INCONTRI NEL GIGUNU
Più di 2.500 anni dopo che Gilgamesh
andò alla ricerca dell'immortalità, un altro re leggendario, Alessandro
il Macedone, emulò il re sumero e i faraoni egizi. Anche lui sosteneva
di essere, almeno in parte, divino. E' probabile che Aristotele
raccontasse al proprio discepolo delle precedenti ricerche; ma ciò che
Alessandro probabilmente ignorava, era che la radice di questa sua
pretesa si trovava nel GIPAR di Uruk ("Casa della Notte") e nel suo
santuario interno, il GIGUNU.
Dopo
l'assassinio di Filippo II, Alessandro fu incoronato re di Macedonia e
si recò a Delfi, in Grecia, per consultare il famigerato oracolo. A
quell'epoca, Alessandro aveva solo 20 anni e fu sconvolto nel sentire la
prima di diverse profezie che gli annunciavano, sì, grandi successi, ma
vita breve.
Le
profezie servirono solo a fomentare la credenza nelle voci che
circolavano all'interno della corte macedone, secondo il quale Filippo
II non era realmente suo padre e che lui era figlio di un faraone egizio
di nome Nectnanebus che, giunto in visita alla corte macedone, aveva
sedotto in segreto sua madre, Olimpia.
E
Nectnanebus - maestro di magia e divinatore - pare che fosse, in realtà
niente meno che il dio egizio Ammone, travestitosi da essere umano per
dare i natali al futuro conquistatore del mondo. Non appena Alessandro
raggiunse l'Egitto (nel 332 a.C.), dopo aver reso omaggio agli dèi egizi
e ai loro sacerdoti, si mise in viaggio verso l'oasi di Siwah nel
deserto occidentale, , dove si trovava un famoso oracolo di Ammone. Lì
(così raccontano gli storici che lo accompagnarono) il grande dio in
persona gli confermò le origini divine.
A
questo punto i sacerdoti egizi lo proclamarono faraone divino. Ma,
anziché attendere la morte e ricevere l'immortalità nell'aldilà,
Alessandro si mise alla ricerca delle famose Acque della Vita. Le sue
ricerche lo portarono nella penisola del Sinai, in luoghi sotterranei,
ricchi di magia e abitati da angeli, e, infine (su ordine di un
uomo-alato) fino a Babilonia. Alla fine come aveva profetizzato
l'oracolo di Delfi, morì famoso, ma ancora nel fiore degli anni.
Andando
alla ricerca dell'immortalità, Alessandro lasciò le sue truppe ad
aspettarlo e si avventurò verso la Terra dell'Oscurità, alla ricerca di
una montagna chiamata Mushas. Al limitar del deserto lasciò i suoi
pochi, fidati compagni e proseguì da solo.
Vide e seguì <<una strada diritta che non aveva mura e che non aveva né salite, né discese>>. La percorse per dodici giorni e dodici notti, quando poi <<avvertì la radianza di un angelo>>. Man mano che si avvicinava, la radianza divenne un <<fuoco fiammeggiante>> e Alessandro si rese conto di essere arrivato alla <<montagna che circonda il mondo>>.
Parlando ad Alessandro dall'interno del fuoco fiammeggiante, l'angelo gli pose delle domande: <<Chi sei, e per quale ragione sei qui, o mortale?>>. Gli chiese inoltre come aveva fatto a <<penetrare in questa oscurità, che nessun altro mortale è mai riuscito a superare>>. Alessandro spiegò che era stato il dio in persona a guidarlo e a dargli la forza necessaria per giungere in quel posto <<che è il Paradiso>>. Ma l'angelo gli disse che l'Acqua della Vita si trovava in un altro luogo, e che <<chiunque la beva, sia pure una sola goccia non morirà mai>>
Per
trovare il pozzo dell'Acqua della Vita Alessandro aveva bisogno di un
saggio che conoscesse tali segreti, e dopo molto cercare, infine lo
trovò. Lungo la strada visse avventure magiche e miracolose. Per essere
certi che il pozzo fosse davvero quello giusto, i due dovevano portare
con sé un pesce essiccato.
Una
notte raggiunsero una fontana sotterranea e, mentre Alessandro stava
ancora riposando, la sua guida testò l'acqua e il pesce tornò in vita.
Poi egli stesso si immerse in quelle acque, diventando così El Khidr "il
sempreverde" - Colui che è per sempre giovane - delle leggende arabe.
Al
mattino Alessandro si recò al luogo indicato <<Era intarsiato di
zaffiri, smeraldi e zirconi rossi.>> Ma lì due uccelli con tratti
umani gli sbarrarono il cammino. <<La terra sulla quale ti trovi
appartiene a Dio e a Dio solo>> dissero. Comprendendo di non
cambiare il proprio fato, Alessandro rinunciò alla ricerca e iniziò a
erigere città che portavano il suo nome, così che restassero a sua
imperitura memoria.
I
numerosi particolari della ricerca di Alessandro, virtualmente identici
a quelli di Gilgamesh - l'ubicazione, il nome della montagna, i dodici
periodi del viaggio sotterraneo, gli uomini uccello alati, le domande
delle guardie, l'immersione nel pozzo delle Acque della Vita - indicano
una certa famigliarità con l'Epica di Gilgamesh; una famigliarità che
non riguardava solo l'opera letteraria (che continua a sopravvivere
ancora oggi), ma anche il motivo di fondo della ricerca: la discendenza
semi-divina.
A
dire il vero anche le affermazioni dei faraoni egizi di essere figli di
divinità o, in mancanza d'altro, di essere stati allattati da una dea,
si si possono far risalire all'epoca di Gilgamesh. Infatti fu a Uruk che
ebbe inizio questa tradizione proprio con la dinastia dello stesso
Gilgamesh.
Il
potere sovrano nacque a Uruk, la città era circondata esclusivamente
solo da un recinto sacro. Lì secondo la Lista dei Re sumera,
<<Meskiaggasher, il figlio del dio Utu divenne sommo sacerdote e
poi re>>. Poi, dopo i regni di Enmerkar e di Lugalbanda e un regno
intermedio del divino Damuzi, ascese al trono Gilgamesh. E di lui si
dice fosse il figlio della dea Ninsun.
Queste
sono affermazioni sorprendenti, in particolare alla luce dell'episodio
nel quale si narra che i Nefilim avevano preso in moglie le figlie degli
uomini, suscitando le ire di Enlil, che era giunto a desiderare di
sterminare il genere umano.
All'umanità,
agli Anunnaki e alla stessa terra ci vollero anni per riprendersi dalle
devastazioni del Diluvio. Ci vollero millenni perché gli Anunnaki,
passo dopo passo, gradatamente, con cautela, trasferissero al genere
umano la conoscenza, la tecnologia, la domesticazione e, infine, la
civiltà. Ci volle quasi un millennio per creare a Kish il potere
sovrano. E poi inaspettatamente, questo potere venne trasferito a Uruk,
dove ebbe inizio la prima dinastia con il figlio di un dio (Utu/Shamash)
e una donna.
Mentre
gli intrallazzi sessuali delle altre divinità (alcune già menzionate
all'interno del blog e altre che citerò in altri post) sono stati
riportati nei testi antichi, Utu/Shamash non sembra essere uno di questi
libertini. La sposa ufficiale, nonché consorte era la dea Aia (vedi
figura sopra) e i testi non gli attribuiscono alcuna infedeltà.
Tuttavia
qui incontriamo il figlio il cui nome, le cui funzioni e i luoghi che
visita sono inequivocabili. Cosa significava allora? I tabù erano forse
stati rimossi o solo ignorati dalla nuova generazione? E' ancora più
peculiare il caso di Ninsun, madre di Gilgamesh (vedi figura a
sinistra). La sua genealogia e i documenti relativi ai suoi figli sono
esemplari della promiscuità che si stava diffondendo fra gli Anunnaki.
Capitolo ottavo "La Bibbia degli Dei"
Titolo originale Divine Encounters
1995-2002 by Zecharia Sitchin
p: 181-182-183-184-185
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