mercoledì 2 settembre 2015

Sbloccare una disfunzione nella coscienza.

 

Premessa

Quello che successe nel 1983 può essere tecnicamente classificato come esperienza di vicino-morte o NDE(come usano dire in inglese), benché mancassero le visioni drammatiche che tendono a dominare nei racconti dei giornalisti e degli eruditi. Mentre giacevo in un letto d'ospedale in Tailandia, dopo essere stato avvelenato da un mancato ladro su una corriera che percorreva lunghe distanze, vi furono ore in cui i medici disperavano di potermi salvare.

Tuttavia non ebbi visioni fuori dal corpo di quanto stava succedendo, nessuna rassegna del mio passato, nessun tunnel nero verso una luce o paesaggio celestiale e nessun incontro con creature angeliche o parenti deceduti che mi dicessero di ritornare nel mondo perché la mia opera non era ancora terminata. Benché avessi perso qualsiasi paura della morte quando infine risuscitai, questo non ebbe (e non ha tutt'ora) alcun' influenza nel credere in un'anima immortale che possa sopravvivere oltre la morte. Al contrario, essa ha una grande importanza invece, con una dimensione di vita "qui ed ora" che rende la nozione di sopravvivenza alquanto secondaria in questo o in un altro mondo.

Questo rende ogni istante così incredibilmente soddisfacente che anche il successo o il fallimento di un'attività creativa diventa relativamente poco importante. In altre parole sono stato liberato da quello che William Blake (poeta inglese dell'800) chiama ''l'ossessione del futuro ''- cosa che prima di questo avvenimento consideravo un'impossibilità psicologica. Con continua meraviglia da più di 10 anni questa liberazione ha reso la mia vita quotidiana in senso pratico ancora più efficiente, appunto perché il senso del tempo non è sovraccarico delle ombre ansiose del ''cosa-succederà-domani''.


Sbloccare una disfunzione nella coscienza

di John Wren-Lewis Alcuni anni fa dei ricercatori hanno volto la loro attenzione sugli effetti di una NDE in questa vita. La NDE quasi sempre lascia le persone in uno stato piu' libero e felice di quanto potessero mai immaginare. Per di piu' questa nuova gioia di vivere spinge gli sperimentatori della NDE a usare termini religiosi per rendere efficace la loro descrizione, ma allo stesso tempo non porta ad alcuna convinzione particolare che l'anima sopravviva dopo la morte del corpo. E' piuttosto un mutamento totale della coscienza per cui la vita in ogni momento diventa cosi vivida, che l'ansietà riguardo alla sopravvivenza nel corpo o fuori da esso, cessa di avere importanza.
(n.d.t. ricorda lo stato di S.Francesco dopo la guarigione dalla malattia mortale)

L'ipotesi a cui sono giunto è che il blocco che separa la cosiddetta normale coscienza umana dalle radici della cosiddetta coscienza impersonale, è semplicemente un'inflazione o iperattività del sistema psicologico di sopravvivenza. L' effetto di questo esagerato senso di difesa è di focalizzare la coscienza così rigidamente sul fatto di assicurare il proprio futuro che la coscienza universale sottogiacente, con la sua felicità-sempre-presente, la sua pace e senso di meraviglia, viene messa da parte. La sola gioia che può entrare nel campo della coscienza è quella che proviene dalla soddisfazione dei bisogni (o presunti bisogni) individuali del corpo-mente. Il dolore invece, diventa una sofferenza negativa piuttosto che un segnale che aiuta ed esalta la vita. E questa disfunzione di base si manifesta nel fatto che morire, che nella natura fa parte del grande flusso della vita (o del gioco derivato chiamato manifestazione individuale) diventa l'oggetto di paura e terrore senza speranza.

Un incontro ravvicinato con la morte è capace di rompere quest'incantesimo perché il meccanismo di sopravvivenza cede in quel preciso momento: sono sicuro che ''Il libro Tibetano dei Morti'' parla del momento della morte come di un momento di grazia speciale, quando improvvisamente il Nirvana può finalmente manifestarsi a chiunque. Ecco perché quelli che sono tornati dal ciglio della morte hanno avuto il privilegio di tornare avendo capito cos'è veramente la consapevolezza. Questa conoscenza permette al meccanismo di sopravvivenza di ricominciare a funzionare senza l' iperattività precedente. Ho osservato che dopo l'avvenimento in Tailandia il mio sentimento della morte, compresa la mia, è che - anche se cerco di evitarla quanto possibile nel gioco della manifestazione, anche se piango gli amici scomparsi - essa ha per me una particolare bellezza, come le foglie ingiallite sparse in autunno, il cui splendore è avvertito dalla mente, perché non vi è ancora l'associazione con il taboo finale. Un corollario a questo cambio di atteggiamento riguardo alla morte è stata la scoperta che il diventare vecchi, anche nei suoi aspetti decadenti, ha qualcosa di interessante piuttosto che di deprimente o disgustoso.

La grande domanda adesso è, naturalmente, se ci siano mezzi meno drastici (o accidentali) grazie ai quali l'incantesimo di un'individualità separata possa essere tolto prima del momento di morire. Spero che la mia ricerca possa eventualmente portare un po' di luce sulla questione. Ci sono infatti molte tradizioni mistiche nel mondo che offrono sentieri verso stati di coscienza superiori, ma non mi sembra che abbiano una percentuale di successo incoraggiante quanto il tipo di liberazione che l'NDE porta immediatamente a chiunque, alto o basso, buono o cattivo, credente o miscredente, praticante o non praticante. Infatti i miei studi di queste tradizioni, antiche o moderne, si impantanano nella loro idea principale di "sentiero": questo suggerisce inevitabilmente che "la coscienza superiore '' è un traguardo da raggiungere: in questo modo rafforzano la stessa preoccupazione per il futuro personale che è la causa principale di tutti i problemi.

La mia esperienza, come quella di altri come me, suggerisce che la liberazione non è affatto una questione di fare un "lungo viaggio verso Casa". Significa semplicemente svegliarsi alla consapevolezza che è già la base della nostra stessa esistenza. G-K-Chesterton la definisce così vicina ed evidente che non la si nota nemmeno!

Credo che quello di cui abbiamo bisogno non è una disciplina o sentiero, ma una quantità di trucchi o accorgimenti per acchiappare il Buio con la coda dell'occhio per così dire; dobbiamo imparare ad identificare quella presenza (che aspetta solo di essere vissuta) insieme a strategie per fermare il programma di sopravvivenza iperattivo che cerca invece di "spiegare", allontanando la vera percezione.

D.E. Harding ("La via senza testa" Ubaldini) con i suoi esercizi che ci fanno scoprire la nostra mancanza di una testa, sono le migliori idee che ho trovato in giro per la prima parte di questo processo. Infatti egli stesso ammette che la gente lo "intuisce immediatamente" ma poi non lo crede! Questo dimostra l'evidenza del programma di sopravvivenza al lavoro. Penso dunque che il compito più importante della psicologia transpersonale è di ricercare una tecnica per eludere questa fondamentale disfunzione del "dischetto" umano.
(altro brano dal "Gnosis Magazine")

E' essenzialmente naturale che la coscienza personale sia cosciente della propria Origine, mentre i miei primi 59 anni di cosiddetta coscienza "normale", ignorante della propria Origine, ora mi sembrano una sorta di sogno ad occhi aperti. E' come se fossi stato ipnotizzato dalla nascita in un incubo collettivo di individui separati che si combattono in un universo alieno per sopravvivere e per avere soddisfazioni e significato.

Infatti più cerco di investigare e più sono convinto che mistici iconoclasti come W. Blake e Krishnamurti avessero ragione quando affermavano che la sola idea di un cammino spirituale è votata all'insuccesso, perché incita a fare la sola cosa che deve essere evitata, se ci dobbiamo svegliare all'eternità: essa concentra l'attenzione sul futuro. I sentieri e le discipline fanno della gnosi un traguardo, mentre di fatto essa è già l'origine, la base di ogni conoscenza, inclusa la conoscenza peccaminosa legata al tempo.

So per esperienza di prima mano che "la gioia oltre la gioia" è più grande di ogni pazzesca forma di immaginazione legata ancora al tempo. Però posso anche vedere che lo stesso impulso di raggiungere questa gioia dell'eternità è un circolo vizioso, perché la ricerca stessa implica una preoccupazione di tempo, ed è proprio questo che scaccia l'eternità dal campo della coscienza.

Allora cosa fare? Una cosa che avevo imparato nella mia precedente professione scientifica era un tipo di pensiero "laterale" che spesso libera dai ragionamenti a circolo vizioso - ammesso che il circolo vizioso sia affrontato con grande coraggio senza evasioni speculative metafisiche oltre l'esperienza diretta. Ecco il tipo di esplorazione a cui dedico la mia vita. E' un progetto a cui chiunque sia interessato è invitato a partecipare.
Ancora un paio di suggerimenti.

Primo, attenti alle filosofie che parlano di risultati spirituali in termini di evoluzione o crescita, che sono i grandi idoli moderni. Entrambi sono fenomeni dell'eterno teatro del tempo, ma come paradigmi sono vetusti, postumi dell'età della costruzione dei grandi imperi e dell'etica lavorativa.

L'atteggiamento "lo-voglio-adesso", così biasimata dai maestri spirituali come peccato del 20° secolo, è a mio avviso un segnale sano che mostra quanto siamo delusi dalla trappola del tempo. Un paradigma veramente mistico deve essere "post-evolutivo", il paradigma di "lila",il gioco divino fine a se stesso, ove qualunque scopo legato al tempo, piccolo o grande, è subordinato alla divina soddisfazione che è sempre presente in ogni istante eterno. La gnosi mistica è conoscere la delizia dell'"Infinita Vita", istante dopo istante in tutta la manifestazione, senza tener conto se dal punto di vista puramente umano, la manifestazione è creativa o distruttiva, in crescita o sul punto di inaridire, se è in evoluzione o pronta a svanire.

Il secondo punto è di far attenzione al linguaggio, poiché le parole che usiamo sono spesso uncini che ci agganciano alla trappola del tempo. Per esempio se usiamo il termine "sé" con la s minuscola per indicare la personalità individuale, e il "Sé" con la S maiuscola per indicare la coscienza divina, la nozione dell'una che si espande gradualmente verso l'altra, diventa inevitabile, perché di nuovo concentra l'attenzione attorno alla linea del tempo. La liberazione mistica, al contrario, è la scoperta immediata che anche il sé più infimo è già il centro dell'"Infinita Vita" che è al di là di ogni ego.

Detto questo, il consiglio più positivo che potrei dare ad un cercatore spirituale è di sperimentare qualunque pratica o idea che giudichi interessante - cosa che già ai suoi tempi il Buddha incoraggiava a fare, benché i suoi seguaci non abbiano preso sul serio questa parte del suo insegnamento. Le antiche tradizioni come i movimenti moderni possono essere validi spunti per nuove avventure, ma considerarle autorità a cui obbedire non è soltanto poco scientifico - ci mandano anzi contro il granello della divina lila stessa, poiché la novità è apparentemente il nome del gioco del tempo.

Credo che la gnosi ci arrivi come grazia poiché ci sono altrettante forme di questa quante le persone al mondo. Ma appunto perché siamo in questo girotondo insieme, condividere le esperienze fa parte integrante della sua pienezza. Qualunque esperimento facciate, condividete i vostri insuccessi, i vostri suggerimenti o il risveglio se accade, nel bene e nel male, ma con onestà, poiché tutto ciò che vive è sacro.


John Wren-Lewis
 
lo trovi anche su riflessioni.it

traduzione di Isabella di Soragna da un articolo del ''Journal of transpersonal Psychology'', intitolato ''Effetti secondari di un'esperienza NDE o di vicino-morte: ipotesi di meccanismo di sopravvivenza ''.

fonte: http://www.isabelladisoragna.eu/site/articolo.php?news=29&lang=italiano&menu=2

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