Venti Paesi hanno raggiunto la Cina quali “fondatori” dell’Infrastructure Asian Investment Bank
(AIIB) in via di realizzazione da parte di Pechino. Il memorandum
d’intesa intergovernativo è stato firmato a Pechino oggi. I 20 paesi
includono i 10 Paesi dell’ASEAN, altri 5 dell’Asia del Sud come India,
Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal e 2 dell’Asia centrale
(Kazakistan e Uzbekistan) e 3 Paesi del GCC (Qatar, Quwayt e Oman).
Dell’Asia, gli assenti importanti sono tre, Australia, Indonesia e Corea
del Sud, che appaiono incapaci di resistere alle forti pressioni
statunitensi affinché non aderiscano all’iniziativa cinese. Pechino era
entusiasta di avervi la Corea del Sud e spera di convincerla, ma pare
indifferente verso l’Australia. C’è ancora tempo per Corea del Sud e
Indonesia ad aderire all’AIIB prima che venga formalmente istituita
entro la fine del 2015.
I Presidenti Park Geun-hye e Xi Jinping
s’incontreranno a margine del vertice APEC a Pechino il 10-11 novembre
(dove si prevede che Xi annunci la costituzione dell’AIIB). A dire il
vero, la Cina ha segnato una grande vittoria diplomatica. Inoltre, ciò è
successo a dispetto dell’opposizione degli Stati Uniti (e del
Giappone). Un modo di vedere come l’economia s’inventa la geopolitica,
ma poi nell’economia non è mai del tutto assente la politica. Cioè i
Paesi asiatici, tra cui Vietnam, Filippine e India, possono avere
dispute territoriali con la Cina ma danno priorità allo sviluppo della
loro politica regionale e comprendono l’importanza della Cina come
motore della crescita.
In altre parole, la strategia del ‘perno’ degli
Stati Uniti volta al contenimento della Cina è fallita. D’altro canto,
l’opposizione USA non era solo basata sulla strategia del contenimento
della Cina. Il nucleo della questione è che l’AIIB colpisce al cuore le
istituzioni finanziarie internazionali formatesi nell’ambito del sistema
di Bretton Woods. Il regolamento interno di governo e gestione
dell’AIIB sarà attentamente osservato. Vi è la grande probabilità che
l’AIIB non seguirà le orme di FMI e Banca Mondiale nel prescrivere
condizioni (volute da Washington di volta in volta) per motivi quali
diritti umani, lavoro minorile, ambiente e così via, ai mutuatari.
Come l’indignato segretario al Tesoro degli USA Jacob Law ha detto a una conferenza all’inizio di questo mese a Washington, “Le domanda critica è, ‘l'(AIIB) segue le stesse pratiche usate per aiutare le economie a crescere e mantenersi forte e stabili?’”
Ciò che la Cina persegue con la manovra a tenaglia che sfida il sistema
finanziario globale dominato dagli Stati Uniti, l’avrà quando Pechino
ospiterà l’AIIB, mentre la banca di sviluppo dei BRICS, come deciso a
luglio, sarà a Shanghai. Infatti, ciò a cui la Cina punta è una matrice
molto complessa, senza silurare l’architettura economica internazionale
esistente, ma introducendo nuove regole di governance in sintonia con
l’economia globale in trasformazione. Così l’AIIB coopererà e competerà
con le banche di sviluppo esistenti. Sarà “più snella e più veloce” e
sarà in sana concorrenza con le banche esistenti. Citando David Dollar,
ex-rappresentante del Tesoro degli Stati Uniti e della Banca mondiale in
Cina, “speriamo che il successo della banca (AIIB) favorisca la
rapida riforma delle istituzioni più vecchie. Sarebbe il miglior
risultato globale” (qui).
Senza dubbio Tokyo ribolle di rabbia. L’AIIB inizia con 50 miliardi di
dollari di capitale, in gran parte provenienti dalla Cina, ma mira
chiaramente ad aumentare tale importo nel tempo. Considerando che, dopo
decenni di esistenza, la Banca asiatica di sviluppo che Stati Uniti e
Giappone controllano, aveva 175 miliardi di dollari di capitale alla
fine del 2013 e 67 membri. Chiaramente, l’AIIB sarà in concorrenza con
l’ADB dato che l’Asia ha bisogno di circa 8 miliardi di dollari di
investimenti entro il 2020, per migliorare le infrastrutture martoriate
della regione e affrontare il rallentamento della crescita economica,
oltre a costringere il radicato cartello FMI-Banca Mondiale-ADB a
ridurre la burocrazia e i lacci politici nei prestiti.
Il ministro delle Finanze della Cina Lou Jiwei ha detto a Pechino, dopo il vertice dei ministri delle Finanze dell’APEC, che l’AIIB farà “investimenti commerciali” sulle infrastrutture, piuttosto che legare i prestiti alle “preoccupazioni per alleviare la povertà nei richiedenti”. Detto ciò, naturalmente resta il fatto che la costituzione dell’AIIB è pur sempre una “necessità strategica”della Cina per più di una ragione convincente: fornisce una piattaforma per influenzare l’Asia; va assai oltre l’economia di produzione ad alta intensità di lavoro; migliora le prospettive del renminbi come valuta di scambio internazionale; crea un nuovo canale per diversificare la massiccia riserva in valuta estera da 3000 miliardi di renminbi della Cina; controbilancia il potere del Giappone e la presenza degli Stati Uniti nella regione asiatica (per cominciare) e così via.
A mio avviso, però, in tale meraviglia svoltasi
questa mattina, lo spettacolo più affascinante è stata la signora con
gli occhiali indiana, in rappresentanza del ministero delle Finanze,
presentarsi a Pechino questa mattina dietro la bandiera indiana, al
tavolo della conferenza, per firmare il memorandum d’intesa sull’AIIB.
Come mai l’India non ha seguito Giappone e Australia? Non prima che il
governo di Narendra Modi entrasse in carica a maggio, il viceministro
degli Esteri di Pechino, Wang Yi, visitava Delhi e l’AIIB era un punto
all’ordine del giorno nei colloqui con la nuova leadership indiana. Al
vertice BRICS di luglio, Xi ha invitato Modi a fare dell’India un ‘socio
fondatore’.
Modi aveva chiaro da quel momento che l’India doveva far
parte dell’AIIB e vide l’evoluzione di questa idea esclusivamente col
prisma degli interessi nazionali. Le considerazioni dell’India possono
essere riassunte come segue:
a) l’India condivide l’apatia della Cina verso le ingiustizie dell’architettura finanziaria globale; b) l’India respinge le pratiche sui prestiti delle banche esistenti, legate a questioni non economiche quali diritti umani, l’ambiente, ecc;
c) il partenariato nell’AIIB consente all’India di accedere a una nuova (anche se piccola) fonte di finanziamenti infrastrutturali;
d) In poche parole, l’India s’interessa all’offerta della Cina dal valore geopolitico, laddove Pechino considera Delhi un partner nella rete politico-economica intessuta tra i Paesi vicini. In ultima analisi, l’India segue una politica estera indipendente.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/24/la-cina-respinge-il-perno-in-asia-degli-stati-uniti/
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