giovedì 3 settembre 2015

Lo Sfascio - il Caso di Roma

aiuola romana tipica 

Lo sfascio generalizzato della società italiana è davvero evidente ed a nulla valgono le ridicole esternazioni di Renzi sulla cosiddetta ed inesistente ‘ripresina’ in atto.

Roma, la Capitale del paese che contiene in se quella perla di spiritualità che è il Vaticinio/Vaticano, langue in uno stato derelitto. La popolazione è in preda ad un delirio di tipo prebellico da accaparramento delle risorse. Mentre tutto sembra procedere nella norma, ci si odia per un barattolo di piselli carpito prima al supermercato, per ora senza un'apparente ragione logica.
 
scie chimiche sulla Capitale

L’ostentazione del possesso di inutili beni materiali non è cessata ed anzi è aumentata in questi tempi loschi. In un caldo desertico, secco ed opprimente (frutto dell’onnipresente e feroce geoingegneria clandestina), i sorrisi ipocriti dei vicini tingono l’atmosfera generale di un tono tragico indefinibile eppure seducente, non saprei davvero dire perché (forse perché veritiero?).

Il disvelamento è vicino. La Chiesa di Roma (ed in realtà di Babilonia) allunga i suoi tentacoli per tentare il colpaccio: prendersi l’appannaggio integrale (integralista) della ‘cura delle anime’, un settore dall’importanza vitale in alcuni ambienti elevati di tipo etero/etero.

Le aiuole si naturalizzano: ridivengono natura incontaminata, ove prevale il cereale selvatico e l’ortica.

Le buche nel manto stradale diventano parte del territorio e le strisce pedonali scivolano verso un’intelligibilità serena ed imperiosa.
 
scorcio con 'sorcio'

Gabbiani striduli e feroci Cornacchie, stremati dal caldo, volteggiano per predare il cibo delle ‘gattare’ prima che i felini, impauriti, ne possano approfittare, lottando tra di loro come la celebre garzetta di Caetano Veloso. Queste specie di volatili sono quasi immuni dall'inquinamento, ecco perché sono specie oggi predominanti.

Un contesto urbano abbandonato all’incuria, alla mercé di bande ignobili che approfittano della situazione per depredare ciò che resta del fallimento di una città capitale e, quindi, di tutta una nazione.
 
 

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