabile il già minacciato intervento della Turchia, se le unità d’elite dell’esercito iracheno andassero incontro a pesanti perdite e cercassero di arruolare rinforzi dalle forze paramilitari sciite di Hashd al-Shaabi (Mobilitazione Popolare) e dai Peshmerga curdi.

Queste ultime, con un accordo garantito dagli Americani, vengono tenute lontane dalla città vera e propria di Mosul, per evitare tensioni etniche e settarie fra loro e la popolazione araba sunnita.

La Turchia ha mandato i carri armati al confine turco-iracheno, e ha detto che potrebbe anche invadere (l’Iraq) se Hashd o i Peshmerga dovessero combattere all’interno di Mosul.

Il problema delle forze armate irachene è che, fino ad ora, avevano fatto un grande affidamento sugli attacchi aerei della coalizione americana per la distruzione delle postazioni fisse dei guerriglieri dell’ISIS. Dal 2014, in Iraq di questi attacchi ce ne sono stati ben 10.300.

Nella battaglia di Ramadi, nel 2015, era andato distrutto circa il 70% della città, ma praticamente tutti i suoi 350.000 abitanti erano riusciti a fuggire e l’ISIS non aveva combattuto fino all’ultimo uomo. La stessa cosa si è verificata nelle cittadine periferiche attorno a Mosul, come Bartella e Qaraqosh, ad una ventina di chilometri dal capoluogo, che si erano praticamente svuotate della loro popolazione, costituita in gran parte da Cristiani, rendendo così più semplice colpire e distruggere dall’aria gli edifici tenuti dall’ISIS.

La medesima tattica non può essere utilizzata a Mosul, perché la popolazione è ancora all’interno e la città è molto grande. L’offensiva del governo di Baghdad, che era iniziata il 17 ottobre, era andata bene fino al raggiungimento della periferia di Mosul, due settimane fa.

Da allora, i combattimenti sono proseguiti con alterne vicende, con quartieri persi e ricatturati tre o quattro volte.

Nel distretto di al-Qadisiyah al-Thaniya, dove il CTS era entrato venerdì, le truppe scelte hanno dovuto poi ritirarsi e sono ritornati gli uomini dell’ISIS. Un abitante del luogo ha riferito ad un’agenzia di stampa che “sono ritornati di nuovo, ed è questo ciò di cui abbiamo paura. Di notte ci sono feroci combattimenti e sentiamo forti esplosioni”.

Ad Intisar, un altro quartiere sotto attacco ad est di Mosul, la 9° Divisione Corazzata dell’esercito iracheno ha scoperto che i suoi blindati sono assai vulnerabili nel combattimento urbano, cosa di cui i suoi soldati non hanno nè esperienza, nè addestramento. Martedi scorso hanno perso due carri T-72.

All’inizio dell’assedio c’erano stati alcuni segnali di uno sbandamento dell’ISIS. Hoshyar Zebari, l’ex Ministro delle Finanze e Ministro degli Esteri, dice che senza dubbio “la sorpresa più grossa per l’ISIS si è verificata alcuni mesi fa, quando il Governo Iracheno e i leaders del Governo Regionale Curdo (KRG) si sono accordati per un’offensiva comune contro l’ISIS a Mosul”. L’ISIS questo non se lo aspettava: fino ad allora, Baghdad e il KRG a mala pena si parlavano, a causa di dispute economiche e territoriali.

Quando, all’inizio, le forze irachene avevano attaccato la parte orientale di Mosul, c’erano state voci di un crollo del morale fra alcuni combattenti dell’ISIS, ma i comandi avevano spietatamente ripreso il controllo (della situazione).

Secondo le Nazioni Unite, la settimana scorsa, a Mosul sarebbero stati giustiziati circa 70 civili, accusati di aver collaborato con le forze irachene. Nella sola giornata di martedi scorso, 40 persone sono state vestite con la tuta arancione e fucilate per “tradimento e collaborazionismo”, prima di essere appese ai lampioni stradali.

Altri 20 civili sono stati fucilati per aver usato i loro telefoni cellulari per passare informazioni all’esercito iracheno, e i loro corpi sono stati appesi ai semafori.

Il reale livello di sostegno popolare dell’ISIS a Mosul è incerto. Le 54.000 persone che sono fuggite dalla città e che hanno cercato rifugio presso i Peshmerga o l’esercito iracheno hanno tutte espresso odio per il movimento e denunciato le sue nefandezze.

Ma i Cristiani e i Curdi del posto guardano con sospetto alla popolazione in fuga dall’ISIS, perché potrebbero esserci, nascosti, dei possibili fiancheggiatori dell’ISIS. “Vedo che quelli dell’ISIS mettono in salvo le loro famiglie”, ha detto un cristiano passando in macchina vicino ad un accampamento occupato da Profughi non Stranieri (IDP – Internally Displaced People) a Khazar, ad est di Mosul.

Il Sig. Goran è un profondo conoscitore delle correnti politiche interne di Mosul, dov’era stato vice-governatore dal 2003 al 2009 e leader del Partito Democratico del Kurdistan (KDP) della città fino al 2011. Parlando delle simpatie politiche della popolazione, ha detto che “un terzo della popolazione sostiene l’ISIS, la maggior parte del rimanente è passiva, e solo una piccola percentuale li ostacola attivamente”.

Crede che i racconti di un’estesa resistenza armata all’interno della città siano in gran parte propaganda, ad uso e consumo dei media. Sottolinea il fatto che a Mosul potrebbero esserci molti guerriglieri stranieri, ma “la maggior parte dei combattenti sono iracheni”.

Durante i quasi due anni e mezzo in cui l’ISIS ha amministrato Mosul, dopo la sua cattura nel giugno del 2014, (il movimento) si è concentrato nel reclutamento alla sua causa di giovani adolescenti e teenagers. A questi è stato fornito un completo addestramento ideologico e tecnico, allo scopo di trasformarli in fanatici combattenti o attentatori suicidi.

L’ISIS sta resistendo efficacemente nella zona est di Mosul, e potrebbe essere in grado di sostenere un assedio di molti mesi, ma, nel lungo termine, è probabile che perda la battaglia per la città. Le unità dell’esercito iracheno si stanno avvicinando a Mosul da sud e gli Hasdh stanno tagliando le vie di fuga ad ovest. L’ultima resistenza dell’ISIS all’interno della città potrebbe però portare alla sua distruzione.


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Articolo di Patrick Cockburn pubblicato su The Unz Review il 13 novembre 2016
Tradotto in italiano da Mario per Sakeritalia.it