venerdì 1 agosto 2014

Il lento crollo dello Stato ucraino e la capitolazione della Rada


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Il primo ministro ad interim ucraino Arsenij Jatsenjuk ha recentemente annunciato le dimissioni dal governo tra le lotte parlamentari alla Rada, presumibilmente perché nessuna fazione vuol prendersi la colpa delle prossime suicide disposizioni del FMI. (Il desiderio di restare fuori dai guai in vista del prossimo collasso economico e sociale dell’Ucraina, evidentemente collide con gli interessi dei gruppi di potere occidentali che cercano d’imporre il dominio sul sistema dei gasdotti ucraini – OR). La ritirata del partito nazionalista Svoboda e del progetto Udar di Klishko (tedesco), perpetua il collasso istituzionale iniziato a fine novembre con la rivoluzione colorata di EuroMaidan. Se una nuova Rada non sarà formata entro 30 giorni, dovranno svolgersi le elezioni. E’ già si pensa che ciò  non sia altro che uno stratagemma per consolidare il potere di Poroshenko (di cui Udar è stretto alleato) ed espandere la presenza dei nazionalisti di Svoboda. Tali rischiosi e machiavellici calcoli probabilmente avranno conseguenze di vasta portata, continuando a spingere l’Ucraina sempre più verso il collasso e allargando il buco nero del caos che inizia ad inghiottire il Paese.

Avvicinandosi al precipizio
Fino all’ultima fase del collasso istituzionale, Kiev era preda di un dilemma. Dopo aver spinto la popolazione alla cosiddetta integrazione occidentale, alla firma dell’accordo di associazione dell’UE e all’accettazione dei prestiti del FMI, la Rada si rende conto che nessuno dei suoi membri vuol essere responsabile dell’attuazione dei brutali “tagli” economici richiesti. Questa è la causa immediata della crisi alla Rada: tutti vogliono ‘entrare nell’occidente’ ma nessuno vuole prendersi la responsabilità elettorale di ciò che significa veramente. In concomitanza, l’Ucraina ha bandito uno dei maggiori partiti politici, il Partito comunista, che raccolse il 15% dei voti nelle ultime elezioni legittime del 2012. 

Per un Paese che cerca d’ingraziarsi i “valori occidentali”, sarebbe contraddittorio attuare tale politica, tuttavia non si può dire sia inaspettata. Dopo tutto, c’erano forti richieste di purghe fin dal colpo di Stato di febbraio contro il legittimo presidente Janukovich. Tale politica d’esclusione politica (e quindi sociale) è stata favorita dalle forze nazionaliste e fasciste che hanno occupato il potere ed influenzano l’Ucraina negli ultimi mesi. Tutto ciò per non parlare dell’enorme catastrofe umanitaria nella regione del Donbas, dove l’ONU ufficialmente stima che almeno 1000 persone sono state uccise e oltre 3500 ferite dall’inizio della spedizione punitiva contro i federalisti, a metà aprile. 500000 rifugiati sono in Russia da allora, di cui oltre 34000 attualmente ospiti dello Stato.

La vera ragione del vuoto
Le spiegazioni sulla situazione attuale del governo evitano la genesi degli eventi iniziati prima del colpo di Stato. Primo, l’Ucraina è un pezzo della scacchiera geopolitica degli Stati Uniti fin dall’indipendenza nel 1991. Zbigniew Brzezinski scrisse del suo ruolo di perno eurasiatico nell’influenza degli Stati Uniti nel suo testo del 1997 “La Grande Scacchiera”, dove pontifica che “senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico“. Tale consiglio strategico è stato certamente ascoltato dal dipartimento di Stato, dato che Victoria Nuland ha ammesso che gli Stati Uniti spesero 5 miliardi di dollari per “promuovere la democrazia” in Ucraina dal 1991. Tale investimento non fu per la “democrazia”, ma per il cambiamento di regime con quella motocrazia vista nella folla di Majdan che devastava Kiev prima del golpe. 

La guerriglia urbana eterodiretta di EuroMaidan, assieme all’intensa propaganda occidentale volta a demonizzare lo Stato, inevitabilmente hanno comportato la frantumazione della struttura statale subito dopo il golpe. Cosa che non accade nemmeno dopo la rivoluzione arancione del 2004, quando l’apparato disciplinare ancora relativamente funzionava rispetto ad oggi. Se non fosse stato per gli obiettivi geostrategici degli Stati Uniti nell’attuare il cambio di regime in Ucraina e attaccare la Russia tramite dei fantocci, non ci sarebbe stata alcuna crisi nel Paese. I rifugiati non sarebbero scappati a est e l’Ucraina non sarebbe divisa lungo faglie di civiltà. Il crescente buco nero del caos è completamente attribuibile agli sforzi degli Stati Uniti nel perseguire minacciosamente la distruzione dell’integrazione dell’Unione Eurasiatica della Russia, di cui l’Ucraina era una possibile candidata prima dell’inizio della destabilizzazione.

L’Ucraina prima della tempesta
Gli eventi da novembre sono stati così drammatici e così veloci, che sembra facile dimenticare com’era il Paese un anno fa. Nell’estate 2013, il governo era corrotto, ma funzionava, senza grandi violenze e relativa stabilità. Tutti i partiti politici erano accolti nel governo inclusivo e il Paese aveva rapporti proficui con Stati Uniti, Unione europea e Russia. È importante sottolineare che le forniture energetiche erano garantite e nessun partner minacciava il pericolo di carenze invernali. Oggi, il ‘governo’ è disfunzionale e corrottissimo, come l’Italia della guerra fredda (si potrebbe anche provocatoriamente dire di oggi). 

La grandi violenze hanno già causato oltre 1000 morti e distrutto le infrastrutture di una delle più prospere regioni dell’ex-Ucraina, destabilizzando l’intero Donbas. Le purghe hanno reso la Rada un club esclusivo dell’alleanza tra oligarchi ed estremisti che ha un’influenza sproporzionata sul Paese. Anche se nominalmente economicamente volta all’Europa, l’Ucraina è ormai incatenata al debito ed è sul punto di perdere il commercio bilaterale con la Russia, da cui la sua economia dipende. Le fallimentari manovre politiche di Kiev hanno costretto la Russia a chiudere il rubinetto del gas, aumentando i timori di un inverno freddo e quasi certamente garantendo un futuro di crisi per la fine dell’anno

Sull’orlo dell’ignoto
Col senno del poi, il golpe EuroMaidan può benissimo essere visto come il fatale colpo estero che ha rovinato la sovranità ucraina una volta per tutte. Il Paese subisce un collasso doloroso e prolungato agli occhi del mondo, con l’attuale vuoto politico, ultima versione della sua spirale discendente. L’Ucraina è andata oltre l’orlo ed è in un territorio sconosciuto, con l’unica prospettiva dello scenario jugoslavo. Il buco nero del caos in Ucraina s’amplia, con il Paese che oramai mostra  i sintomi dello Stato fallito. Con un colpo di Stato eterodiretto in una zona geopoliticamente utile, un governo e un parlamento fantocci, una guerra civile che potrebbe comportare l’intervento della confinante (Russia) e nazionalisti fanatici al potere. 

Paese di 45 milioni nel bel mezzo dell’Europa orientale, l’Ucraina potrebbe essere ‘troppo grande per fallire’ per i suoi sostenitori stranieri. In passato non poté mai sostenersi da sola, essendo dipendente dalla Russia fin dall’indipendenza. Ora che la Russia è stata violentemente respinta, l’Ucraina diventa un onere per l’occidente e l’Unione europea, che non vogliono affrontare correttamente. L’integrazione occidentale dell’Ucraina era lo slogan dei politici ucraini e occidentali, ma nessuno ha voluto assumersi le responsabilità connessa, mettendo il Paese in una posizione insostenibile che porta alla miseria di massa. 

Qualsiasi ente che illustri le caratteristiche di Stato fallito dell’Ucraina, dovrebbe essere qualcosa da cui le forze armate degli altri Stati dovrebbero evitare ad ogni costo, ma Stati Uniti e NATO si avvicinano irragionevolmente a tale crisi, fin da quando i sintomi cominciarono ad apparire. L’assorbimento dell’Ucraina nell’ombra della NATO, in tali circostanze, equivale a trascinare direttamente l’alleanza nell’uragano del caos ucraino. Facendone il principale alleato non-NATO, il Paese diventa più pericoloso e irresponsabile, soprattutto con il crollo del governo e le sempre più manifeste tendenze dittatoriali dei suoi leader. 

La situazione in Afghanistan, l’ultimo alleato non-NATO, era almeno semi-stabile e prevedibile per via dell’occupazione NATO (che scadrà alla fine dell’anno, però), ma una situazione del genere non (ancora) esiste in Ucraina. Può darsi tuttavia che l’occidente trovi che la sua operazione ucraina sia ‘troppo grande per fallire’, e seguendo l’esperienza dei Paesi dal lento collasso economico, militare e politico, si può disperatamente pensare che l’integrazione nella NATO possa legare tali processi ed invertire l’inevitabile.

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Andrew Korybko (USA) Oriental Review 

Andrew Korybko è corrispondente politico statunitense di Voce della Russia, attualmente vive e studia a Mosca, in esclusiva per Oriental Review.


Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/07/31/il-lento-crollo-dello-stato-ucraino-e-la-capitolazione-della-rada/ 

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