Nonostante i discorsi sulla Russia nel
2016 ed argomentazioni ed accuse al riguardo, la politica statunitense
verso il Paese più grande della Terra permane. Ciò è dovuto al fatto che
la politica è guidata dalla ricerca di Wall Street dei profitti, non da
buoni o cattivi desideri dei singoli politici.
Nelle elezioni del 2016,
sembrava che una delle maggiori differenze tra Donald Trump e Hillary
Clinton fosse la posizione sulla Russia. Trump disse “se possiamo andare avanti con la Russia, sarà è molto bello“. Hillary Clinton tentò di collegare Trump al Presidente Vladimir Putin, che definì “Grande padrino del nazionalismo globale“.
Dalle elezioni, i dirigenti politici continuano ad allarmare sulla
presunta “ingerenza russa” che avrebbe influenzato la votazione.
La guerra fredda soffia all’Assemblea Generale
Proprio come Barack Obama, le relazioni degli Stati Uniti con la Russia
non sono migliorate dalla dipartita di Bush, con Trump che calca la mano
anti-russa. Nel discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
Donald Trump ha fatto del suo meglio nel rilanciare affermazioni
nazionalistiche. Ha ripetuto l’amata frase “America First“.
Oltre a un passaggio sull’Ucraina, non ha criticato direttamente la
Russia, ma questa omissione era un trucco. Trump ha scelto diversi Paesi
da criticare e minacciare.
Se Trump fosse stato veramente preoccupato
dei diritti umani e dell’esportazione del terrorismo, avrebbe criticato
l’Arabia Saudita, come fece per le elezioni. Tuttavia, non l’ha
criticata. Se Trump fosse stato preoccupato del caos creato dai narcos,
avrebbe criticato il governo del Messico, come fece spesso nella
campagna elettorale. Tuttavia, non disse niente.
Da comandante degli
Stati Uniti, non da politico che cerca voti, Trump attacca solo Paesi
amici o alleati con la Russia. Trump fece false dichiarazioni
sull’economia iraniana, ignorando i grandi successi della Repubblica
Islamica e invocava la possibilità di rivedere l’accordo nucleare. Trump
attaccava Cuba, ignorando i vasti miglioramenti nel Paese e la notevole
reputazione nell’assistenza medica nel mondo. Trump attaccò il governo
del Venezuela, accusandone delle difficoltà il governo socialista
bolivariano e nient’altro. Da lì, Trump ha continuato a ripetere il
cliché ideologico statunitense:
“Il problema in Venezuela non è che il socialismo sia stato attuato male, ma che il socialismo è stato attuato fedelmente. Dall’Unione Sovietica a Cuba fino al Venezuela, ovunque sia stato adottato il vero socialismo o il comunismo, ha provocato angosce, devastazioni e fallimenti. Chi predica i principi di queste ideologie screditate contribuisce solo alla continua sofferenza delle persone che vivono in questi crudeli sistemi“.
Per gli
spettatori internazionali, ciò appare una dichiarazione strana per un
discorso delle Nazioni Unite. Non per nulla, pause sparse e tentativi di
farsi applaudire illustravano l’ignoranza di Trump della politica
internazionale.
Dopo tutto, il vago concetto di “socialismo” è
l’ideologia dichiarata del Partito laburista inglese, nonché da numerosi
governi socialdemocratici in Europa, Africa e altrove vicini agli Stati
Uniti e che non hanno alterato il capitalismo. Tuttavia, per milioni di
statunitensi che guardano Trump alla CNN, il discorso ha suscitato
l’immagine di un Paese in particolare. Quando Trump cominciò a parlare
di “ideologie screditate” e di “vero socialismo o comunismo”, l’immagine
richiamata negli USA, nonostante il crollo dell’URSS, era un ufficiale
russo in colbacco che abbaiava ordini con greve accento.
Lanciandosi in
fraseologie da guerra fredda accanto alla frase “America First“,
Donald Trump invitava gli statunitensi a ricordarsi il discorso
sull'”impero del male” di Ronald Reagan. Non menzionava direttamente il
governo della Russia, e non badava ai suoi scopi internazionali. A
coloro che hanno visto il discorso negli Stati Uniti, Trump, in effetti,
riportava gli statunitensi a 40 anni prima, con slogan “Abbasso i russi! Abbasso i russi!“
La politica estera statunitense non è cambiata, ecco perché
Il professore di Harvard, Dr. Marshall Goldman, avrebbe detto “è comprensibile perché il popolo russo consideri Vladimir Putin suo salvatore“.
Il successo della leadership di Putin in Russia e la base del fanatismo
russofobo di USA ed alleati della NATO poggia su due entità: Gazprom e Rosneft.
Da studente di dottorato, Vladimir Putin scrisse sul concetto di
“campioni nazionali” o aziende che lavorerebbero non solo per i propri
profitti, ma a beneficio del Paese. Scrisse: “il processo di
ristrutturazione dell’economia nazionale deve avere l’obiettivo di
creare società più efficaci e competitive sul mercato nazionale e
mondiale“.
Mentre andò al potere alla fine del XX secolo, Putin
adottò una rapida riforma economica, imponendo la flat tax del 13%, e
soprattutto cominciando a costituire due società statali che divenissero
centrali nell’economia. Nel 2006, Gazprom, un’impresa controllata dal
governo russo, aveva il monopolio sull’esportazione del gas naturale del
Paese. British Petroleum, tra gli altri enti controllati dall’estero o da oligarchie, fu espulsa dagli affari. Nel 2011 Gazprom controllava il 17% della produzione di gas naturale del mondo e il 18,4% delle riserve di gas naturale mondiali. Mentre Gazprom
fornisce gas alla Russia ad un tasso ridotto stimolando l’economia
nazionale, esporta gas in 25 Paesi.
Circa il 60% delle entrate di
Gazprom proviene dai mercati esteri. Il 38% del gas naturale dell’Unione
europea è ora importato dalla Russia. Perché Wall Street odia Gazprom?
La ragione è semplice. Ogni oncia di gas naturale che Francia, Italia,
Germania, Repubblica Ceca, Turchia, Austria, Romania, Bosnia-Erzegovina,
Polonia, Bulgaria, Finlandia, Macedonia, Lettonia e Lituania acquistano
dalla Russia è un’oncia di gas naturale che non viene acquistato negli
Stati Uniti e nel Regno Unito.
Questo ente statale e produttivo crea
entrate per Putin tagliandogli mercato e profitti. Gazprom è stato
utilissimo per il popolo russo, che ha visto espandere notevolmente la
propria economia, ma è stato dannoso per i miliardari di Stati Uniti e
Gran Bretagna. Anche Rosneft, la compagnia petrolifera controllata dallo Stato, si è allargata. È la 51.ma azienda del mondo dal 2016. Rosneft vende petrolio in tutto il pianeta, non solo in Europa, ma anche in India. British Petroleum e altre corporazioni occidentali sono state costrette a collaborare con Rosneft
e a vederla esplorare il fondale artico per l’estrazione di petrolio e
gas naturale.
La Cina ha continuato a crescere rapidamente negli ultimi
decenni e ha bisogno di importare più combustibile per alimentare il
crescente apparato produttivo. La Russia fornisce quantità crescenti di
petrolio e gas naturale. Nel 2014, Gazprom accettò di fornire alla Cina ogni anno 38 miliardi di metri cubi di gas naturale. Nel 2019, il gasdotto Power of Siberia, in fase di costruzione, inizierà a fornire gas naturale alla Repubblica popolare cinese.
Disperazione energetica, non “dominio energetico”
Le sanzioni statunitensi adottate contro la Russia il 2 agosto hanno
specificamente preso di mira il progetto Nordstream 2, la costruzione di
un nuovo gasdotto con cui la Russia aumenterà le esportazioni nei
mercati europei. Mentre si preparavano a votare le sanzioni, i
legislatori statunitensi cinguettavano cinicamente di “diritti umani”,
“Ucraina” e “omosessualità”. Tuttavia, la lingua usata e gli enti che le
sanzioni avrebbero dovuto colpire indicano direttamente le vere
motivazioni dell’attacco economico.
Il relatore Tim Ryan dell’Ohio
dichiarava, alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, senza
alcuna vergogna o imbarazzo: “Dobbiamo continuare a concentrarci su
come vendere il nostro gas agli alleati in Europa”. La traduzione
evidente delle sue parole è “gli europei dovranno acquistare gas
naturale dalle società statunitensi, non dai russi“. Mentre varie
figure della NATO e dell’Unione europea hanno ceduto alla pressione di
USA e Gran Bretagna, e si sono detti contrari al Nordstream 2, la
Germania no. La Germania ha votato nettamente per il progetto, poiché
l’importazione di gas naturale dalla Russia è molto più conveniente che
dal Nord America, in un altro continente oltreoceano.
Non dovrebbe
sorprendere che i funzionari tedeschi fossero furiosi per le nuove
sanzioni statunitensi imposte alla Russia. Le politiche
dall’amministrazione Trump guardano allo sfruttamento di petrolio e gas
naturale con ottimismo. La frase usata è “dominio energetico”. In
realtà, si dovrebbe parlare di “disperazione energetica”. Gli Stati
Uniti erano una volta dipendenti da Paesi come Arabia Saudita, Venezuela
e Nigeria per il petrolio. Nel 1974, il Congresso USA vietò
l’esportazione di petrolio in qualsiasi Paese, tranne il Canada, nel
boicottaggio dell’OPEC. Ma ciò fu tutto.
L’invenzione dell’estrazione
idraulica, in cui petrolio e gas naturale possono essere estratti dallo
scisto nel sottosuolo statunitense, ha reso gli USA “indipendenti
nell’energia”, e con una produzione di petrolio e gas naturale a livelli
record, il divieto dell’esportazione è stato rimosso. Gli Stati Uniti
non sono più dipendenti dalle importazioni di energia e il prezzo del
petrolio e del gas naturale è diminuito. I produttori statunitensi di
petrolio e gas naturale hanno più da vendere che mai e quindi hanno
disperatamente bisogno di clienti se vogliono mantenere i profitti. La
natura “libera del mercato” disorganizzato della produzione petrolifera
ha spinto il mercato statunitense ad essere estremamente inefficiente.
Le grandi quattro “super”-compagnie petrolifere competono per esempio
con piccole imprese come Devon Energy e Haliburton,
tra le altre, in un’irrazionale caccia al profitto. Nonostante
l’abbondanza nazionale, gli USA continuano ad importare petrolio da
Medio Oriente, Africa e America Latina, mentre ne esportano. Donald
Trump non è più responsabile solo dei suoi traffici. È il “capo dello
Stato” del Paese. Pressione gli viene posta da forze di tutti i settori
dell’economia statunitense. Gas e petrolio vanno venduti e vanno trovati
nuovi clienti.
Mentre Trump potrebbe avere favorito migliori rapporti
con la Russia per ragioni politiche, l’economia statunitense urla con
“disperazione energetica”. Wall Street vuole profitti, e ciò significa
cacciare la Russia dal mercato. Quindi, nessuno si sorprenda vedendo
Trump prendere il podio alle Nazioni Unite e condannare numerosi alleati
della Russia, suscitando immagini russofobe da guerra fredda nella
psiche statunitense. Non sorprenda che molti Paesi attaccati da Trump
siano esportatori di petrolio. Il Venezuela è un concorrente dei magnati
petroliferi di Wall Street, così come l’Iran. Va notato che Sadam
Husayn e Muamar Qadafi guidavano compagnie petrolifere statali in
concorrenza con le supermajor occidentali.
La retorica del mercato libero rifiutata dalla storia
La realtà ironica è che quando Trump ha fatto le sue rampogne anti-comuniste, la prova che fossero dichiarazioni false si trovano nella loro motivazione. Negli anni ’90 la Russia abbracciò il liberismo avanzato da FMI, Banca mondiale e Jeffrey Sachs, economista dell’Università della Colombia. Il risultato fu caos e povertà con Boris Yeltsin, l’amato amico di Bill Clinton.
La realtà ironica è che quando Trump ha fatto le sue rampogne anti-comuniste, la prova che fossero dichiarazioni false si trovano nella loro motivazione. Negli anni ’90 la Russia abbracciò il liberismo avanzato da FMI, Banca mondiale e Jeffrey Sachs, economista dell’Università della Colombia. Il risultato fu caos e povertà con Boris Yeltsin, l’amato amico di Bill Clinton.
Il ripristino della forza
economica della Russia è il risultato della proprietà statale e della
pianificazione centrale. La Russia si è allontanata dalla povertà e dal
caos con lo sviluppo pianificato di Putin dei “campioni nazionali” sotto
controllo statale come entità centrali. Mentre le ciance da guerra
fredda di Trump erano ovviamente destinate ad evocare sentimenti
negativi sulla Russia, un’altra entità presente era la Cina.
La Cina è
guidata da un Partito Comunista e la sua economia centralizzata e
controllata dallo Stato l’ha resa la seconda economia del mondo. La Cina
ha cessato d’essere il malato dell’Asia per essere al centro del
progresso e dello sviluppo economico. Solo pochi giorni dopo che Trump
spiegò al mondo che socialismo e comunismo falliscono sempre, il treno
più veloce del mondo, che collega Pechino e Shanghai, è stato
inaugurato.
Questo “treno-proiettile” è stato creato da un’ente statale,
la Chinese Railway Corporation, secondo un “Piano
quinquennale”. Si può immaginare una più definitiva confutazione
dell’anticomunismo ciarlatano di Trump? All’Assemblea Generale la Cina
annunciò che il prossimo Congresso Nazionale del Partito Comunista del
18 ottobre sarà un “momento chiave nello sviluppo del socialismo con
caratteristiche cinesi”.
Il fatto che i media statunitensi come la CNN
abbiano elogiato Trump per il suo discorso da guerra fredda, e si siano
concentrati solo sui commenti sul “Rocket Man” della Corea democratica,
dimostra che Trump è stato messo in riga. Come capo del governo degli
Stati Uniti, Trump fa il suo lavoro cercando di assicurare profitti
all’élite miliardaria degli Stati Uniti, come quasi tutti gli altri
presidenti. Questo è più difficile, perché nonostante la mitologia nel
discorso di Trump, è il capitalismo, in particolare quello neoliberista
statunitense, che fallisce.
Caleb Maupin, NEO 24.09.2017
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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