Il viroma interagisce con il microbiota e il genoma umano e tutti si relazionano tra di loro, portando vantaggi e svantaggi alla salute dell’ospite. Lo studio del viroma si profila interessante e denso di implicazioni fisiopatologiche e terapeutiche, ma per il momento siamo solo agli inizi.
Co-evoluzione con Herpes virus
Le infezioni da herpesvirus costituiscono un’inevitabile parte della
condizione umana, dato che ne soffre oltre il 90% dei soggetti. I virus
erpetici infettano uccelli, rettili e mammiferi e si sono co-evoluti fin
dall’inizio come linee specie-specifiche. Subito dopo la prima
infezione, il virus adotta uno stato di sonno, cioè si mette in una
condizione di latenza, attraverso l’espressione di un set alternativo di
geni che inibisce le sue funzioni litiche centrali (uno dei due cicli
di riproduzione virale).
La latenza permette al virus di nascondersi dal
sistema immunitario e di rimanere all’interno dell’ospite. Per esempio,
dopo l’infezione acuta, il virus herpes simplex 1 (HSV-1) si riproduce
nelle cellule epiteliali, poi migra attraverso neuroni sensori ed entra
in uno stato di latenza nella sua roccaforte costituita dai gangli
trigeminali. La latenza rende l’ospite vulnerabile a successive
riattivazioni del virus e quindi ad infezioni nei siti periferici
(labbra, occhi, encefalo, ecc.). Di solito queste riattivazioni seguono
stati di stress, strapazzi fisici, denutrizione, traumi neurologici.
Il viroma ci protegge dalle infezioni batteriche
Un tempo la latenza era considerata una forma di parassitismo che
avvantaggiava il virus. Tuttavia, in tempi recenti si è scoperto che la
latenza porta benefici anche allo stesso ospite. Per esempio, si è visto
che i topi che che albergano infezioni latenti da virus gamma-herpes-68
o da citomegalovirus, geneticamente simili a quelli presenti nell’uomo
(virus Epstein-Barr e Citomegalovirus) sono resistenti alle infezioni
batteriche da Listeria monocytogene e da Yersinia pestis.
Questa resistenza è ottenuta da una up-regulation dell’interferone
gamma (IFNγ), conseguente alla infezione virale latente.
A sua volta,
l’IFNγ causa un’attivazione sistemica dei macrofagi, cellule
dell’immunità aspecifica impiegate nelle prime fasi di una infezione
batterica. In sostanza, la presenza cronica di un virus è in grado di
mantenere alto lo stato di allerta immunitario rivolto ai batteri, sia
di provenienza interna (microbiota) che esterna (ambiente). Quindi, una
latenza virale non possiamo considerarla una forma completamente
patologica, ma una condizione che procura all’ospite anche benefici
immunitari.
Il viroma altera la suscettibilità alle malattie
Nei soggetti geneticamente predisposti, i virus sono in grado di
modificare il rischio nei riguardi delle malattie croniche. Per esempio,
il virus della coriomeningite linfatica può inibire la comparsa del
diabete in alcuni tipi di cavie, mentre in altre può peggiorare la
glomerulonefrite. Nei pazienti affetti da artrite reumatide, sindrome di
Sjogren, lupus eritematoso e sclerosi multipla è stata dimostrata una
latenza del virus Epstein-Barr (EBV).
Secondo i ricercatori, l’infezione
cronica da EBV concorre ai disordini autoimmunitari attraverso un
meccanismo di cross-reazione (reazione verso il virus e
contemporaneamente verso i tessuti umani).
Un altro virus in grado di
alterare le risposte difensive è il norovirus, che è responsabile della
maggioranza delle infezioni gastrointestinali non batteriche nell’uomo.
Per esempio, nei topi con mutazione del gene Atg16L, gene che aumenta la
suscettibilità alla malattia di Crohn, l’infezione con norovirus murino
scatena proprio questa grave malattia infiammatoria intestinale. Si
sospetta che la stessa cosa possa accadere in soggetti umani con
predisposizione genetica e in concerto con altri fattori ambientali, tra
cui i batteri appartenenti alla normale flora intestinale.
Il viroma modifica l’espressione genetica e il rischio autoimmunitario
Il norovirus è in grado di modificare in modo sostanziale l’espressione
genica nei topi Atg16L, rispetto ai topi normali. Per esempio, si
verifica una completa inversione dei livelli di espressione dei geni che
regolano il metabolismo dei carboidrati e degli amminoacidi, il
traffico proteico intracellulare e il targeting e la localizzazione
delle proteine. Ciò dimostra come la vulnerabilità genetica possa
determinare il modo con cui un’infezione influenza la nostra identità
trascrizionale.
Queste alterazioni nell’espressione genetica possono
influenzare grandemente l’immunofenotipo dell’ospite. L’immunofenotipo
coincide con il livello base di attivazione del sistema immunitario in
seguito allo stimolo di un antigene o di materiale immunogeno. Quindi, i
cambiamenti nell’ espressione genetica dovuta ad una infezione latente
può influenzare il modo con cui il sistema immunitario risponderà a
future aggressioni patogene. I differenti modi con cui si esprimono i
geni in seguito ad un’ infezione virale può anche influenzare la
suscettibilità ad una malattia cronica e la sua progressione.
Nei topi,
un’infezioni latente da gamma-herpes-virus-68 è in grado di produrre
variazioni nella espressioni dei geni della milza, cervello e fegato,
influenzando quindi significativamente la trascrizione genetica nelle
cellule degli organi dell’ospite. In particolare, si è visto che
l’infezione latente è in grado di regolare l’espressione di quei geni
implicati nel rischio di malattie autoimmuni, tra cui la celiachia, la
malattia di Crohn e la sclerosi multipla.
Le infezioni virali possono compensare una immunodeficienza
Torniamo al nostro herpesvirus che conferisce una protezione verso certi
batteri in seguito ad una sovraespressione dell’interferone. Questo è
stato confermato in altri modelli murini in cui c’erano dei deficit
immunitari verso i batteri. In sostanza, l’infezione cronica da
herpesvirus stimola il sistema immunitario e compensa la carenza di
citochine associata a diverse forme di immunodeficienza.
Il tipo di
infezione latente e il suo variabile impatto sulla espressione genica
potrebbe spiegare come mai persone con la stessa predisposizione
genetica hanno poi manifestazioni cliniche diverse. Questo rappresenta
un’altra dimostrazione di come il corredo genetico non equivale ad un
destino inevitabile.
Viroma e microbi commensali
Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’immunità virale e la
patogenesi virale sarebbe governata da interazioni metagenomiche che
coinvolgono più Regni (transkingdom metagenomic interactions).
In altre parole, l’interazione tra tutte le sequenze del materiale
genetico umano e non umano (microbico) condiziona il decorso di un’
infezione virale. Gli elminti, per esempio, che sono vermi parassitici
che infettano i mammiferi, sono in grado di promuovere la replicazione
virale sia attraverso l’inibizione dell’INF-γ, sia attraverso
l’induzione della produzione delle interleuchine 4 (IL-4), che culmina
nella riattivazione dell’herpesvirus-gamma murino. Gli elminti allo
stesso tempo attivano la trascrizione del fattore Stat6 che sposta il
virus dal suo stato di latenza verso la forma attiva e infettiva. In
questo caso, il virus percepisce e poi risponde al milieu immunologico
dell’ospite, che a sua volta è influenzato dal parassita.
Il norovirus, come già detto, è la causa
più frequente di gastroenteriti acute è rappresenta un altro esempio di
virus che infetta in modo latente l’intestino umano. Infatti, questo
virus è presente nel 21% degli individui con immunodeficienza ed è
eliminato in modo asintomatico con le feci nel 3-17% delle persone. Il
norovirus rappresenta un altro esempio di interazione transkingdom,
considerato che il microbiota batterico intestinale può favorire la
persistenza o meno di questo virus.
Il microbiota può perpetuare l’
infettività dei virus, favorendo la stabilizzazione delle particelle
virali e facilitando l’adesione virale alle cellule dell’ospite.
Tuttavia, l’effetto del microbiota nei riguardi dell’infezione virale è
mediato dal sistema immunitario dell’ospite e segnatamente da alcuni
geni specifici. In conclusione, questi esempi mostrano come si siano
conservate durante l’evoluzione strette correlazioni tra microrganismi e
cellule di Regni divergenti, come batteri, parassiti, virus e cellule
immunitarie umane.
Alterazione del viroma e malattie infiammatorie autoimmuni
E’ noto che nei pazienti affetti da malattia di Crohn e rettocolite si
ha un impoverimento di specie batteriche e di phyla a livello
intestinale, rispetto ai sani. Tuttavia, se vengono sequenziati i loro
viromi, si nota un notevole aumento nel numero di batteriofagi (virus
che infettano i batteri e si moltiplicano al loro interno). Secondo
alcuni ricercatori, l’impoverimento del microbiota batterico nei
soggetti affetti da patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD)
sarebbe proprio dovuta all’azione predatoria dei batteriofagi,
ipotizzando così una relazione predatore-preda tra il viroma e il
microbioma.
Nell’ambito di questo paradigma, l’introduzione dei fagi
altera il microbioma e lo sposta verso un livello di maggiore
vulnerabilità alle malattie. Quindi, il cambiamento del viroma potrebbe
contribuire all’insorgenza dell’infiammazione intestinale e della
disbiosi batterica e potrebbe essere utilizzato come biomarker per le
IBD. Alla luce di queste nuove conoscenze, sarebbe interessante in
futuro valutare attentamente il grado di resistenza ai batteriofagi
degli attuali probiotici in commercio o addirittura di concepire dei
provirotici, o virus che hanno un effetto benefico per la salute (sulla
scorta degli attuali probiotici, appunto).
Viroma e vaccini
E’ stato dimostrato, sia nelle cavie sia nell’uomo, che alcune infezioni
virali infantili modificano l’espressione dei geni legati alla risposta
vaccinale e che questo potrebbe spiegare perché alcuni individui sono
più sensibili ai danni da vaccino rispetto ad altri. Ripetute
vaccinazioni potrebbero privare il corpo del favorevole effetto
immunomodulante di alcuni virus che causano le malattie virali infantili
e con cui gli esseri umani si sono co-evoluti.
Conclusioni
In sostanza, quando analizziamo la relazione esistente tra il genotipo e
il fenotipo di un organismo non possiamo non considerare anche il
viroma. Nel meta-genoma, vi sono diversi piani di interazione tra
batteri, parassiti, virus e fisiologia dell’ospite, e tutti possono
influenzare lo stato di salute. I virus sono essenziali nell’intricata e
dinamica rete microbica che risiede nel nostro organismo.
Contrariamente alla visione dualistica tipicamente Occidentale, i virus
non sono in assoluto né buoni né cattivi, dato che un virus può avere
numerosi effetti avversi, ma anche altrettanti affetti positivi
immunomodulanti, così come abbiamo visto, e questo dipende dalla
localizzazione anatomica del virus, dal genotipo, dai microbi commensali
e da altri agenti infettivi. Come affermato da Louis Pasteur poco prima
della sua morte: “ E’ il terreno che conta e non l’agente infettante”.
Bibliografia
Liberamente tratto da: Profound Implications of the Virome for Human Health and Autoimmunity. Ali Le Vere. September 8th 2017. Greenmedinfo.
Francesco Perugini Billi©copyright
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