Le sanzioni economiche imposte dal
governo degli Stati Uniti hanno spinto il Venezuela a implementare un
nuovo sistema di pagamento internazionale, con l’idea di aprirsi al
mercato multipolare e limitare il blocco economico dal Nord America. Il 7
settembre il Presidente della Repubblica Nicolás Maduro annunciava il
nuovo piano “per liberarci dal dollaro”, utilizzando
“valute di conversione libera, come yuan, euro, yen, rupia e valute internazionali, abbandonando il laccio del dollaro valuta oppressiva”,
come
affermava al Parlamento Federale, presentando il suo Piano Economico per
la Pace all’Assemblea Nazionale Costituente (ANC). La prima azione s’è
riflessa sul prezzo del greggio venezuelano, che per la prima volta
veniva prezzato in yuan dal Ministero del Petrolio, pari a 306,26 yuan
per barile, cioè 46,75 dollari.
Inoltre, alcuni giorni prima il
Vicepresidente della Repubblica Tariq al-Aysami informava che il
Venezuela firmerà “il primo accordo commerciale in yuan per la vendita di petrolio alla Cina“.
Venivano inoltre effettuate rettifiche per l’avvio delle operazioni con
un paniere di valute del sistema di cambio dalla variazione
complementare svincolata del mercato (Dicom), schema del Governo
Nazionale che consente le operazioni di cambio valutario a società e
persone fisiche ad un prezzo deciso dal mercato, fulcro del controllo
dei cambi.
Russia e Cina: i pionieri
Con queste azioni, il Venezuela entra nel progetto già avanzato da
Russia e Cina. L’economista messicano Ariel Noyola Rodríguez osservava
in un articolo pubblicato da Actualidad RT nel maggio 2016, che
“Mosca e Pechino commerciano petrolio con un canale di transizione volto verso il sistema monetario multipolare, cioè non basato solo sul dollaro ma su diverse valute e soprattutto che riflette i rapporti di forza dell’attuale ordine mondiale“.
Un’azione decisa appunto dalle sanzioni economiche imposte nel 2015 da Washington e Bruxelles che, secondo l’analista,
“incoraggiano i russi ad eliminare dollaro ed euro dalle transazioni commerciali e finanziarie, o altrimenti sarebbero stati esposti al sabotaggio nelle operazioni di vendita coi principali partner“.
Quindi, da metà 2015,
“gli idrocarburi che la Cina acquista dalla Russia vengono pagati in yuan e non in dollari“,
permettendo di neutralizzare il blocco imposto a Mosca dalla crisi in Ucraina.
“Vengono poste le fondamenta di un nuovo ordine finanziario basato sul petroyuan: la moneta cinese si prepara a diventare il fulcro del commercio Asia-Pacifico con le maggiori potenze petrolifere“,
sottolinea Noyola Rodríguez nel testo: Il ‘petroyuan’ è la grande
scommessa di Russia e Cina.
L’analista prevede che in futuro l’OPEC
adotterà questo modello di marketing petrolifero, una volta che Pechino
lo richiederà e sottolinea che altre nazioni seguono questa premessa
perché,
“hanno capito che per costruire un sistema monetario equilibrato, la de-dollarizzazione dell’economia mondiale è una priorità“.
AVN, 17 settembre 2017
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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