Nel 2010, nel bel mezzo del Golfo del
Messico, accadde un incidente ad una piattaforma per l’estrazione del greggio della British Petroleum.
A seguito di questo incidente furono riversate in mare
tonnellate di greggio, generando un’estesa macchia oscura sulla
superficie marina ben visibile dagli aerei, che andò poi a riversarsi
sulle coste degli Stati Uniti, compromettendo pesantemente le
forme di vita che su di esse insistono, uomini compresi.
Sin dall’inizio cominciarono i dubbi sull’entità e
sulla gestione dell’incidente. Fotomontaggi anomali, cabine di monitoraggio improbabili e poca o nulla trasparenza suscitarono le perplessità degli osservatori più
accorti, che ancora si domandano come possa una
piattaforma moderna perdere greggio in tale quantità nell’Annus Domini
2010, senza che ci siano contromisure pronte e risolutive di
questo tipo di problemi.
La frittata però era fatta e si corse ai ripari nel modo peggiore.
Invece di utilizzare disperdenti atossici di origine naturale (già
allora disponibili), furono preferiti disperdenti chimici tossici per
l’uomo e le forme di vita del Golfo, come il famigerato
COREXIT. Si formò così un MIX di sostanze chimiche e greggio
assai pericoloso, le cui
conseguenze possiamo oggi osservare con maggior accuratezza, che
portarono ad innescare meccanismi distruttivi che hanno proseguito la
loro azione fino ad oggi e che non la interromperanno sino,
probabilmente, al collasso definitivo di quell’ecosistema ed alla possibile desertificazione totale del Golfo del Messico.
In un esauriente articolo di ‘State of the
Nation’, riportato poi da ‘GeoEngineering Watch’,
possiamo rilevare come l’ecosistema un tempo vario e
ricchissimo del Golfo del Messico sia stato completamente
trasfigurato in modo irreversibile. Nuove formazioni batteriche portano
al collasso di numerose colonie di specie animali autoctone,
provvedendo all’inserimento di nuove che indeboliscono ancor più gli
equilibri naturali di un tempo. La trasfigurazione è negativa per l’ambiente e per l’uomo in quanto sono
sorte numerose nuove e gravi patologie tra la popolazione.
Una bella fetta del Pianeta è stata così trasfigurata, generando un ambiente nocivo per
la Vita.
Se consideriamo gli altri gravissimi ‘incidenti’ a scala planetaria (a Chernobyl o a Fukushima, ad esempio) possiamo constatarne dinamiche simili. Modalità
oscure di gestione, decisioni prese in assoluta segretezza ed in stato di emergenza, conseguenze gravi e irreparabili. Alcune parti del Mondo sono colpite da un processo di trasformazione indelebile, le cui responsabilità sono state addossate alle compagnie che hanno provocato gli incidenti, oppure alla
stolida avidità dell’uomo. Forse però c’è di più: un’intenzione
sottesa a riconfigurare il Pianeta in modo da renderlo ostile a ciò che
(forse ingenuamente) consideriamo oggi ‘Vita’ e
‘Natura’. L’Oceano Pacifico stesso è in condizioni critiche
e le continue morie di animali che si riscontrano nelle coste
occidentali degli States ne sono tragica prova.
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