martedì 4 ottobre 2016

Controllare le ricchezze della Libia, il gioco a lungo termine di Haftar

General Khalifa Haftar speaks during a news conference in Abyar 

Per nove mesi le Nazioni Unite hanno tentato d’imporre il cosiddetto governo di Accordo Generale Nazionale (GNA) alla Libia. Nonostante una miriade di dichiarazioni internazionali a sostegno, il GNA ha fallito clamorosamente. Battibecchi regionali e complessità costituzionali sulla sua legittimità e mancanza di capacità istituzionale, ne ostacolano il progresso. In agguato, dietro tali cause, vi è la carenza di entrate, non avendo mai controllato i nodi chiave della produzione ed esportazione del petrolio della Libia.

L’11 settembre, le forze del Generale Qalifa Haftar, il principale rivale del GNA, prendeva il controllo della maggior parte dei porti della mezzaluna petrolifera della Libia, sfrattando le rimanenti sacche dei federalisti di Ibrahim Jadhran. Sulla scia di questa importante operazione, i due anni di vacanza delle esportazioni petrolifere da Ras Lanuf, Sidra e Zuaytina terminavano rapidamente. Da allora, le petroliere caricano (per lo più greggio depositato nelle cisterne) e o fondi per la riparazione degli impianti petroliferi vengono assegnati.

 Presto, le entrate da questi carichi di petrolio scorreranno di nuovo nelle casse della Libia. A chi, nel complesso frantumato panorama istituzionale della Libia, andranno questi fondi, e perché vengono autorizzati? Il 21 settembre, lo stesso giorno in cui il primo carico di greggio, dal 2014, lasciava Ras Lanuf verso l’Italia, la National Oil Corporation annunciava di aver ricevuto in pagamento 310 milioni di dinari libici (224 milioni di dollari) dal Consiglio della Presidenza sostenuto dalle Nazioni Unite, che funge da organo esecutivo del GNA, per le riparazioni e la manutenzione delle strutture petrolifere, e che avrebbe ricevuto altri 620 milioni di dinari in due parti entro la fine dell’anno. 

Il giorno seguente, 22 Paesi e organismi internazionali, tra cui attori chiave come Egitto, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Russia, emettevano un comunicato congiunto sulla Libia ribadendo l’impegno all’accordo politico libico firmato a Sqirat, Marocco, l’anno scorso, come così come al trasferimento nominale del controllo dei porti della mezzaluna petrolifera alla National Oil Corporation e alla ripresa delle esportazioni. A fronte di ciò, dopo mesi di contrattempi e incidenti, di carenze di fondi e riduzione dei ricavi petroliferi della National Oil Corporation, la riapertura dei porti dovrebbe essere motivo di festeggiamenti, soprattutto considerando le difficoltà economiche disastrose della Libia.

E’ importante ricordare, tuttavia, che l’architetto di questo risveglio è Haftar, lo stesso uomo che si oppone al GNA e al processo di pace delle Nazioni Unite, che si rifiuta di riconoscere l’autorità del Consiglio di Presidenza e non fa segreto della sua ammirazione per i capi militari, come il Presidente egiziano Abdalfatah al-Sisi. Eppure i ricavi delle esportazioni di petrolio che fluiranno, presumibilmente andranno alla Banca Centrale di Tripoli controllata dal Consiglio di Presidenza. Allora perché Haftar permette che questi fondi rafforzino l’entità che vuole rimuovere?

In primo luogo, prendendo i porti della mezzaluna del petrolio e riaprendoli, Haftar si guadagna un’ampia legittimità tra i libici che in precedenza non lo sostenevano. La mossa di Haftar era brillantemente cronometrata, perché i suoi avversari di Misurata recentemente sono avanzati contro lo Stato islamico (IS) a Sirte riducendo ampiamente la minaccia di attacchi terroristici alle infrastrutture portuali. Permettendo il flusso di petrolio, Haftar può pretendere di agire al di sopra della politica e nell’interesse del popolo libico, qualcosa che la comunità internazionale difficilmente contesterebbe dato che chiaramente ha consegnato i porti alla National Oil Corporation. 

Allo stesso modo, se Haftar dovesse chiedere apertamente il controllo della Banca Centrale della Libia, reindirizzandone i proventi del petrolio o prendendo tangenti dalle casse libiche, indebolirebbe le credenziali di leadership. Il 21 settembre, l’Alto Consiglio di Stato, organo consultivo sancito dall’accordo politico, annunciava di esser “costretto” a prendere in consegna i pieni poteri legislativi dalla Camera dei Rappresentanti, avendo sostenuto il golpe di Haftar e prevedeva di nominare un nuovo presidente della Banca centrale della Libia. 

La mossa del Consiglio superiore di Stato è stata ampiamente respinta come irrealistica, e il presidente della Banca centrale della Libia, Sadiq al-Qabir, è visto pro-Tripoli e contrario ad Haftar. Se qli avversari di Haftar non riescono ad imporsi, ciò indica che i libici sempre più puntano su unità e potere contro divisione e caos politico. In secondo luogo, Haftar ora controlla l’accesso del Consiglio di Presidenza ai proventi del petrolio di cui ha disperatamente bisogno, e può quindi utilizzarlo come strumento di contrattazione per ottenere ciò che vuole. In realtà, potrebbe anche cercare di impiegare tattiche simili a quelle di Jadhran, ricattando il Consiglio di Presidenza chiudendo i rubinetti. 

La produzione di greggio della Libia è salita a 450000 barili al giorno, rispetto ai 260000 del mese scorso. Tuttavia, questi numeri ingannano perché la crescita è dovuta al greggio immagazzinato ed infine esportato. Ciò nonostante, alcuni giacimenti saranno riavviati e la produzione sembra poter gradualmente crescere. Riconoscendo l’enorme importanza di questi sviluppi per ogni futuro successo del GNA, il 27 settembre, il primo ministro Fayaz Saraj affermava che Haftar e i suoi alleati saranno rappresentati nel nuovo governo allo studio da parte del Consiglio di Presidenza. 

Ma ciò difficilmente porterà il potente generale a sostenere improvvisamente il processo. La rapida avanzata di Haftar evidenzia quanto scarso potere abbia il Consiglio di Presidenza; pertanto, sarà improbabile che si accontenti di meno della rielaborazione completa dell’accordo politico libico, con lui in posizione di potere. In terzo luogo, è importante ricordare che, nonostante scontri e frammentazione della Libia, la Banca centrale ha continuato a pagare gli stipendi alle varie opposte milizie, anche alle forze dell’esercito nazionale libico di Haftar. 

Pertanto, è probabile che le priorità dei finanziamenti a breve termine di Haftar si concentrino su armi e munizioni, piuttosto che salari, e per acquistare armi l’accesso alla Banca centrale della Libia sarà di poco aiuto. Invece, Haftar cerca dagli alleati internazionali di accedere ai rifornimenti militari. In recenti interviste, Haftar ha riconosciuto il supporto alle forze armate libiche dall’Egitto, che in cambio ribadisce il sostegno ad Haftar, che ha anche sollecitato la Russia, altra alleata, a far togliere l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite, in modo che le sue forze possano accedere ad ulteriori armi ed equipaggiamenti militari. In breve, le ambizioni di Haftar vanno ben oltre l’accesso a specifici fondi della Banca Centrale della Libia. 

Sembra seguire un gioco a lungo termine; costruendosi legittimità, leva finanziaria ed influenza. Dall’inizio delle rivolte contro il leader libico, Colonnello Muammar Gheddafi, Haftar ha cercato tramite varie tattiche e stratagemmi di diventare l’uomo forte della Libia. E’ in questa luce che va interpretata l’attuale manovra militare nella mezzaluna petrolifera e la generosità verso il GNA, sperando chiaramente di acquisire finalmente una posizione forte abbastanza da avere la leadership della Libia, sia coi negoziati politici o più probabilmente con la forza militare.

Fortunatamente per i libici che aspirano a un governo costituzionale, Haftar non può ancora, ed ha molti nemici formidabili, in particolare le milizie di Misurata che, convenientemente per Haftar, arretrano. Se Haftar prendesse il potere, Misurata combatterebbe fino alla fine prima di consentire ad una decisa figura antislamista, già del regime, di prendere il potere in Libia. Tuttavia, i libici sono sempre più stanchi del conflitto incessante, del caos e della confusione che affliggono il Paese; se Haftar dimostrerà di offrire sul serio un’alternativa più stabile con il supporto di potenti alleati come Egitto, Emirati Arabi Uniti e Russia, è possibile che infine realizzi il suo sogno, soprattutto se la scena politica internazionale subirà un vasto sconvolgimento a novembre dalle elezioni statunitensi.

Jason Packal-Monitor 29 settembre 2016

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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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