Crescita (in gergo economico) è diventato il vocabolo che unisce tutti
gli americani – repubblicani, democratici, indipendentisti, liberali –
diventando sinonimo di benessere e prosperità.
Misurata dalla crescita del prodotto
interno lordo (PIL), la crescita economica è diventata il Sacro Graal
del mondo capitalista. La società è così pervasa dalla convinzione
generale che più ricchezza materiale viene accumulata, maggiore è il
benessere di tutti.
Nonostante l’assurda iniquità che caratterizza la distribuzione della crescita economica, è raro trovare un economista che non la proponga come cura di tutti i mali della società, secondo l’idea che grazie ad una maggiore ricchezza si può comprare un migliore livello di benessere.
Citando Thom Hartmann nel lungometraggio ‘I Am’, questa percezione è ‘fondata su una verità e su una menzogna della nostra cultura. La verità è che se una persona è nuda e al freddo, di notte all’aperto, sola nella foresta e sotto la pioggia, è infelice. Di questo siamo tutti d’accordo. E se qualcuno gli apre la porta di casa e dice ”Vieni dentro, siediti accanto al fuoco, prendi pure dei vestiti, una coperta, un letto e un piatto caldo”, ecco che con cose piccolissime ma che fanno la differenza, quella persona da infelice diventa subito felice.
Ma allora perché la crescita economica è inseparabile dal capitalismo nel mondo che conosciamo?
Quattrocento anni fa John Locke, uno dei padri fondatori del capitalismo, osservò che il cittadino medio non possedeva beni di prima necessità come lenzuola, libri, pentole e padelle, utensili vari e così via, mentre le risorse erano abbondanti e illimitate per qualunque scopo e obiettivo dell’epoca. Il capitalismo è dunque nato per facilitare la trasformazione delle materie prime in prodotti che potessero essere utilizzati per rendere più facile la vita quotidiana dell’intera popolazione; si basa infatti sull’ideologia che una crescita esponenziale è necessaria per trovare gli incentivi che sostengano la continua ricerca di nuovi beni e servizi realizzabili e vendibili ad un margine di profitto. In linea generale, chi possiede capitali in esubero cerca un modo per investirli e ricavarne così un guadagno.
Quanti paia di scarpe, vestiti, lenzuola, stoviglie rimangono inutilizzati nei magazzini? Sono stati creati persino dei nuovi reality show per analizzare l’ossessione che le persone hanno per le cose materiali.
È quindi necessario sensibilizzare la società a nuove forme di economia post-capitalista basata su ‘cose che fanno la differenza’, iniziando a redistribuire le risorse in maniera collettiva e innovativa, per poter creare un mondo all’insegna della prosperità e della sostenibilità per tutte le generazioni future.
Nonostante l’assurda iniquità che caratterizza la distribuzione della crescita economica, è raro trovare un economista che non la proponga come cura di tutti i mali della società, secondo l’idea che grazie ad una maggiore ricchezza si può comprare un migliore livello di benessere.
Citando Thom Hartmann nel lungometraggio ‘I Am’, questa percezione è ‘fondata su una verità e su una menzogna della nostra cultura. La verità è che se una persona è nuda e al freddo, di notte all’aperto, sola nella foresta e sotto la pioggia, è infelice. Di questo siamo tutti d’accordo. E se qualcuno gli apre la porta di casa e dice ”Vieni dentro, siediti accanto al fuoco, prendi pure dei vestiti, una coperta, un letto e un piatto caldo”, ecco che con cose piccolissime ma che fanno la differenza, quella persona da infelice diventa subito felice.
La
menzogna, invece, è la convinzione che se questa piccola quantità di
benessere rende così felici, allora cento di questi beni renderà cento
volte più felici, mille beni mille volte più felici, e quindi un Bill
Gates dovrebbe vivere in un stato di perenne beatitudine.’ ..
Sebbene la verità di questa affermazione può essere riconosciuta dalla
maggior parte delle persone, la ricerca collettiva della crescita
economica fine a se stessa dimostra la mancata comprensione del
concetto. Il problema nasce quando i bisogni primari sono stati
soddisfatti. La felicità non deriva dal consumo di una maggiore quantità
di beni materiali, ma da tutto ciò che non può essere comprato col
denaro, cioè le relazioni umane, l’amore, il rispetto, l’essere
indispensabili per gli altri e molti altri fattori che rendono la vita
degna di essere vissuta.
Ma allora perché la crescita economica è inseparabile dal capitalismo nel mondo che conosciamo?
Quattrocento anni fa John Locke, uno dei padri fondatori del capitalismo, osservò che il cittadino medio non possedeva beni di prima necessità come lenzuola, libri, pentole e padelle, utensili vari e così via, mentre le risorse erano abbondanti e illimitate per qualunque scopo e obiettivo dell’epoca. Il capitalismo è dunque nato per facilitare la trasformazione delle materie prime in prodotti che potessero essere utilizzati per rendere più facile la vita quotidiana dell’intera popolazione; si basa infatti sull’ideologia che una crescita esponenziale è necessaria per trovare gli incentivi che sostengano la continua ricerca di nuovi beni e servizi realizzabili e vendibili ad un margine di profitto. In linea generale, chi possiede capitali in esubero cerca un modo per investirli e ricavarne così un guadagno.
Un tasso di
interesse viene dunque aggiunto all’investimento per compensare
l’utilizzo temporaneo del capitale, il che significa che agli
investitori deve essere reso più denaro di quanto ne avessero
inizialmente messo a disposizione. Dal
momento che il denaro è creato dai prestiti (debiti) che vincolano a
ripagare più soldi di quelli inizialmente stanziati, il sistema
economico è continuamente in deficit poiché costretto a ripagare gli
interessi dei debiti precedenti e quindi sotto costante pressione a
ricorrere a nuovi prestiti per restituire gli interessi di quelli
precedenti. Quando
finisce il denaro per ripagare gli interessi, ecco che le banche
falliscono e il sistema economico implode causando licenziamenti,
bancarotte, pignoramenti e congelamenti dei crediti di mercato.
Nel contesto di una società in cui i beni utilizzabili e i servizi sono scarsi (come nella società di Adam Smith e John Locke), questo sistema funziona alla perfezione. Quattrocento anni fa vi era abbondanza di risorse naturali dalle quali attingere per creare prodotti e servizi da poter vendere.
Nel contesto di una società in cui i beni utilizzabili e i servizi sono scarsi (come nella società di Adam Smith e John Locke), questo sistema funziona alla perfezione. Quattrocento anni fa vi era abbondanza di risorse naturali dalle quali attingere per creare prodotti e servizi da poter vendere.
Quanti paia di scarpe, vestiti, lenzuola, stoviglie rimangono inutilizzati nei magazzini? Sono stati creati persino dei nuovi reality show per analizzare l’ossessione che le persone hanno per le cose materiali.
A quanto pare abbiamo raggiunto il limite fisico, culturale e spirituale della crescita. Quindi cosa ci aspetta?
Finché l’attenzione collettiva sarà volta alla continua ricerca della crescita economica, i problemi socio-ambientali saranno destinati ad aumentare.
Finché l’attenzione collettiva sarà volta alla continua ricerca della crescita economica, i problemi socio-ambientali saranno destinati ad aumentare.
È quindi necessario sensibilizzare la società a nuove forme di economia post-capitalista basata su ‘cose che fanno la differenza’, iniziando a redistribuire le risorse in maniera collettiva e innovativa, per poter creare un mondo all’insegna della prosperità e della sostenibilità per tutte le generazioni future.
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