mercoledì 21 agosto 2013

Egitto: Un po` di ipocrisia non guasta mai

Египет Каир улица полиция

Foto: EPA
E’ oramai di moda tra i governi occidentali protestare duramente quando un governo arabo reprime manifestazioni e la polizia o l’esercito uccidono qualche manifestante. Come se, per definizione, i protestanti fossero sempre pacifici e volessero solo esprimere i loro punti di vista contro il potere sordo e repressivo.

Dopo le prime incertezze iniziali, fu cosi’ anche per le manifestazioni contro Mubarak e tutti finsero allora di non vedere lo zampino dell’esercito che, di fatto, realizzo’ un colpo di stato. Si parlo’ di “primavera egiziana” e della fine di una dittatura anche se i veri motivi che spinsero i militari non erano la crisi economica, che costringeva molti egiziani alla disperazione, o una inattesa volonta’ di democrazia, bensi’ il desiderio degli alti gradi dell’esercito di salvaguardare i propri privilegi.

Allora, i giornalisti, concordi tra loro come spesso succede, fecero a gara nel dipingere la tradizionale vicinanza dell’esercito al popolo egiziano e tacquero sui veri motivi del loro comportamento.

Poi, si tennero le elezioni parlamentari che furono pero’ giudicate “nulle” dalla locale Corte Costituzionale e quelle presidenziali con la vittoria di Morsi, candidato dei Fratelli Musulmani. Costui ottenne solo il 26 percento dei voti al primo turno, dimostrando che la Fratellanza era la piu’ forte organizzazione politica ma ben lontana dall’avere il consenso della maggior parte degli egiziani. I militari, filoamericani, laici ma desiderosi di mantenere i loro privilegi ed il loro potere extra politico accettarono la situazione arrivando ad un accordo, più o meno tacito, con i Fratelli.

Purtroppo costoro, oltre a mostrare ben presto una totale incapacità gestionale, resero evidente che le loro vere intenzioni non corrispondevano certamente ai canoni di una democrazia liberale: epurazione, ove riuscirono a farlo, di tutti i sodali o supposti tali di Mubarak, sharia nelle Costituzione, mano libera a persecuzioni, velate o non, delle altre religioni e, soprattutto, tentativo di mettere in un angolo magistratura ed esercito. Senza contare che la crisi economica, la disoccupazione e la miseria continuavano a peggiorare spingendo, alla fine, milioni di cittadini ad occupare le stesse piazze che erano servite a manifestare la protesta contro Mubarak.

Il secondo colpo di stato dei militari trovò quindi la strada spianata, con la differenza che Morsi, a differenza di Mubarak, non ha accettato di dimettersi “spontaneamente”.

La reazione dei Fratelli Musulmani non si e’ fatta attendere, nonostante al loro interno vi fossero diverse opinioni su come comportarsi. La soluzione piu’ tranquilla sarebbe stata una negoziazione con il nuovo potere per organizzare nuove elezioni che avrebbero aperto la porta ad un governo a partecipazione plurima, come in Tunisia. Una volta date ai militari le garanzie sul loro ruolo futuro, laici e religiosi avrebbero potuto trovare un accordo per una maggioranza condivisa e si sarebbe potuto dedicarsi un po’ di piu’ a come far recuperare l’economia, magari chiedendo aiuti ancora piu’ sostanziosi ai Paesi amici.

Invece, anche per influenze esterne, la parola d’ordine e’ stata subito chiedere il ritorno di Morsi alla Presidenza.

Questa condizione e’ ovviamente inaccettabile sia alla maggior parte degli egiziani, che raccolsero ben venti milioni di firme per chiederne l’allontanamento, sia per le Forze Armate che, dovessero accettarlo, segnerebbe la fine di ogni loro potere e ruolo nell’Egitto del futuro. Da qui’ l’inutilita’ dell’irrealistica richiesta di “dialogo tra le parti” e di moderazione invocate da Europa ed USA. Ancora piu’ inutili le proteste e le minacce lanciate dagli stessi contro i massacri effettuati da esercito e polizia. 

Se non e’ possibile un compromesso, cosa dovrebbero fare i militari? Accettare l’anarchia? L’ingovernabilita’? La destabilizzazione?

E’ sempre bello richiamare il rispetto dei diritti umani: ci si sente buoni e democratici ed i ministri europei vi fanno gara tra di loro. La Ministra Bonino, spinta dal ricordo dei suoi impegni passati, arriva ad affermare che “non si può governare contro la metà di un Paese e tantomeno uccidere dei concittadini civili”. Chi ha detto alla Ministra Bonino che è la metà del Paese che vuole il ritorno d Morsi? Chi l’ha convinta che i manifestanti sotto la bandiera dei fratelli mussulmani siano tutti dei pacifici civili? Magari nessuno gli ha fatto osservare che è proprio dalle file dei manifestanti che sono partiti i primi colpi e che, forse, proprio loro han fatto di tutto per provocare una reazione violenta da parte dell’esercito?

Comunque, queste dichiarazioni e la minaccia di fermare gli aiuti sono solo recitazione per il pubblico. 

Sia agli Usa che ai Paesi Europei fa comodo che l’esercito mantenga il controllo della situazione, purche’ faccia in fretta a sedare i tumulti e lasci noi giocare la parte dei buoni di cuore. Un Egitto instabile od in mano ad una setta musulmana senza controlli, ancorche’ “moderata” (?) non va bene ne’ agli americani, ne agli europei ne’ ad Israele. E nemmeno,per motivi diversi, ai Sauditi.

Fa invece comodo agli Iraniani e, perche’ no?, in parte, anche ai Russi. Entrambi non amano la Fratellanza Musulmana ma hanno l’interesse che gli Usa perdano amici in Medio Oriente e che siano sempre piu’ “distratti” da nuove emergenze.

Chi invece guarda sinceramente come fumo negli occhi la caduta dei Fratelli sono soprattutto Turchi e Qatarini: i primi non possono dimenticare il ruolo che il loro esercito ha svolto, fino a poco fa, per garantire la laicita’ della Turchia e temono ritorni come effetto imitazione; i secondi, grandi finanziatori di questa setta musulmana, vedevano riconosciuto in Morsi e nei Fratelli il proprio ruolo internazionale, alternativo a quello Saudita.

Noi, lo diciamo francamente, se dovessimo scegliere, senza alternative, tra una dittatura religiosa ed una militare ma laica, se fossimo costretti ad optare tra una forza assolutista che non ha rispetto per le minoranze ed un sistema che aveva dimostrato nel passato di saper mantenere una pacifica convivenza tra le varie anime del Paese, ebbene non avremmo dubbi : staremmo con questi secondi . E non stiamo, quindi, tra coloro che oggi innalzano i loro lai per cio’ che sta succedendo in Egitto.

Mario Sommossa, Redazione Online

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