“Donald Trump può essere un buon presidente, dopotutto”, scrive il giornale economico francese “La Tribune”: “Accusare la politica commerciale cinese non è assurdo”. http://www.latribune.fr/opinions/tribunes/donald-trump-peut-etre-un-bon-president-des-etats-unis-616190.html
“Trump può davvero rimettere sui binari l’economia Usa”, concede su Asia Times David Goldman, speculatore americano basato ad Hong Kong, e (quando scrive di geopolitica con lo pseudonimo di “Spengler”) suprematista ebraico e neocon. “L’economia Usa è il 10 per cento più piccola di quanto potrebbe essere in una ‘normale’ ripresa dopo il 2008; basta che guadagni la metà del terreno perduto, ed è un 5% in più di Pil”. http://www.atimes.com/trump-put-us-economy-back-track/
La fa facile, Spengler. Ma va segnalata l’aria di ottimismo e sollievo che, negli ambienti più lontani del mondo, accompagna la vittoria di The Donald. Durerà poco, temo, ma è notevole. In un attimo, non si parla più di TTIP, né di trattati commerciali globali che tolgono sovranità agli stati per darla alle multinazionali. Sui mercati rincarano le materie prime e i titoli industriali e calano i titoli finanziari o “vuoti” (come Facebook), in previsione di una reindustrializzazione un ritorno all’economia reale che Trump ha annunciato, ma non si sa nemmeno se sia realizzabile.
Trump non ha fatto che qualche telefonata (a Putin, Xi Jinpin, Teresa May, non a Juncker), non ha ancora emanato direttiva alcuna, è ancora ben lontano dall’essersi insediato alla Casa Bianca, è persino contestato in patria; eppure già tutto avviene come se la sua politica mondiale, che ha espresso solo come intenzione e imprecisione, venisse naturalmente eseguita. Bulgaria e Moldavia hanno eletto governanti filo-russi; la giunta di Kiev è nel panico e si prepara a reprimere nel sangue la “nuova Maidan”, una rivolta della popolazione che ha impoverito e depredato, mentre i caporioni si sono arricchiti sotto la protezione del Dipartimento di Stato,che li ha usati in funzione anti-Mosca. Adesso si sa persino, dai sondaggi, che il 68 per cento degli ucraini vorrebbero come presidente – udite udite – lui, Vladimir Putin.
All’Est, un ritorno al reale
http://www.fort-russ.com/2016/11/kiev-in-panic-tymoshenko-declares-third.html?m=1
Il sollievo in Russia è ancora più evidente. “La vittoria di Trump ha scongiurato la terza guerra mondiale”, ha dichiarato Sergei Glaziev, uno dei più vicini collaboratori di Vladimir Vladimirovic. Ma a Mosca non ci si limita a godere lo stato d’animo da fine dell’incubo, cominciano le pulizie: il ministro dello sviluppo economico, Aleksei Ulukaiev, viene arrestato per tangenti: ora, si da il caso che Ulukaiev sia uno dei tre o quattro altissimi esponenti del governo che dagli eurasiatici (Dugin, lo stesso Glaziev) vengono additati come “la quinta colonna” di Wall Street e del Fondo Monetario, ideologicamente affini a Washington. “Finalmente Putin è in posizione di smantellare la Quinta Colonna”, valuta l’analista Umberto Pascale da Washington.
Motto globalista “Siamo ancora qui”
Ciò che avviene nell’Est Europa è in qualche modo un “ritorno al reale”, al destino manifesto di piccole e grandi nazioni; il fatto che avvenga spontaneamente, alla sola comparsa di Trump, accusa quanto “innaturali” fossero le costruzioni che ha imposto Washington nel decennio passato. La rottura dell’Ucraina con la Russia finanziata con 5 miliardi dalla Nuland, la forzata introduzione di Bulgaria, Moldavia (e Romania) nella NATO; la stessa chiusura di noi europei in una guerra fredda assurda che rischiava di diventare da un giorno all’altro calda, il cui scopo non era altro che quello indicato da Brzezinski: impedire l’integrazione economica fra Russia e l’Europa occidentale, mostrano quel che erano: forzature, imposte per coercizione. Sistemazioni artificiali, mantenute solo dalla hubrys americanista. E’ bastato che la coercizione si rilassasse, che il buonsenso desse l’impressione di insediarsi a Washington, ed ecco che le cose tornano a posto. Fine della globalizzazione, ritorno alle nazioni, pace con la Russia secondo il destino manifesto europeo.
Mostra anche quanto è innaturale la costruzione chiamata Unione Europea, come di colpo sia divenuta obsoleta ed arcaica questa costruzione che i maggiordomi locali dell’americanismo hanno prima disciolto nel mercato globale (liquidando la miglior proposte di De Gaulle, la “fortezza Europa”) e da ultimo, ampliato a dismisura per intrusione e sfida alla Russia, finendo per identificarla con la NATO stessa, per farne insomma uno strumento bellico – dove per lo più a dettare il Nemico sono estoni e lituani e polacchi.
Adesso: “La UE ha riunito un incontro urgente, nel panico perché Trump può smettere di pagare il 73% della NATO”, sunteggia brutale ma chiaro un blogger. Dunque la NATO esiste solo perché Washington la mantiene coprendo il 73% delle spese – ovviamente nell’interesse americanista, non di noi “protetti”.
E anche la semplice vaga intenzione di Trump di far pagare anche noi per la difesa nostra (che è la loro), crea panico nelle oligarchie che hanno fatto coincidere la UE con la NATO, da Stoltenberg alla Mogherini, da Juncker a Schulz.
Risultato, la cena a 28 è stata un fallimento. Il ministro degli esteri francese non è andato “per precedenti impegni”, ed ha mandato un funzionario, il rappresentante permanente a Bruxelles, che la Mogherini vede tutti i giorni. Stessa cosa hanno fatto Regno Uniti, Malta, Irlanda; la Lituania ha mandato un viceministro; l’Ungheria, un direttore ministeriale. Ma sì, è venuto almeno i ministro tedesco Steinmeier? “Molto in ritardo”.
Insomma, gli stessi ‘pilastri dell’europeismo’ Made in Usa, Parigi e Berlino, non hanno voluto o riconoscere alla Mogherini il potere che la UE fa’ finta di darle: era una finzione innaturale, ed è caduta.
E’ bastato che la pressione si rilassasse, e s’è visto che l’Unione Europea non è né unione né Europa, ma solo un’artificiale accozzaglia tenuta insieme dalla hubrys americanista. Che adesso par venuta meno.
Juncker, che prima ha insultato Trump, adesso con Schulz ha scritto una lettera in cui, secondo il Financial Times, i due hanno “implorato” di aiutare a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina contro “le minacce alla sua sovranità” (sic) – cioè a mantenere attiva e muscolare la forzatura che ha separato Kiev da Mosca con il sopruso e la “rivoluzione colorata” (di sangue versato dai cecchini polacchi) a Maidan. Che cosa patetica e ridicola. I due compari di bevute implorano che venga continuata “la cooperazione tra UE ed Usa, la sola che fa’ la differenza nell’affrontare la minaccia senza precedenti di Daesh”: ma Trump ha detto chiaro che Daesh, ossia l’IS, è una creazione di Obama, una minaccia fittizia, e già in Siria e Irak, le milizia islamiste sono in via di ripiegamento.
Il progetto di destabilizzazione del Medio Oriente per contentare i sauditi, e dare al Katar il mercato energetico europeo togliendolo a Mosca, è finito, arrotolato e messo via come una carta geografica che non serve più. Trump manco ha risposto a Juncker.. La UE si riunisce per allestire “una difesa comune europea”, visto che Washingon non coprirà più le spese. Patetico. Non c’è un bisogno naturale di una difesa comune, l’ostilità con Mosca sta già venendo meno, perché innaturale. A maggior ragione, viene meno l’utilità di Juncker e di Stoltenberg. E della Mogherini. Creature della hubrys, e nient’altro.
L’innaturalità della UE (e NATO)
LA UE è comunque condannata, ha spiegato sul blog liberista Mises.org Alasdair McLeod, in un articolo che potete leggere in italiano, e di cui mi limito a chiarire qualche tecnicità: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2016/11/perche-lue-e-condannata.html
Con l’euro, e l’emissione di titoli di debito pubblico nella moneta “forte”da parte di paesi ad economie deboli, si doveva capire che “il rischio obbligazionario sovrano sarebbe stato misurato in base ai bund tedeschi, tradizionalmente i titoli a rendimento più basso in Europa. Non passò molto tempo prima che il differenziale tra i bund e gli altri titoli di debito nell’Eurozona venisse considerato un’opportunità di profitto piuttosto che un segnale di rischio relativo.
Ossia: chi aveva soldi (le banche tedesche, piene di profitti delle esportazioni) li investirono i titoli pubblici di Italia, Grecia, Portogallo, Spagna, perché “rendevano di più”. Il rischio di investire in questi paesi parve artificialmente annullato: questi paesi “non potevano fallire” perché sotto l’ombrello della moneta comune – garantita dalla Germania.
“Le banche, le compagnie di assicurazione e i fondi pensione hanno beneficiato del notevole aumento dei prezzi delle obbligazioni emesse dai membri periferici dell’Unione Europea, e hanno investito di conseguenza. A loro volta i paesi periferici erano fin troppo disposti a soddisfare questa domanda mediante l’emissione di enormi quantità di debito, in violazione del Trattato di Maastricht. Il credito bancario s’ampliò, lasciando il sistema bancario commerciale altamente esposto”.
La Grecia è fallita perché ha emesso buoni del suo Tesoro a vagonate, e Deutsche Bank (e tutti gli altri enti finanziari tedeschi) li hanno comprati. Quando poi è fallita, Deutsche Bank (e Berlino) non vogliono riconoscerne l’insolvenza, non la lasciano fallire; le impongo austerità disumane, e intanto le prestano miliardi su miliardi perché possa continuare a pagare i ratei a Deutsche Bank.
Berlino non si riconosce corresponsabile: impone austerità anche a Italia e Spagna e Portogallo, perché rivuole i suoi soldi. Con ciò, affossandoci sempre più nella recessione, e nell’insolvenza. Ma se coi paesi piccoli, Grecia, Portogallo e Cipro, “la Germania, guidata dal suo Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, è riuscita a sottomettere e ora sono zombie economici. Il vero problema viene con l’Italia, anch’essa sull’orlo del fallimento e con un rapporto debito/PIL oltre il 133% e in aumento.
Se l’Italia andrà a gambe all’aria, sarà seguita da Spagna e Francia. Herr Schäuble non può forzare i creditori tanto facilmente, perché in questa fase l’intero sistema bancario della zona Euro finirà nei guai, così come il governo tedesco stesso. I risparmiatori tedeschi stanno diventando consapevoli che saranno loro a dover pagare il conto”.
Tanto più che per la loro ottusa avidità, sono stati irretiti nel “Bizzarro” sistema di saldi chiamato TARGET 2”: cioè il sistema di pagamento interbancario escogitato per i grossi pagamenti in euro in tempo reale.
Un italiano o un greco che compra una BMW non lo sa, ma il suo pagamento viene alla Germania attraverso il TARGET 2, dove le banche eurozona si compensano crediti e debiti in tempo reale.
Ovviamente – chi l’avrebbe detto? – l’Italia e la Grecia hanno accumulato enormi passivi, e la Germania un enorme attivo lì. 500 miliardi, diciamo. McLeod., brutale, spiega: “TARGET è il mezzo attraverso il quale i paesi membri avrebbero potuto acquistare a credito le merci tedesche. Buon per la Germania, ma il problema era che il credito veniva fornito dalla Germania stessa. È come se prestaste denaro all’acquirente della vostra attività in quella che risulterebbe una transazione truccata. Questo difetto nella costruzione del sistema è ora un vulcano pronto ad eruttare in qualsiasi momento”. Se si disgrega l’euro e i paesi tornano alle monete nazionali, vanno in bancarotta, ma la Germania perde i suoi crediti di 500 miliardi.”.
Conclusione: “Ci sono tutti gli elementi per una catastrofe politica ed economica. Resta da vedere se sarà innescata da elementi interni o esterni. In entrambi i casi, la crisi della zona Euro ora sembra essere solo una questione di mesi”.
Attenzione, perché la stessa forzatura, in misure ancor più titaniche, è alla base della globalizzazione. In che senso? L’America regge la sua superpotenza dai piedi d’argilla su un gigantesco indebitamento estero. Non ha più un attivo commerciale dagli anni’60. Il suo deficit è di 463 miliardi di dollari annui. Il problema del deficit è che “va finanziato”: ossia bisogna che qualcuno ti presti il denaro che spendi per comprare le merci straniere. Da decenni il deficit americano è finanziato da Cina e Giappone (ed altri asiatici), che lo finanziano comprando enormi quantità di buoni del Tesoro americani. Con ciò, Cina e Giappone consentono agli americani di comprare, a credito, le merci che i due paesi producono.
Esattamente come in Europa dove “il TARGET 2 è il mezzo con cui i paesi membri possono comprare a credito le merci tedesche”.
Anche la First Lady torna secondo natura
Si capisce così perché gli Usa hanno imposto la globalizzazione, ossia l’apertura di tutti i mercati in tutti i paesi – e poi hanno fatto
entrare la Cina nel sistema globale, senza esigere che la Cina
sottostesse alle regole del liberismo, per esempio aprisse il suo
mercato interno e non tenesse svalutata la sua moneta artificialmente:
perché era sottinteso che la Cina avrebbe comprato le vagonate di buoni
del Tesoro Usa, finanziando il deficit e sostenendo il dollaro, a
patto che “non ricevesse lezioni da Washington” sulle regole del
liberismo, E’ così che si è industrializzata la Cina e l’America si è
impoverita. Ora, Trump ha questo problema, se vuole
deindustrializzare l’America: chiudere alle merci della Cina? E
Pechino comprerà ancora i Treasuries?Questo è il nodo altamente innaturale – la causa vera e inconfessata della globalizzazione, – che The Donald ha promesso di sciogliere. Auguri.
Noi godiamoci l’allentamento momentaneo delle forzature e della hubrys, il sollievo e il senso di liberazione, senza troppo scrutare il futuro.
Maurizio Blondet
fonte: http://www.maurizioblondet.it/lo-strano-effetto-trump-mostra-linnaturalita-del-sistema/
Nessun commento:
Posta un commento