Da principio, l’alba interiore per la mente e per il cuore significava saggezza ma in questi ultimi decenni ha assunto una connotazione estremamente fallace.
Perché dico questo? Perché oggi tendiamo a fare troppa confusione tra: “l’amore per il sapere” e “l’amore dell’essere”.
In realtà la saggezza non è sapere: un uomo di sapere non è necessariamente un uomo di saggezza; viceversa: un uomo saggio non è necessariamente un uomo di sapere. Infatti è rarissimo che le due cose coesistano.
Un uomo di saggezza conosce se stesso, l’uomo di sapere conosce gli altri: conoscere gli altri è sapere, conoscere se stessi è beatitudine.
E conoscere gli altri senza conoscere se stessi è semplicemente futile, è uno spreco di energia, poiché la tua stessa casa resta immersa nel buio. Che senso avrebbe? A chi servirebbe?
La saggezza è conoscenza di sé, e questa conoscenza non ha nulla a che vedere con le informazioni, con la cultura; ha qualcosa a che fare con la meditazione... nulla a che fare con il pensiero, ma qualcosa a che fare con lo stato di non pensiero.
Se vuoi conoscere gli altri, dovrai coinvolgerti nel pensiero, dovrai raccogliere informazioni su di loro, dovrai indagare e accumulare notizie. Se invece vuoi conoscere te stesso, non devi accumulare nulla; anche se volessi, dove potresti raccogliere le notizie? Chi può dire qualcosa su di te? Se tu non ti conosci, chi potrà conoscerti?
Per conoscere te stesso, devi semplicemente entrare dentro di te e stare li, in silenzio. Quando tutto è silente, viene udita quella piccola voce silente. Quando tutto è quiete, inizia ad affiorare una nuova luce: un alba interiore.
Nel momento in cui la dimensione esteriore è completamente dimenticata, quando tutta la tua energia si riversa all’interno, ciò che è rimasto addormentato per secoli è risvegliato: il semplice riversarsi dell’energia lo risveglia!
Quel risveglio è saggezza. E in quel risveglio ecco la beatitudine! Quando risveglierai la tua saggezza riuscirai finalmente a capire che la beatitudine continua sempre a fluire istante dopo istante.
Percepire questo risveglio porta a un agire che scaturisce dall’estasi: il fare non è più un dovere, bensì un’estasi, un condividere la propria beatitudine, un condividere ciò che si percepisce, un riversare nel mondo l’energia della vita. Ed è un qualcosa che segue naturalmente lo stato di beatitudine.
Quando ci si sente estatici, non lo si può più contenere: l'estasi è così sconfinata che inizia a straripare, è un flusso inarrestabile che riempie ogni spazio e dimensione. Chiunque si avvicini a un uomo immerso di beatitudine ne viene immediatamente travolto (è successo a tutti noi almeno una volta nella vita).
Se ti senti un miserabile, vivi in una sorte di valle oscura; chi si sente estatico, vive in cima a una collina, baciato dal sole.
Naturalmente, quando ti avvicini a un uomo estatico, qualcosa di quella luminosità inizia a scorrere verso la valle: quello è amore condiviso!
In quello stato dell’essere nulla è un dovere, un impegno, un obbligo... nulla viene fatto perché si è costretti.
Quando si è immersi nell’estasi si agisce, si fa semplicemente perché si è alle stelle dalla felicità, proprio in quel fare: come un fiore sprigiona la sua fragranza e una nuvola si scioglie in pioggia, nello stesso modo le azioni di un uomo estatico sono un naturale straripamento della sua beatitudine.
- Raffaello Zizzo -
fonte: http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/saggezza-conoscenza-di-se.php
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